MELANCHOLIA E MORTE DI OPHELIA

Cinema e arte

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La prima volta che vidi il film del 2011 Melancholia diretto da Lans Von Trier notai immediatamente qualcosa di estremamente familiare. Ancora una volta mi resi conto di aver visto un quadro “dal vivo” all’interno di una pellicola, anche se non avevo capito precisamente quale. Mi misi a fare subito delle ricerche sul web e sulle riviste cinematografiche leggendo delle semplici recensioni. Con grande soddisfazione, dopo pochissimo tempo, trovai un nuovo connubio tra arte e cinema: all’interno di Melancholia era riportato il dipinto del preraffaelita John Everett Millais Morte di Ophelia datato 1852.

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L’opera cinematografica è la storia di un pianeta in rotta di collisione con la Terra, ma fondamentalmente è il racconto della vita di due sorelle. Justine, interpretata da Kirsten Dunst, e Claire, interpretata da Charlotte Gainsbourg, sono le due protagoniste, molto diverse tra loro ma unite, allo stesso tempo, dall’incombenza di un destino nefasto che aleggia nell’aria: la fine del mondo. In un’atmosfera di incertezza sulla reale possibilità che il pianeta Melancholia distrugga la terra, le vite di Justine e Claire si muovono sullo sfondo mettendo in risalto vulnerabilità e punti di forza nell’affrontare e nel tollerare un futuro incerto. Il film, formalmente diviso in due capitoli, è introdotto da una lungo preludio musicale ("Tristan und Isolde Prelude" di Richard Wagner) che accoglie e accompagna lo spettatore attraverso la storia. Il regista ha scelto di suddividere la sua opera in due parti per permettere al pubblico di aprire uno sguardo unico e focalizzato su ognuna delle due donne, mentre tutto il film si sviluppa in un tempo e uno spazio surreale.
La cornice è alto-borghese, i dialoghi sono sintetici ma carichi di emotività.
Il tono della narrazione è volutamente pessimista, in perfetto accordo con i sentimenti di Trier che ha dichiarato di aver tratto l’ispirazione da un periodo di profonda depressione da lui vissuto. La sensazione generale di sconforto è resa perfettamente dalla fotografia cupa con predominanza di colori spenti e desaturati che conferiscono alla pellicola un’aura decisamente sconfortante.

«Non è esattamente un film sulla fine del mondo, ma un film su di una condizione mentale.» – Lars von Trier.

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Millais dipinse Morte di Ophelia traendo ispirazione dalla protagonista dell’Amleto di Shakespeare. Ofelia è vista come il simbolo della vittima innocente che impazzisce per il dolore e muore annegata nel fiume. Donna sensibile, pura, remissiva e soprattutto pazza d’ amore. Il quadro ritrae proprio la morte per annegamento dell’eroina descritta nel IV atto, scena VII, della tragedia shakespeariana.

Ofelia impazzita sia per la morte del padre, il ciambellano Polonio, che per la finta follia di Amleto, cade nel torrente mentre stava raccogliendo fiori e annega.

Nella rappresentazione artistica è presentata come una figura esile, fragile, dolcenella cornice di una fitta vegetazione, immersa a pelo dell’acqua circondata da fiori.

Ma chi è la modella scelta per il dipinto?

Elizabeth Siddal è uno dei volti più celebri dell’Inghilterra Vittoriana, la modella prediletta dei Preraffaelliti. Millas contatta Elizabeth e le chiede di posare per l’Ofelia, però non poteva di certo chiedere alla sua modella di posare in un fiume. Trova, tuttavia, una soluzione: mette nel suo studio una vasca da bagno. Il pittore con la sua consueta puntigliosa accuratezza trova un abito nuziale d’epoca in lamina argentata da far indossare alla modella. Così, chiede a Lizzie di posare completamente vestita con quell’abito ricamato immersa in una vasca da bagno piena d’acqua.

Il confronto

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Nell’immagine più famosa del film di Von Trier, da cui è tratta anche la locandina, vediamo una donna che fluttua in un’acqua stagnante tra ninfee e piante acquatiche, trasmettendoci uno strano contrasto tra la purezza di lei e l’acqua torbida. Possiamo quindi ammirare una vera e propria reinterpretazione dell’opera d’arte, con l’attrice Kristen Dunst che sostituisce il personaggio shakespeariano, ma che proprio come lei si lascia trasportare dal fiume.

Grazia De Marco

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