MARÒ: FINE DELLA STORIA

Il tribunale dell’Aja chiude definitivamente il caso dei due militari italiani

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Una storia lunga ben 9 anni trova definitivamente e finalmente il suo epilogo. Il Tribunale Arbitrale dell’Aja, infatti, ha chiuso ufficialmente il caso dei marò. Salvatore Girone e Massimiliano Latorre vedono scomparire la “spada di Damocle” che ancora pendeva sulle loro teste, e che era anche il “pomo della discordia” tra Italia e India per la morte di due pescatori scambiati erroneamente per pirati al largo del Kerala nell’ormai lontano 2012. Secondo quanto riferisce l’ANSA, la chiusura totale del caso è stata decisa dopo che l’India era stata rassicurata dall’Italia riguardo lo svolgimento di un procedimento giudiziario a carico dei due Fucilieri di Marina; tale processo era stato istituito dalla sentenza datata luglio 2020 pronunciata, tra l’altro, dalla stessa Corte arbitrale. Entrando nel merito: la sentenza dell’anno scorso assegnava la giurisdizione di questo lungo e intricato caso, quello della nave Enrica Lexie, alla magistratura italica e non a quella indiana. Si vedrà al termine di questo complesso epilogo se ai due militari sarà andata bene o meno.

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Così come se sarà stato giusto o meno chiudere una volta per tutte questa faccenda, che sicuramente ha fatto parlare di sé, ha suscitato indignazione da una parte e dall’altra, ha ispirato movimenti e manifestazioni, e ha tenuto moltissime persone con il fiato sospeso anche per troppo tempo. A questo punto è utile ripercorrere tutti i capitoli di questa storia. Prologo, 15 febbraio 2012: l’incidente diplomatico nasce dopo l’arresto di Girone e Latorre da parte della polizia indiana e imbarcati sulla petroliera italiana come nucleari militari di protezione; su di loro pendeva e pende l’accusa di omicidio nei confronti dei pescatori Ajeesh Pink e Valentine Jelastine, scambiati per pirati e trovatisi – secondo il racconto dei due marò – nella traiettoria di colpi di avvertimento.

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Capitolo primo, 28 febbraio 2012: l’Italia rivendica la sua giurisdizione sul caso in quanto coinvolgente “organi dello Stato operanti nel contrasto alla pirateria sotto bandiera italiana e in acque internazionali”, nel mentre che la nave viene posta in stato di fermo. Capitolo secondo, 2013: la Corte Suprema indiana decide che dovrà essere formata una corte apposita per mettere in atto il processo e impone ai marò l’alloggio nell’ambasciata italiana di Nuova Delhi con divieto di lasciare la città. Capitolo terzo, settembre 2014: a Latorre viene concesso il permesso di rientrare in Italia per quattro mesi, in modo tale da poter curare un’ischemia per cui era stato ricoverato in un ospedale indiano. Capitolo quarto, dal 2015 al 2019: con l’attivazione da parte dell’Italia dell’arbitrato internazionale della Convenzione ONU del 2015 sul Diritto del Mare viene costituito il tribunale arbitrale presso la CPA – la Corte permanente di arbitrato – che fissa la sentenza al 20 luglio 2019. Girone e Latorre, dunque, rimangono in attesa di essere processati da un tribunale italiano. Dopo di che, quasi un decennio, questa controversia verrà messa agli archivi.

Francesco Bulzis

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