L’URLO SILENZIOSO DEL SUDAN, TRA GUERRA CIVILE E CARESTIE

Qualche giorno fa la morte di 15 bambini, causata da vaccini avariati. Ma è solo la punta dell’iceberg di una situazione disastrosa

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Ogni anno, la campagna di profilassi promossa dall’Unicef in tutti i Paesi in via di sviluppo salva la vita a ben 2 milioni di bambini, proteggendoli da malattie quali la poliomielite, il tetano neonatale e il morbillo, potenzialmente mortali per una popolazione gravemente malnutrita. Gli aiuti umanitari hanno raggiunto risultati notevoli in pochi anni, ma la copertura garantita presenta ancora profonde lacune che, in alcune circostanze, diventano vere e proprie “voragini”. Ne è esempio quanto accaduto qualche giorno fa nel Sudan Meridionale, dove 15 bambini al di sotto dei 5 anni hanno perso la vita in seguito alla somministrazione di un vaccino contro il morbillo. Secondo quanto riferito dalle autorità locali, si sarebbe trattato di dosi avariate, per di più iniettate a tutti con la stessa siringa. Ma non è tutto: pare che, tra i “medici” a cui era stata affidata la somministrazione dei preparati, ci fossero anche alcuni inesperti 12enni. Cattiva conservazione dei farmaci, scarsi controlli nel corso delle campagne di profilassi, pessime condizioni igieniche: è questo l’incubo che le popolazioni più povere ed emarginate dell’Africa sono costrette ad affrontare ogni giorno, in una vera e propria lotta alla sopravvivenza. A tutto ciò, come se non bastasse, si aggiungono la scarsità di risorse alimentari – che favorisce la diffusione dei virus, fiaccando l’organismo di grandi e piccini – e la grande piaga della guerra civile, che vede protagonisti proprio i bambini.

cms_6402/2p.jpgSolo nel 2016, infatti, i minori sottratti alle famiglie per farne piccoli soldati sono stati 13mila; il Sudan vanta perciò la più alta percentuale al mondo di bambini non scolarizzati, corrispondente alla metà della popolazione infantile. Una situazione innegabilmente critica, che l’Unicef non sarà mai in grado di sanare contando solo sulle proprie forze: l’agenzia umanitaria non percepisce quote obbligatorie né dagli Stati né dall’Onu (da cui peraltro dipende); gli unici finanziamenti di cui dispone sono costituiti dalle donazioni volontarie di governi, aziende e singoli cittadini.

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In questo periodo, caratterizzato da un clima particolarmente secco, la fame della popolazione è acuita da una delle più gravi carestie degli ultimi 30 anni: si stima che metà della popolazione potrebbe restare senza approvvigionamenti alimentari entro la fine del luglio prossimo. Ad oggi, un abitante su tre è gravemente malnutrito; un numero già preoccupante, che sembra purtroppo essere destinato a crescere. L’unica ancora di salvataggio per queste sventurate popolazioni è l’aiuto di varie associazioni umanitarie, tra cui l’Oxfam, un’organizzazione internazionale non profit che, finora, ha già salvato la vita a 60mila persone, distribuendo beni alimentari, acqua e kit igienico-sanitari. Il rischio è che tutto ciò possa non bastare, visti i progressivi peggioramenti in corso: giovedì scorso una tempesta di sabbia si è abbattuta sulla capitale sudanese, Karthum, tingendo di rosso il cielo e limitando notevolmente la visibilità. Fenomeni del genere – haboob nella lingua locale – impattano notevolmente sulle condizioni atmosferiche, innalzando vertiginosamente le temperature e riducendo sempre più la fertilità delle terre.

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Tornando alla morte di quei 15 bambini, il governo del Sud Sudan avrebbe istituito una commissione d’indagine, incaricata di chiarire le dinamiche della vicenda e individuarne i diretti responsabili. Probabilmente, alle famiglie dei piccoli malcapitati sarà garantito un risarcimento pecuniario. Intanto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha predisposto dei corsi in grado di formare operatori sanitari e prevenire così episodi simili a quello appena accaduto. Ma la somministrazione di vaccini finita in tragedia è solo la punta dell’iceberg di una situazione al limite: non stiamo parlando di semplice malasanità, bensì di ampie violazioni dei diritti umani, che la popolazione si ritrova a sopportare faticosamente giorno dopo giorno. Mentre il resto del mondo corre veloce, inseguendo costantemente denaro, lusso e potere, il Sudan resta inabissato nella sua condizione di assoluta povertà, quasi inconcepibile per il mondo industrializzato. Non si tratta di semplice nullatenenza, bensì di una povertà che spoglia gli individui anche delle condizioni necessarie per vivere serenamente la propria umanità. Nonostante tutto, però, il mondo intero sembra essere sordo alle richieste d’aiuto di questo Paese. L’urlo del Sudan è inghiottito dalle migliaia di chilometri che lo dividono dall’Occidente; giunge a noi come un’eco lontana, mobilitando i media solo quando, purtroppo, qualche vita umana è già stata spezzata.

Federica Marocchino

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