L’OPINIONE DELL’ESPERTO

Variante Omicron: origine, caratteristiche e resistenza ai vaccini

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cms_24143/1.jpgRecenti notizie della variante "Omicron" sulla cui evoluzione sono in corso accertamenti. Il Ministero della Salute israeliano ne traccia un rischio minore ma i casi studiati sono ancora troppo pochi.

In un contesto in rapido divenire, Univadis Medscape ha cercato di riassumere brevemente quanto si sa sulla nuova variante Omicron e sui suoi possibili effetti clinici ed epidemiologici.

Qual è l’origine di questa variante?

È ormai abbastanza sicuro che la variante Omicron si sia generata in Africa, ma è probabilmente uscita dal continente ben prima di essere scoperta in Sudafrica grazie all’emersione di un cluster di contagi rapidi nella regione di Guateng. Le autorità sanitarie olandesi hanno annunciato martedì scorso di aver trovato la nuova variante in casi risalenti a 11 giorni prima, il che indica che la variante si stava già diffondendo nell’Europa occidentale prima che i primi casi fossero identificati nell’Africa meridionale. L’istituto RIVM ha affermato infatti di aver trovato Omicron in campioni risalenti al 19 e 23 novembre in campioni di cittadini olandesi provenienti dal Sudafrica.

Prima di questo annuncio, Il primo campione di Omicron finora noto era stato raccolto il 9 novembre in Botswana. È stato sequenziato da ricercatori sudafricani e caricato su un database centralizzato il 23 novembre. Il 24 novembre il Sudafrica lo ha segnalato all’OMS. Da allora la variante è stata identificata in molti Paesi, in tutto il mondo.

Quali sono le caratteristiche che differenziano la variante Omicron dalla Delta?

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I ricercatori hanno individuato nei dati di sequenziamento del genoma di Covid-19 provenienti dal Botswana una variante che contiene più di 30 modifiche alla proteina spike, la proteina che riconosce le cellule ospiti ed è l’obiettivo principale delle risposte immunitarie dell’organismo. Molti dei cambiamenti sono già stati identificati in varianti come Delta e Alpha e sono collegati a una maggiore infettività e alla capacità di eludere gli anticorpi che bloccano l’infezione, quindi, teoricamente, di “bucare” i vaccini. La variante contiene però una mutazione di spike che viene facilmente identificata ai test di genotipizzazione, in grado di fornire risultati molto più rapidi rispetto al sequenziamento del genoma. Questo potrebbe facilitarne il tracciamento, ora che appare chiaro che si è già diffusa in tutta Europa.

Questa variante può ridurre l’efficacia dei vaccini?

cms_24143/3v.jpgNon avremo una risposta sicura a questa domanda prima di un paio di settimane, quando saranno completati gli esperimenti condotti in laboratorio con cellule infettate con la variante ed esposte al siero di vaccinati. Oltre alla risposta anticorpale, però, sono in corso studi per verificare se vi sono interferenze con la risposta cellulo—mediata. Tali preoccupazioni nascono anche da esperimenti di modellizzazione, secondo i quali molte delle mutazioni già note sono problematiche, ma anche molte altre sembrano poter contribuire a un’ulteriore elusione della risposta immunitaria. Secondo i primi dati provenienti dal Sudafrica e riportati da Nature, in Sudafrica si registrano casi di infezione da Omicron in soggetti vaccinati con tutti i tipi di vaccino, da Astra Zeneca ai vaccini a mRNA.

Questa variante è più infettiva?

cms_24143/4v.jpgTutto sembra andare nella direzione di confermare la maggiore infettività di Omicron rispetto a Delta, anche se, al momento, questa affermazione si basa soprattutto sulla rapida sostituzione di Delta da parte di Omicron in Sud Africa.

Alcuni altri dati sull’infettività derivano da un rapporto di Hong Kong in cui si descrive in dettaglio il caso di un viaggiatore sudafricano che è risultato negativo prima del suo volo l’11 novembre ed è risultato positivo mentre era in quarantena in un hotel di Hong Kong il 13 novembre. Anche un individuo dall’altra parte del corridoio è risultato positivo per la nuova variante. Il numero di cicli di amplificazione alla PCR necessari per rilevare la positività di ambedue i soggetti è risultato particolarmente basso, il che suggerisce che stessero emettendo molte particelle virali. Infine un report dall’Olanda ha identificato 61 casi positivi tra 539 viaggiatori provenienti dal Sudafrica, con un tasso di trasmissione decisamente più elevato della Delta.

Anche il caso italiano, che ha coinvolto un dipendente dell’Eni risultato positivo dopo essere tornato da un viaggio di lavoro in Mozambico e Sudafrica, sembra andare nella stessa direzione, poiché diversi membri della sua famiglia sono risultati contagiati pur essendo stati vaccinati.

L’infezione da Omicron è più grave di quella da Delta?

Al momento non è possibile rispondere con certezza. Il Ministero della salute israeliano ha riferito che, tra le persone vaccinate, non ci sono stati casi gravi. Tuttavia si tratta di un numero troppo ridotto per fare inferenze e soprattutto per valutare il tasso di mortalità.

Cosa ci dice questa variante sull’evoluzione del virus?

“I virus non mutano per diventare meno letali nel tempo. Questo non è corretto. I virus mutano per aumentare la circolazione del proprio genoma. Ridurre la virulenza può essere utile a questo scopo, mantenendo gli ospiti in vita più a lungo per diffondere più virus” spiega a Medscape F. Perry Wilson, direttore del Yale’s Clinical and Translational Research Accelerator. “Il modo migliore affinché SARS-CoV-2 si ottimizzi evolutivamente è quello di mutare per aumentare la carica virale e legarsi più fortemente ai recettori delle cellule ospiti. Un aumento della virulenza al fine di ottenere una carica virale più elevata potrebbe valere il compromesso evolutivo”.

I vaccini devono essere aggiornati?

cms_24143/5v.jpg“Alcuni scienziati hanno sostenuto che un aggiornamento del vaccino dovrebbe mirare a Delta: poiché è così dominante in tutto il mondo, si pensava che tutte le varianti successive sarebbero comunque derivate da Delta” continua Wilson. “Bene, Omicron ci dimostra che potremmo non essere in grado di prevedere dove sorgerà la prossima variante di peso. Ma una cosa è chiara: finché ci saranno casi di COVID-19, ci saranno varianti. L’evoluzione avverrà. Una variante eluderà i vaccini mantenendo l’infettività? Non necessariamente: potrebbe non esserci una nicchia evolutiva da quel punto di vista. Ma a meno che non facciamo un lavoro molto migliore vaccinando il mondo intero per sopprimere quei casi, lo scopriremo presto”.

Francesco Carta

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