La campagna di Facebook contro l’odio e la disinformazione

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Sono impressionanti i numeri appena pubblicati da Facebook nel suo Community Standards Enforcement Report, un insieme di tutti quei provvedimenti mirati a fare “pulizia” all’interno delle bacheche di utenti a dir poco improvvidi. Da ottobre 2019 a marzo di quest’anno, l’azienda di Zuckerberg ha bloccato quasi due miliardi di profili falsi, 40 milioni di immagini di nudo, quasi 10 milioni di messaggi legati all’hate speech, 25 milioni e mezzo di contenuti violenti e oltre 6 milioni di pagine di organizzazioni che promuovono razzismo e discriminazione. Se il primogenito della famiglia Zuckerberg conta numeri altissimi in termini di contenuti inappropriati, l’ultimo arrivato Instagram ha numeri più bassi ma per la sua specificità e la sua natura di social in cui l’immagine è tutto, si imbatte in problemi di altra natura come, per esempio, le foto di nudo o sessualmente esplicite, oltre a immagini dai contenuti violenti o legati a fenomeni di bullismo.

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Tornando all’analisi del Report sui contenuti mostrati e pubblicati attraverso Facebook, si può anche notare che, in periodo pandemico, la piattaforma di Menlo Park ha segnalato come falsi 50 milioni di contenuti legati all’emergenza Covid-19, grazie al supporto e all’analisi di migliaia di articoli da parte della squadra dei fact checker. La politica di contrasto alle bufale da parte di Facebook sta dando, dopo le polemiche iniziali legate in particolar modo allo scandalo di Cambridge Analytica, i suoi primi frutti, se si va a guardare come hanno reagito per esempio il 95% degli utenti non cliccando su alcuni contenuti e link sospetti o menzogneri. Inoltre la creazione di un IA come SimSearchNet, ovvero un sistema dedicato alla ricerca e all’analisi dei duplicati di una determinata immagine mediante un’attenta ispezione delle caratteristiche più salienti, si è permesso di dar vita a un algoritmo a visione computerizzata di valutare le diverse tipologie di immagini e capire se si tratta di casi di disinformazione legata al periodo di diffusione della pandemia; in poche parole è una rete appunto di IA in grado di rintracciare messaggi e immagini fuorvianti perché manipolate e falsificate ad hoc. Grazie a questa metodologia Facebook è riuscita a rimuovere più di 2,5 milioni di annunci relativi alla vendita di mascherine, disinfettanti per le mani, salviette disinfettanti per superfici e kit per i test Covid-19.

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Come se non bastasse in questa lotta alle falsificazioni, alle immagini inappropriate e ai messaggi d’odio, Zuckerberg si sta muovendo anche per contrastare alcune tipologie di meme (immagini, brevi video, gif virali) sempre più usati dagli utenti per diffondere messaggi oltraggiosi e denigratori, anche se il tentativo di bloccarne l’efficacia comunicativa nonostante l’utilizzo di un’intelligenza artificiale, si scontra spesso con il doppio senso e l’ironia di molti utenti avvezzi a questa forma di comunicazione dalla finalità goliardiche. Tutte le azioni elencate e contenute nel report interno di Facebook, portano a riflettere sul cambiamento che l’azienda californiana si è auto imposta dopo gli scandali e la conseguente fuga di molti utenti. Dopo aver tollerato, adesso la vita si fa dura per i milioni di troll che affollano i social alla ricerca di provocazioni, discussioni, mistificazioni e insulti deliberati. L’assenza di ogni senso di responsabilità legato all’anonimato degli ambienti online produce luoghi non più potenzialmente in grado di far proliferare e circolare la conoscenza, ma purtroppo generano qualcosa di molto simile al far west, un luogo senza legge e affollato da psicopatici in cerca di sadiche e devianti emozioni. Come ha rimarcato bene Patricia Wallace parlando della psicologia dell’aggressività in rete: «L’audience di un’aggressione online […] non è ben definita e può anche essere estremamente ampia. […] Chiunque voglia diffondere voci false e maligne può coinvolgere migliaia o milioni di individui». Come dire che nonostante l’impegno di social come Facebook nel combattere e far tacere sul nascere potenziali contenuti offensivi, in rete un controllo efficace e tempestivo sfugge a ogni tentativo di disinnesco dell’odio e dell’offesa ad personam.

Andrea Alessandrino

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