La Danimarca vuole proibire la circoncisione

Svolta xenofoba?

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Viene considerata una delle nazioni più prospere, più eque e più tolleranti al mondo. Da anni, ormai, la Danimarca è divenuta una delle terre più felici e più solidali d’Europa, distinguendosi coerentemente con la tradizione scandinava per la propria capacità di accettare persone appartenenti alle più svariate classi sociali e, soprattutto, persone dalle più svariate sfaccettature culturali.

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Eppure, in seguito alle elezioni parlamentari del 2015 che hanno visto la crescita del partito popolare danese e del partito conservatore Venstre, la Danimarca sembra aver cambiato rotta. Già nelle ultime settimane, aveva fatto particolarmente discutere la decisione da parte di Copenaghen di vietare il burqa e la niqab, un provvedimento mirato a rendere riconoscibili le persone nelle strade pubbliche ma, soprattutto, destinato a porre un freno alla diffusione della cultura islamica.

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Per cui, sembra che il popolo danese non abbia ritenuto tali misure sufficienti, ed ha anzi ritenuto opportuno rincarare la dose con una nuova legge che, questa volta, non colpirà tanto e solo i musulmani quanto gli ebrei. L’iniziativa popolare volta a proibire la circoncisione ha raccolto negli ultimi giorni oltre 50.000 firme, un numero sufficiente per costringere il Folketing (il parlamento danese) a calendarizzare la discussione sulla stessa e a metterla ai voti. Ovviamente la proposta non è ancora stata approvata, ma è molto probabile che ciò avverrà in tempi brevi visto il clima politico che si respira in Danimarca. Il governo di Rasmussen ha infatti in più occasioni dichiarato la propria linea dura in merito all’immigrazione, mentre i suoi principali alleati di governo, gli esponenti del Dansk Folkeparti (partito del popolo danese) vengono considerati dagli osservatori internazionali xenofobi e populisti. La Danimarca, insieme all’ultraconservatrice Austria, è divenuta il Paese portavoce della proposta di deportare tutti i migranti e i richiedenti asilo presenti nel territorio dell’Unione Europea in una zona “particolarmente sgradevole e scomoda”, pur senza specificare a quale zona nello specifico si riferissero. Inoltre, Copenaghen ha imposto a tutti gli immigrati presenti nella propria nazione di consegnare i propri beni e i propri valori (escluse le fedi nuziali) come pegno. Una serie di norme e di posizioni che, condivisibili o meno, marcano una linea politica ben precisa e quanto mai inconfondibile.

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A questo bisogna aggiungere che sul tema dell’integrazione il partito socialdemocratico, la principale forza politica d’opposizione, ha manifestato delle posizioni assai tiepide, forse timoroso del fatto che un’eccessiva vicinanza al mondo islamico possa tradursi in un vistoso calo di consensi. Alcune settimane fa, la loro leader Mette Frederiksen ha perfino definito l’islam “una barriera contro l’integrazione”. Parole forti, parole che non ci si sarebbero mai aspettate da un esponente politico che si dichiara di sinistra.

Non sono ancora ben chiari i dettagli che caratterizzeranno questa nuova legge; è verosimile tuttavia che, sul modello del provvedimento “anti burqa,” verranno imposte multe pari a circa 10.000 corone (poco più di 1.000 euro) a chiunque trasgredirà e farà circoncidere i propri figli.

cms_9430/5.jpg Naturalmente, ciascuno ha il diritto di conservare le proprie opinioni in merito a un tema complesso e di non facile risoluzione come quello dell’integrazione in Paesi europei di persone con un orientamento religioso differente da quello cristiano. Non è mai semplice coniugare il nostro senso d’umanità, che ci farebbe propendere all’accoglienza di qualunque persona in difficoltà, con l’esigenza di difendere la nostra cultura e i nostri equilibri interni. Non lo è per nessun Paese… neppure per un Paese ricco come la Danimarca. Al contempo, stupisce il fatto che quest’ultima normativa venga proposta non dai Paesi dell’Est europeo, che hanno da tempo assunto posizioni ben note sull’argomento immigrazione, ma da un Paese all’avanguardia e con un modello sociale ben differente. Inoltre, stupisce il fatto che tale norma andrà a colpire in prevalenza gli ebrei: cittadini ben integrati nella terra di Danimarca, che non hanno causato negli ultimi anni, se non tramite pochi casi isolati, né condizioni di disagio, né tantomeno disordini pubblici. È rispettabile il desiderio del popolo danese di difendere le proprie radici cristiane, ma l’amore per la propria cultura non può tradursi nel rifiuto del confronto con le culture differenti. Quest’ultimo, forse, sarebbe più un segno di paura che di coraggio.

Gianmatteo Ercolino

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