LE MINIERE IN SICILIA HANNO IL COLORE DEL SOLE E DELLA LUNA (Parte I)

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Per tutto l’Ottocento, la Sicilia fu il maggior produttore e fornitore mondiale di zolfo. In Sicilia ci sono gli unici siti al mondo dove la produzione di sale avviene interamente nel sottosuolo.

A Proserpina, la regina degli inferi, e a sua madre Cerere

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Il naso in su pensando a quel che v’è giù

Se percorri le strade interne della Sicilia, hai la sensazione netta che la terra vive e quel che vedi non è tutto. C’è una superficie con rari alberi e distese di frumento, un alternarsi stagionale di giallo e di verde. Greggi, mandrie e il sorriso serio di gente asciutta nei pensieri e nelle azioni, come sanno esserlo pastori e agricoltori. Ma comprendi che c’è altro.

Quando percorri i declivi e le curve dolci dell’ennese, del nisseno e dell’agrigentino – e, beninteso, devi esserci stato, lì dove pulsa la Storia magna –, puoi imbatterti, a un certo punto, in delle strutture che paiono cattedrali nel deserto. E mentre tieni il naso in su, comprendi che il tesoro sta giù, nel sottosuolo. Ieri come oggi.

cms_19725/2v.jpgLo intuisci visitando il Parco Minerario di Floristella Grottacalda, in Valguarnera Caropepe (Enna), uno dei siti più significativi per l’archeologia industriale del sud Italia, all’interno del Geoparco Mondiale UNESCO Rocca di Cerere. Un nome scelto per l’antica consacrazione di questo territorio alla dea Kthonic Cerere e, quindi, per sottolineare lo stretto rapporto, instaurato e consolidato nel tempo, tra la mitologia, la madre Terra e l’uomo. Ne dà conferma l’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che monitora i numeri del turismo minerario. Carta canta. Le miniere dismesse in Italia sono circa 3.000, di cui 765 in Sicilia; e sono, secondo i dati dell’Ispra, un’incredibile ricchezza naturale, con un potenziale culturale ed economico senza eguali.

Le leghe degli zolfatai e la guerra contro la fame

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Oggi, le miniere, non sono più luoghi di ricchezza mal distribuita, bensì luoghi della memoria. Il sudore è evaporato in nubi di ricordi.

cms_19725/4v.jpgC’erano una volta le miniere in terra di Trinacria. C’era una volta, specie nell’Ottocento e fino agli anni Sessanta del secolo scorso, una guerra contro la fame, dunque necessaria, da combattere per evitare di soccombere. Una guerra che ha contato morti e feriti. C’erano i “soldati”, cioè i minatori, con le loro armi di scavo. Si riunivano, la sera, con i loro discorsi, intrisi di malinconie e tiepidi propositi. A volte, proprio come i soldati, riuscivano a essere più chiassosi, complice qualche bicchiere in più.

Chi stava in miniera era quotidianamente, la sera, un reduce; pronto, l’indomani, per nuove battaglie. E ancora oggi, nel ricordo dell’esperienza diretta o in quello dei discendenti, un gruppo di persone, quando è aggregato nel nome del piccone, somiglia tanto a un insieme di reduci. La divisa del minatore è fatta di sangue, sudore e umiltà.

Lo fa rammentare bene il Museo Lega Zolfatai, istituito nel 1903, a Piazza Armerina, la cittadina della Villa Romana e, quindi, del mosaico con le donne in bikini, eleganti e giocose, discretamente sensuali. Duemila anni dopo, ci sono state, vere e faticanti, le “caruse” nelle miniere di zolfo. Altro scenario femminile. Folle Sicilia.

cms_19725/5.jpgAbbiamo visitato l’emblematico museo, essendovi una mostra permanente della civiltà mineraria. Si possono ammirare splendidi prodotti delle miniere siciliane: zolfo, celestina, aragonite, gesso, calcite, sali. È emozionante leggere pubblicazioni sulle lotte sindacali e sulle conquiste dei minatori ennesi, vedere vecchie foto che raffigurano zolfatari nella miniera di Floristella tanto durante la pausa di un pranzo, quanto al lavoro, praticamente nudi. Una foto, ritraente due di loro che si dividono l’umile pasto, fa pensare alla famosissima immagine di Coppi e Bartali: due campioni e una borraccia d’acqua. Ma la foto degli zolfatari non è coperta di fama, è ai più sconosciuta. I minatori sono “guerrieri” ma non sono famosi, sono anzi invisibili e coperti dall’oscurità di una ingrata indifferenza. E allora pensi ai vinti di Giovanni Verga.

Tra tanto d’interessante,si scorge,in bella evidenza, la poesia del “caruso” Giuseppe Rossetto:“Se potessi tornerei a Floristella la miniera di zolfo, la miniera dei ricordi…. La fatica di un tempo e la gioia di non avere niente…. Floristella è la mia vita ormai andata, il sorriso di mio padre e di mia madre!..è la miniera della gente, il pane sicuro ma duro…Floristella è la mia vita di bambino e dei miei fratelli …”.

Sale in zucca e zolfo nella penna

cms_19725/6.jpgI Siciliani son uomini di pensiero, azione e poesia. Ricavato scavando nel terreno – o anche ricevuto dall’abbraccio del mare e del sole, in virtù di saline che offrono scenari d’incanto nel trapanese e nel siracusano –, il sale è come se caratterizzasse l’interno della loro scatola cranica. Sale in zucca, e tanto.

La ricchezza, storicamente, è connessa al sale. “Salario” e “via Salaria”: inutile aggiungere altro per comprendere la centralità di un elemento essenziale per molteplici ragioni. Tra i primati della Sicilia, andava enumerato anche l’oro bianco.

Pochissime sono oggi le miniere di salgemma attive nell’Isola. Solo in esse, come in nessuna parte al mondo, la produzione avviene integralmente sottoterra, nel dedalo di tunnel pari a una settantina di chilometri complessivi. Sono quelle di Petralia (nelle Madonie palermitane, dunque all’interno della Sicilia), avente uno dei giacimenti più ricchi d’Europa, di Realmonte e Racalmuto (entrambi paesi dell’agrigentino). Dopo sei milioni di anni passati nel segreto delle rocce, il sale estratto viene offerto agli uomini per gli usi più vari.

Scomparsa, invece, è l’estrazione dello zolfo in Sicilia. Le miniere, infatti, sono ormai tutte chiuse ed è dunque svanito quel che rappresentava, per la Sicilia, una sorta di monopolio a livello mondiale.

cms_19725/7.jpgÈ nell’ennese, relativamente allo zolfo, che vi sono i due casi a loro modo emblematici del “post chiusura”. Da un lato, le miniere di Floristella e Grottacalda, costituenti oggi l’apprezzabile sito di archeologia industriale del quale si diceva sopra; dall’altro, quella di Pasquasia, ammantata, nella sua apparente decadenza, di leggende metropolitane che non è detto siano tanto lontane dalla verità.

Sicuramente, la storia delle miniere di zolfo, a causa del materiale estratto e dell’accentuata gravosità del lavoro, assume una maggiore suggestione. Lo zolfo fa pensare agli inferi, prima ancora di porre mente agli svariatissimi utilizzi che di esso possa farsi da secoli. È l’elemento caratteristico di terreni “vivi”, nei quali l’energia del pianeta pulsa, inoltre, con fenomeni geologici come le maccalube, cioè vulcanelli di fango.

Dando fuoco allo zolfo contenuto in un guscio di noce posto in bocca, Euno – “lo schiavo che divenne re” – pareva lanciare magiche fiamme, assommando il mistero al prestigio. Per tradizione, si sostiene che, nel sale, Roma spense per sempre la sfida alla propria egemonia lanciata da Cartagine, le cui rovine furono di esso imbiancate.

C’è, nello zolfo e nel sale, tantissimo di una storia millenaria, l’esaltazione della prosaica utilità e della magia: è Sicilia.

“E la bella Trinacria che caliga tra Pachino e Peloro, sopra ‘l golfo che riceve da Euro, maggior briga non per Tifeo ma per nascente solfo” (Dante Alighieri, “Divina Commedia” – “Paradiso”, VIII Canto). “Ma egli parlò alla cara nutrice Euriclea: - Porta lo zolfo, o vecchia, il rimedio dei mali; portami il fuoco: voglio solfare la sala” (Odissea, XXII).

Odora di zolfo – ma anche ha il sapore del sale – la letteratura siciliana. Intorno a una miniera di zolfo, si forgiò, ad esempio, la vita e l’opera del girgentese Luigi Pirandello. Leonardo Sciascia, nativo di Racalmuto e nipote di un minatore, conosceva le storie sulfuree e proprio lui sostenne che “tranne Tomasi di Lampedusa, tutti gli scrittori della Sicilia occidentale provengono direttamente dal mondo della zolfatara”. Nella sua opera “Le parrocchie di Regalpetra” (1956) – vergata pensando pure a “I fatti di Petra” (1937) del rondista ennese Nino Savarese –, Sciascia tratteggia, tra le altre cose, anche la condizione di salinari e solfatari, descrivendone le difficoltà. Il libro può ritenersi un pilastro, in tema di vita mineraria, riferita a una località immaginaria, Regalpetra, che è l’archetipo di una certa Sicilia in più periodi storici.

(Continua)

Andrea Vaccaro e Camillo Beccalli

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