LA NEIGE DE PARIS ACCOGLIE L’ESTATE DEL FASHION

HAUTE COUTURE SPRING-SUMMER 2019

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L’haute couture è da sempre il perfetto connubio tra la moda e il sogno, da sempre considerata l’emblema dell’esercizio stilistico, della creatività allo stato puro, dove i designer possono esprimere liberamente il loro talento senza alcuna costrizione come possono essere il mercato e l’esigenza di “vendere” e il dover limitare i costi finali di un capo rinunciando a lavorazioni artigianali e tessuti preziosi. L’haute couture è l’esatto opposto: capi unici, fatti a mano, tessuti preziosi senza limiti di budget perché destinata a poche e facoltose clienti sparse in tutto il mondo. Da lunedì vent’uno a giovedì ventiquattro scorsi è andata in scena in una Parigi più magica che mai per la neve inaspettata l’haute couture per la prossima primavera-estate che ha visto sfilare le grandi maison del fashion system come Chanel, Valentino, Schiapparelli, Giambattista Valli, Giorgio Armani Privé, Dior, Givenchy, Elie Saab, ma è stato il ritorno, dopo sedici anni di assenza, della maison Balmain nell’haute couture la sfilata che ha creato più aspettativa. Fashion editor, buyer e clienti erano in fibrillazione nell’attesa di vedere le creazioni del designer Olivier Rousteing che dal 2011 è a capo della direzione creativa della maison. L’ultima sfilata nell’haute couture della maison Balmain risale al 2002 quando direttore creativo era Oscar de la Renta e oggi, nel 2019 il confronto tra i due designer sarà inevitabile. Per noi fashion addicted, ma donne comuni che mai potremo indossare un capo di haute couture non ci resta che sognare ad occhi aperti e perderci tra le trame di questi preziosi tessuti e lavorazioni a mano perché i sogni non sono tassabili…per ora!

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L’onore di aprire le sfilate di haute couture è toccato alla maison Schiapparelli (maison rilevata da Diego della Valle nel 2006 presidente del gruppo Tod’s) che dopo l’assenza dello scorso anno dove aveva presentato la sua collezione di haute couture attraverso una rappresentazione torna a sfilare in passerella sotto l’ala del suo direttore creativo, il designer Bertrand Guyon. Il designer sceglie l’Opera de Paris come location per ripartire dalla fondatrice della maison, Elsa Schiapparelli e dai suoi ricordi di quando entusiasta visitava l’osservatorio di Brera a Milano e poi i giardini rigogliosi di Palazzo Corsini a Firenze. Nasce così una collezione vivida, floreale che trabocca di piume, cristalli, paillettes, tulle e stampe di costellazioni e floreali inedite e caleidoscopiche dove sono sapientemente mescolate le nuance care alla fondatrice. In passerella sfilano abiti preziosi ed eterei come fossero nuvole di ruches, tailleur dalle linee scolpite, ricami preziosi in fili d’oro e madreperla. La donna Schiapparelli è una donna sognante, dallo spirito surrealista e che ha ben chiaro che le stampe non sono mai troppe e che il saper gestirle in modo glam è un’arte. Il tocco moderno e smart è dato dagli accessori come i texani che si indossano con tutto, anche con l’abito frou frou, e gli occhiali a mascherina trasparenti.

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La collezione di haute couture della maison Dior è un tributo al mondo del circo e della sua arte perfettamente incarnata da Gerard Vicaire un sarto specializzato in abiti da clown, ma che per la designer Maria Grazia Chiuri è stato un vero designer di emozioni “intrappolate” nelle trame di un abito. Così mentre le artiste del circo londinese Mimbre eseguono le loro acrobazie, le modelle sfilano sotto un capannone allestito nei giardini del Musee Rodin, una sorta di tendone da circo, con long coat decorati da alamari gold, camicie in pura organza con plastron plissettato e gonne pantaloni che sono un esplicito rimando all’abbigliamento dei clown, tuxedo, gonne in tulle e jumpsuit.

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Dopo le spettacolari location delle passate collezioni la maison Chanel per questa collezione di haute couture, il designer Karl Lagerfeld rende omaggio all’Italia ricostruendo all’interno del Grand Palais una tipica villa della riviera del belpaese con tanto di piscina e giardino all’italiana dove, accompagnate dalle canzoni di Mina e non solo, passeggiano languidamente le modelle.

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E’ una collezione di haute couture destinata quasi esclusivamente per vestire eventi che si svolgono nel tardo pomeriggio con i suoi iconici tailleur in tweed dalla giacca allungata e la gonna midi con spacco centrale che si alternano ai canonici tailleur da cocktail che notoriamente sono connotati dalla gonna più corta. Anche da Chanel è stato un tripudio di piume (must have per la prossima estate anche nel pret-a-porter) cristalli e paillettes languidamente diluiti da una palette di nuance pastello davvero bellissima. Quello che le fashion addicted non devono dimenticare di questa collezione sono le gonne e gli abiti da cocktail a palloncino, perché questa tipologia di gonna sarà di grande tendenza nella prossima stagione e che ritroveremo anche nel pret-a-porter. Il mistero è calato al termine della sfilata quando il designer, Karl Lagerfeld non è uscito per salutare gli invitati perché ufficialmente si sentiva stanco e facendosi sostituire dal suo braccio destro, Virginie Viard che ufficiosamente a detta di tutti gli addetti ai lavori presenti alla sfilata prenderà il suo posto alla direzione creativa della maison.

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La collezione di Giorgio Armani Privè è perfettamente definita dal suo stesso creatore intitolandola “Laque” e con quattro precise parole, lacca: tutti gli abiti hanno una superfice lucida nera, rossa, blu royal e bianca, decorativa: nel senso più alto, quello dello stile Decò, uno stile discreto, ma elegantissimo, Cina: per gli evidenti richiami a quel paese nelle linee e nei decori, divertimento: che include anche la gioia e la voglia di creare una collezione unica e senza tempo. E’ stata una collezione inedita per re Giorgio sia per la palette colori, infatti Giorgio Armani ha puntato tutto sul connubio rosso e blu royal, lui che è il re indiscusso del velluto nero e della sua creatura “greige, sia per i tessuti spalmati, per i cappellini a cono, per le frange e le piume impertinenti. A chiudere la sfilata ci ha pensato un abito da sposa di candide paillettes, un cappellino a cono e un immenso velo che a molti fashion editor ha fatto pensare: “ma re Giorgio si è fatto prendere un po’ troppo la mano creando questa collezione?”. Invece è stata una collezione haute couture fresca che finalmente ha spazzato via il leitmotiv delle collezioni della maison, un Giorgio Armani designer che sorprende e spiazza le sue clienti più fedeli, ma che al termine della sfilata applaudono convintamente la nuova strada intrapresa dal re della moda almeno nell’haute couture.

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Sulla passerella di Givenchy sfilano donne che indossano il tuxedo nero sopra pantaloni in lattice, abiti scenografici fatti con frange multicolor di budellino di seta, abiti in pizzo, abiti a mantella con strascico o con grandi fiocchi posteriori. Una collezione che non lascia il segno nella settimana dell’haute couture parigina, a tratti banale e con un continuo rimando al blasonato passato della maison senza alcun guizzo creativo o di spirito innovativo.

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Sulla passerella della maison Valentino non va solamente in scena l’alta sartoria italiana, ma un forte messaggio di inclusione, perché per il designer Pierpaolo Piccioli la xenofobia esiste ancora. E’ una collezione che omaggia le donne di colore che sanno dare con la loro pelle una luce nuova alle nuance, le modelle sono in maggioranza di colore (ben quaranta su sessantacinque) e a capitanare l’orgoglio nero c’è lei, la divina Naomi Campbell che si è sciolta fino alle lacrime quando ha abbracciato il designer al termine della sfilata, indossando come solo lei sa fare, un bellissimo abito nero. Pierpaolo Piccioli ha dichiarato che lui è un creatore di bellezza, ma che ama pensare che anche attraverso il suo lavoro, da molti ritenuto effimero, può arrivare un messaggio di cambiamento. Gli abiti sono un sogno di tulle, di ampie ruches, di ballon dress dalle stampe floreali, di una palette cromatica vibrante e di ricami preziosi realizzati dalle sapienti mani delle storiche sarte della maison che hanno dato il nome di un fiore all’abito che hanno contribuito a creare.

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Da quando, nel 2011, è diventato direttore creativo della maison Balmain, il designer Olivier Rousteing non ha mai cercato di rincorrere o scimmiottare il genio creativo, nonché fondatore della maison, Pierre Balmain e neanche in questa circostanza densa di forti aspettative per il suo debutto nell’haute couture ha voluto giocare facile saccheggiando l’archivio storico della maison. La sfilata che si è svolta nel nuovo flagship, inaugurato per l’occasione, al 374 di Rue Saint-Honorè ha per tema la perla sia per la rigidità delle linee che dà alle gonne, sia per le perle incastonate sulle piume e cosparse sugli abiti e sia per gli accessori oversize che prendono forma e colore della perla. Anche la palette colori ricorda i riflessi della perla, dal bianco assoluto, all’azzurro, al rosa pallido, una collezione concettuale, ma poco portabile, il giovane designer non fa centro al primo colpo, ma la strada è lunga e come sussurravano i fashion editor sotto la passerella: “è giovane, si farà!” e forse l’ansia da prestazione per l’esordio nell’olimpo dell’haute couture gli ha tirato un brutto scherzo.

Cosa ci resterà di questa haute couture francese? Quali sono i trend che una fashion addicted si porterà nel pret-a-porter per prossima primavera-estate? Certamente le frange, le piume, lo sparkling, il tulle, l’organza, le nuance vibranti, l’abito e la gonna a palloncino (l’orlo lo decidete voi, corto, midi o lungo non importa), la gonna pantalone, la camicia con plastron di plissè, i texani e la testolina acconciata per le feste da cerchietti, fermagli e fiori.

T. Velvet

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