LA LOTTA AL CORONAVIRUS NEL DOPO WENLIANG
Il direttore dell’OMS prepara a possibili nuovi casi di contagio a oggi sono oltre 1000 morti e 40.000 contagiati
L’annuncio è ormai vecchio di qualche giorno, ma riecheggia ancora. Li Wenliang è morto, senza che potesse dire “ve l’avevo detto”. Nonostante ne avrebbe avuto tutto il diritto, molto probabilmente. Il 34enne oftalmologo, infatti, era stato il primo ad individuare la minaccia ora in corso ma non fu ascoltato.
Quando il 29 dicembre, ad un mercato ittico, notò alcune persone accusare alcuni sintomi della SARS (la Sindrome Respiratoria Acuta Grave) avvertì alcuni suoi colleghi tramite messaggi invitandoli ad informare le loro famiglie. Il governo cinese, tuttavia, forse più preoccupato di non far scatenare il panico nella popolazione piuttosto che informarla a dovere, arresta Wenliang.
Ma non è bastato. Durante una giornata lavorativa il medico contrae il virus, viene ricoverato senza riuscire a vincere la sua battaglia. Adesso si cerca di contenere un fiume che ha travalicato i suoi argini e sta espandendosi a trecentosessanta gradi, mentre vengono attuate misure precauzionali e riparative.
I contagi fuori dalla Cina, non più l’unica a dover fare i conti con tutto questo, sono “solo la punta dell’iceberg”. È il direttore dell’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) a dirlo, descrivendo così l’epidemia, ormai trasmessa anche da persone che non hanno viaggiato di recente nel Paese orientale. Tedros Ghebreyesus aggiunge che “l’individuazione di un numero ristretto di casi può indicare una trasmissione più diffusa in altri Paesi”.
Dall’Italia arriva la prima risposta: “il Governo continuerà a promuovere iniziative di sostegno umanitario e anche a livello europeo di solidarietà”. A dirlo sono il Premier Giuseppe Conte e il capo della Protezione civile Angelo Borrelli. In Europa, ad oggi, sono circa 37 i casi confermati mentre in Italia restano 3 (tutti “importati”).
“Nello spirito generale di solidarietà scientifica – spiega il direttore generale dell’OMS – 400 dei maggiori esperti mondiali si riuniranno questa settimana alla sede centrale di Ginevra per dare priorità al lavoro su tutti gli strumenti di cui abbiamo bisogno, tra cui diagnosi rapida, un vaccino e trattamenti efficaci”.
È vero, il contagio all’estero sembra aver viaggiato ad un passo più letto rispetto l’epicentro cinese, ma ciò non esclude (e Ghebreyesus anche) la possibilità che possa esserci un’accelerazione. I casi infetti, in giro per il globo, sono più di 40mila e in 1.000 non ce l’hanno fatta. Oltre quelli del nostro paese (dove, notizia importante, si è riusciti parzialmente ad isolare il virus) si registrano: 14 infetti in Germania (solo due provenienti dalla Cina), 11 in Francia (cinque importati), 2 (importati) in Spagna e 1 (importato) in Svezia.
“Il contenimento resta il nostro obbiettivo – dice il capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – ma tutti devono prepararsi al possibile arrivo del virus”. E sarà ora del secondo round.
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