LA CINA DEL TERZO MILLENNIO FRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE - II parte

A fronte dei rapidi cambiamenti tuttora in corso nell’ex Celeste Impero,con un sistema economico in prodigiosa crescita, la popolazione cinese si trova protesa alla ricerca di motivazioni etiche al proprio agire, recuperando antiche tradizioni, Fedi religiose e Sistemi filosofici travolti dalla furia del comunismo maoista.
In tale contesto, torna a fiorire la fede cristiana, nelle sue varie declinazioni, dal cattolicesimo al protestantesimo[1], che la dittatura marxista non è riuscita a sradicare. Il card .Parolin, su mandato del Santo Padre, si è reso apostolo infaticabile per un linguaggio della comunione ed in spirito di misericordia, con le autorità cinesi. E’ la c.d. “sfida della sinizzazione”, tenendo presente che poiché la Cina ha delle sue specificità particolari, la Chiesa è chiamata ad essere, al contempo, pienamente cattolica e pienamente cinese: ”Assumere caratteristiche cinesi- ha osservato padre Spadaro- significa andare a fondo nel processo di inculturazione”.[2]
Nell’ottobre del 2017 al XIX Congresso del Partito comunista Xi Jinping esordì affermando - tra l’altro- “Noi attueremo pienamente la politica di base del Partito per le questioni religiose, sosterremo il principio che le religioni in Cina devono avere un orientamento cinese, e forniremo una guida attiva alle religioni, in modo che possano adattarsi alla società socialista”.
La situazione della libertà religiosa era ancora una strada in salita, dato che il governo della provincia di Jiangxi aveva intimato alle comunità cristiane di rimuovere i Crocefissi ed ogni immagine di Gesù, sostituendole con le effigi di Xi Jinping, malgrado il principio della libertà religiosa oggetto di espressa guarentigia nella Costituzione del 1982.[3]
Una peculiarità delle Chiese attive in Cina, fu che sia quelle protestanti che quelle cattoliche, si organizzarono già antecedentemente alle aperture del nuovo Governo, come tante monadi coordinate, ma al contempo fortemente individualizzate per opzioni teologiche, vincoli economici e peculiarità regionali ed etniche.[4]
Sin dal 2003 la Compagnia del Gesù in particolare stabilì come missione preferenziale il ministero in Cina ed in Africa. Per converso, al presente va evidenziato che in seguito alla cooperazione intrapresa tra la Cina ed in continente africano, circa un milione di lavoratori provenienti dall’ex Celeste Impero sono venuti in contatto con sacerdoti protestanti africani, convertendosi al cristianesimo nella versione riformata e tornando in Patria con un entusiasmo che si è venuto a tradurre- a sua volta- in un’intensa opera di evangelizzazione cristiana.
La ricordata differenziazione monadica, è intrinsecamente più forte in ambito protestante e più sfumata in quello cattolico, ma anche in quest’ultimo vi è un panorama variegato nel secolo attuale[5], tenendo conto che solo recentissimamente si è resa possibile grazie all’impegno indefesso di papa Francesco, la ricomposizione della dolorosa frattura risalente agli anni 50 , tra la Chiesa cattolica clandestina obbediente al Romano Pontefice- oggetto di persecuzioni nei suoi pastori durante il Maoismo- e la Chiesa cattolica ufficiale, i cui Vescovi furono ordinati senza alcun mandato pontificio, e quindi Illegittimamente, ma pur tuttavia validamente, in virtù della continuità apostolica.
Il Santo Padre ha scritto nel Messaggio rivolto il 26 settembre 2018 ai cattolici cinesi ed alla Chiesa universale:”Da parte mia, ho sempre guardato alla Cina come ad una terra ricca di grandi opportunità ed al Popolo cinese come artefice e custode di un inestimabile patrimonio di cultura e di saggezza, che si è raffinato resistendo alle avversità ed integrando le diversità”.[6]
Il Padre generale dei Gesuiti, Arturo Sosa dal canto suo, pur nella consapevolezza della difficoltà di “sinizzare “il cristianesimo in Cina e di dover essere pronti ad accettare anche delle umiliazioni al riguardo, ha osservato che “Poiché il cristianesimo non è una cultura, ma una fede religiosa capace di incarnarsi in ogni cultura umana,esso non entra in competizione con le culture a cui si rivolge e con cui si incontra. Al contrario,offre ad ognuna di esse una nuova opportunità di andare più a fondo nella conoscenza delle proprie radici e di aprirsi alla realtà universale dell’umanità piena”.[7]
Nell’ottobre del 2017al XIX Congresso del Partito comunista esordì affermando - tra l’altro- “Noi attueremo pienamente la politica di base del Partito per le questioni religiose, sosterremo il principio che le religioni in Cina devono avere un orientamento cinese, e forniremo una guida attiva alle religioni, in modo che possano adattarsi alla società socialista”.
Quanto al Confucianesimo, il presidente Xi Jinping è impegnato a favorire la “Rinascita”del Paese[8], partendo proprio dai suoi principi a fondamento della cultura, della scienza, dell’etica e dell’estetica, onde riappropriarsi dell’identità valoriale della Cina nella prospettiva di coniugare l’identità socialista con l’umanesimo confuciano. Il che significa valorizzare la dignità dell’individuo al di sopra della dimensione economica, la solidarietà , il talento ed il merito contro ogni forma di corruzione.
Nell’obiettivo di promuovere una crescita economica mai disgiunta da quella morale e civile, il nuovo corso ha rilanciato la centralità della famiglia e la valorizzazione del ruolo femminile, la mutua assistenza intergenerazionale tra giovani ed anziani[9].
Tale intendimento è oggettivamente sintonico con il modus operandi della Compagnia di Gesù, sin dalle origini caratterizzata da una vocazione universalistica, nella costante ricerca di “convergenze sostanziali”su dei principi comuni con le altre religioni, attenta ai contenuti al di fuori ed al di sopra delle divergenze delle forme, mutevoli nello spazio e nel tempo.
Barbari con i barbari- scriveva un missionario gesuita nel 600’- civili con i popoli civilizzati, austeri con i penitenti in India, ben vestiti in Cina e semivestiti nelle foreste: ciò che contava era la diffusione del Vangelo nella sua sostanza.
Ma questa strategia non era altro che l’attualizzazione della parola di S. Paolo, che aveva affermato: “mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno [10]. ”
Nell’ambito della giustizia, fino al secolo XIX, la Cina non risultò mai orientata da sistemi giuridici occidentali, ed il suo diritto rimase altresì autonomo da ogni influenza di tipo religioso, laddove – come è noto – nell’Europa occidentale sin dal Medioevo si era venuto ad affermare il sistema dell’ Utrumque Jus, vale a dire di una sinergia tra il complesso delle norme del diritto civile (o laico che dir si voglia) e quelle del diritto canonico.
Ciò premesso, la prima conoscenza di un diritto "altro" come quello romano, avvenne in Cina nel 1904, attraverso il filtro della traduzione di un testo giapponese, che a sua volta aveva reso nell’idioma nipponico la legislazione di Roma.
Il 5 settembre 1911, il Ministro incaricato della riforma del diritto, Yu Liansan presentò una Relazione all’Imperatore sull’avvenuta codificazione dei primi cinque libri del diritto civile cinese, realizzata seguendo il modello romanistico. Ciò in quanto – si leggeva nella Relazione – tutti i sistemi del diritto civile dei vari Paesi erano stati originati dai Codici giustinianei, come quello giapponese, tedesco, austriaco ed italiano, con le innovazioni in seguito apportate dalla Codificazione napoleonica.
Il primo libro verteva sulla parte generale, il secondo sulle obbligazioni, il terzo sulla proprietà, il quarto sulla famiglia, il quinto sulla successione. Fu la prima volta nella storia giuridica cinese, che si usò una terminologia giuridica totalmente diversa da quella nazionale, per descrivere i diritti e doveri dei cittadini. A tal fine, la Cina si avvalse anche della facilitazione lessicale derivante dalla somiglianza con la lingua giapponese, nella quale – come è noto – già antecedentemente erano stati tradotti i concetti romanistici.
Il Codice in parola non ebbe mai vigore, in quanto poco dopo ebbe luogo la rivolta che portò all’instaurazione della Repubblica.
Dopo la rivoluzione repubblicana, nei decreti sugli insegnamenti universitari (1912–1913), il Ministero dell’istruzione stabilì obbligatorietà del diritto romano nella facoltà di Legge, ma far data dal 1930 divenne materia facoltativa. Tale sistema didattico durò sino alla caduta del governo del Kuomintang.
Una seconda Codificazione – la prima realmente operativa – avvenne nel 1931 nel regime testé citato, con la medesima suddivisione nei libri della precedente, inattuata Codificazione.
Detto Codice è tuttora vigente nella Cina Nazionalista di Taiwan, non senza influenza – peraltro – per il recente nuovo corso scientifico–culturale in atto nella Repubblica Popolare.
Dopo la fondazione di quest’ultima (1949), il precedente sistema giuridico venne abrogato completamente, per edificare un nuovo modello normativo mutuato da quello sovietico. Pertanto con l’avvento del comunismo, che – come è noto – affonda le radici nella concezione statolatrica di hegeliana memoria, lo Stato divenne fonte unica di etica e di diritto. Tale impostazione portò un cambiamento radicale, specialmente nel diritto di famiglia, come in materia agraria e civilistica in genere
Non era tuttavia cessato lo studio della storia romana in generale, con la conseguente traduzione in cinese di classici come Svetonio, Tacito, Sallustio, Plutarco, Appiano.
Il diritto era formalizzato mediante leggi o decreti, nel mentre venivano a cessare di importanza i giuristi professionali, sostituiti da organi di partito o di polizia ,che condizionavano i tribunali.
Nel 1954 la nuova Costituzione ricalcò quella sovietica del 1936. Si giunse poi ad una sorta di rivoluzione permanente con la c.d. Rivoluzione culturale e nel 1975 fu varata una Costituzione che poneva la centralità dei principi del comunismo, lo statalismo economico ed il potere del proletariato, con massima riduzione dei diritti dei cittadini.[11]
Dall’epoca della sua fondazione sino a quella della scomparsa di Mao(1976), la Cina comunista fu sconvolta da lotte interne, che erano epilogate nel periodo di maggiore instabilità, con la c.d. Rivoluzione culturale (1966-1976), a carattere anarcoide, nichilista e rivoluzionario, che aveva lasciato dietro di sé una lunga scia di lacrime e sangue. Fu la morte del diritto e della giustizia, nel senso formale e sostanziale.
La vera svolta ebbe luogo nel 1978, con una nuova Costituzione ed un nuovo leader quale Deng Xiao Ping, che avviò una progressiva modernizzazione del Paese nel campo dell’economia, della difesa, della scienza e della tecnologia, nel mentre cadde il metodo della lotta di classe. Vennero così consentiti investimenti stranieri, la piccola proprietà agricola, la piccola industria, la gestione privata di alcuni servizi .
A far data dal 1979, nel post–maoismo fu posto il problema dell’edificazione di un sistema giuridico tecnicamente coerente, nella qual ottica riprese vigore la ricerca e l’insegnamento di quella che nel Medioevo era considerata la naturalis ratio per eccellenza: il citato diritto romano giustinianeo, non più peraltro attraverso filtri di "seconda mano", come erano state le precedenti opere di studiosi giapponesi, francesi o tedeschi, bensì mirando ad abbeverarsi direttamente alle fonti della scienza romanistica. Tale diritto si sarebbe provvidamente rivelato funzionale all’avvio del programma di riforme politico– legislative promosse da Deng Xiaoping, a cominciare dal campo del diritto civile.
In quel rinnovato entusiasmo, un ruolo preminente avrebbe avuto l’Italia, tradizionalmente culla del diritto, dove sarebbero venuti a formarsi i romanisti" dagli occhi a mandorla" più accreditati.
Così come accadde con la Rinascenza medioevale con la scuola dei Glossatori e poi dei Commentatori, i cinesi sapevano bene che era impossibile una resurrezione del diritto romano classico quale sistema di norme vigenti, vieppiù per una realtà distante 15 secoli dalla compilazione giustinianea. Esso valeva tuttavia come ineguagliata teorizzazione di concetti universali, come sistematica giuridica, come modello di razionalità scritta.
Dal 1980 a seguire si ebbe una continua innovazione normativa [12], con parità giuridica coniugale nel matrimonio, un nuovo codice penale mirante alla rieducazione del reo.
Fu l ‘inizio di una serie di riforme ad ampio raggio che hanno operato fino ad oggi, coinvolgendo il diritto commerciale, i contratti, le successioni, la proprietà, i principi generali del diritto civile (soggetti del negozio giuridico, imprese, obbligazioni, proprietà, fallimento, codice penale processuale e sostanziale, successioni, processo civile). Il settore più influenzato dal diritto occidentale è quello della produzione e dello scambio .
In campo penale venne esclusa la pena corporale, la arbitrarietà del giudizio , mentre la pena assunse una funzione rieducativa e venne ispirata a principi umanitari( libertà condizionale, esenzione della pena etc ..).Fu assicurato il diritto effettivo di difesa.
Nel campo pubblicistico al Cina è organizzata con l’Assemblea nazionale popolare elettiva, dotata del potere legislativo, politico ed elettivo delle più alte cariche (Capo dello Stato, Ministri). Il Consiglio di Stato è il termine identificativo del Governo, con potere esecutivo;mentre a livello periferico operano le Assemblee elettive del Popolo ed i Governi locali del Popolo(con poteri esecutivi delle deliberazioni adottate dalle prime).I giudici sono nominati dagli organi politici menzionati, ma sono indipendenti.
Nell’ambito della legge in generale, è assai importante il ruolo della giurisprudenza, ispirata a criteri interpretativi fondati sulla ragionevolezza.[13].
La "Rinascita della Cina" sta seguendo oggi un percorso simile a quello della evocata Rinascenza medioevale, avvenuta anch’essa con un ritorno alle proprie origini: lì mediante la riscoperta dei classici greci e romani, qui con quella del Confucianesimo. Lo scopo è quello di recuperare la propria identità valoriale peraltro gelosamente conservata nelle campagne – per realizzare un’armonizzazione tra il Socialismo e lo spirito umanistico proprio della filosofia confuciana.
Ciò sta comportando un riposizionamento etico analogo a quello non casualmente avviatosi anche nel mondo occidentale: ci riferiamo alla necessità diffusamente sempre più avvertita di far cessare il primato dell’economia come principio guida dell’agire umano, in una ritrovata prospettiva di solidarietà che soppianti l’individualismo egoistico, la corruzione, le consorterie affaristiche, contro le quali patologie sociali torna a valorizzarsi il talento ed il merito di ciascuno.
Vero è che nel procedimento in parola, nel momento in cui dalle aule universitarie i principi romanistici – attualizzati ed adattati alla sensibilità del popolo cinese – possono tradursi in norme vigenti, è realistico prevedere delle svolte di straordinario rilievo, sulla strada della protezione e della dignità della Persona dalle ingerenze dello Stato, non più marxisticamente considerato come "fine", bensì come "mezzo", necessario all’affermazione dei diritti dei singoli cittadini, alla cui realizzazione lo Stato medesimo è vincolato.
Oggi, nel momento in cui dello Stato marxista sopravvive soltanto la struttura dirigistica di un’organizzazione chiamata a governare su di un territorio pari a due volte e mezzo quello dell’ Europa, i rapporti economici e sociali sono tornati ad essere influenzati anche dalla cultura tradizionale del Confucianesimo, che decenni di dittatura non sono riusciti a sradicare.
Al contempo, con l’apertura all’economia di mercato, che ebbe il suo punto di partenza nel 1992, sono maturate le condizioni per un cambio di passo verso un ancor più netto processo di ammodernamento della legislazione privatistica, facendo ricorso al sistema del Common Law nel campo del diritto commerciale, ed al Civil Law in quello privatistico in stretto senso. Ci riferiamo, per quest’ultimo, alla disciplina dei diritti reali, del diritto di famiglia, del diritto dei contratti, tutti settori nei quali è di fondamentale importanza la conoscenza delle categorie, della terminologia, dei concetti elaborati e sistemati organicamente nel Corpus Juriis civilis di Giustiniano.
Fu nel1998 che la Cinadecise di approntareil codice civile, partendo dallostudio e dalla traduzione del diritto romano in cinese, che aveva preso l’avvio dall’Università di Roma La Sapienza (grazie ai professori Sandro Schipani ed Oliviero Diliberto) divenuta il più grande centro di studi giuridici cinesi d’Europa. Dopo un lungo periodo di “ nichilismo giuridico, per cui la legislazione civile era una sovrastruttura borghese” - ha detto il Diliberto -[14] si comprese che il futuro era la globalizzazione, con la conseguente necessità di adottare un sistema misto di economia statale e privata. Alcuni studenti cinesi dopo una severa selezione, furono ammessi a studiare alla Sapienza, imparando in quattro anni l’italiano, il latino,il diritto romano ed infine elaborando le tesi di dottorato.
L’ approntamento del Codice civile cinese, cui essi concorsero anche sotto la guida dei citati professori, fu un lavoro ciclopico, spaziando dalla proprietà privata alle successioni ereditarie,dall’usufrutto, alla compravendita, etc….Fu conseguentemente creata la figura dei Notai, inedita nell’ex Celeste Impero.
Il 13 gennaio 2017 alla presenza del Presidente Mattarella si tenne la cerimonia di inaugurazione del corso di alta formazione in Diritto romano della Sapienza Università di Roma, diretto dal prof. Diliberto, con la firma della convenzione tra la Sapienza e la Zhongnan University of Economics and Law di Wuhan per la costituzione ufficiale del Centro studi giuridici italo -cinese.
L’Italia in particolare, depositaria del più grande patrimonio culturale storico, giuridico, artistico e letterario dell’Umanità intera, è dunque oggetto di una speciale, intensa ammirazione da parte di quello che riteniamo di poter motivatamente appellare come "Nuovo Mondo del terzo Millennio": la Cina, a noi sempre più vicina ed amica, anche nella tutela giuridica in loco dell’originalità e dell’autenticità dei prodotti Made in Italy.
L’Italia,universalmente nota come “Culla del diritto”, si è trovata per le ragioni sommariamente ricordate, ad essere oggi la“Madre del diritto privato cinese”, e quindi ponte tra la cultura dell’Occidente e quella dell’Oriente, come Nazione storicamente legata da vincoli di amicizia e di interscambio culturale, che non ha pari in alcuna altra parte del mondo.
In Cina la libertà economica ha già fatto da battistrada a quella civile, politica e religiosa ed un grande raggio di luce appare dall’interesse con cui la Cina "dell’imprenditoria e dell’economia", corteggiata e temuta dal mondo intero per la sua rapida espansione economica, ha approfondito i menzionati studi del Diritto romano giustinianeo, grazie al quale ha scoperto regole utili alla disciplina dei contratti privati e delle responsabilità che ne derivano; nonché diritti, come quello di usufrutto, che si è rivelato prezioso per risolvere un problema politico altrimenti dirompente e dagli esiti imprevedibili sotto il profilo politico, economico e sociale nelle campagne.
Ci riferiamo alla rivendicazione delle terre da parte dei contadini, che sono la classe più arretrata nell’assetto neo–capitalistico dell’ex Celeste Impero: potranno avere le terre da loro coltivate, a titolo di usufrutto, restandone (al momento...) nudo proprietario lo Stato.
La volontà di ovviare ai guasti prodotti dalla sistematica opera di desertificazione morale della propaganda atea, cui si sono aggiunti quelli cagionati da uno sviluppo economico mosso dal mero spirito del profitto, ha fatto sì che nella Cina attuale stiano progressivamente tornando in auge –come accennato- le religioni ed i sistemi filosofici tradizionali. Al contempo la prevalenza dei tecnocrati è stata soppiantata dall’avvento di umanisti, strutturalmente meglio orientati a confrontarsi con crescenti problemi di natura sociale, previdenziale ed assistenziale.
A margine di tutto ciò, si pone il recupero dei valori tradizionali, con il farsi carico degli anziani ed il formare esemplarmente le nuove generazioni al rispetto ed al!’amore filiale. La centralità della famiglia come cellula fondante dello Stato, mutuata dal Confucianesimo, ripropone ancora una volta sorprendenti analogie con la civiltà romana, così come con quella barbarica, dove i vincoli di sangue furono l’elemento coesivo dei clan patriarcali.[15]
L’etica confuciana postula altresì lealtà ed affidabilità verso i governanti, tenuti a loro volta ad osservare comportamenti irreprensibili nella gestione della cosa pubblica, assicurando un governo indirizzato al bene della collettività.
Va da sé che questo nuovo umanesimo comporta di dover affrontare problemi non più eludibili, come maggiore libertà, equità sociale, rispetto dei diritti della persona, tutela dell’ambiente, riforma della giustizia mediante l’autonomia dalla politica. Istanze queste maggiormente avvertite in virtù della circolarità informativa acquisita dai giovani mediante Internet.
La Cina contemporanea, nella cornice dirigistica di un Partito tuttora capillarmente presente ed organizzato, sta gradualmente recependo i principi dello Stato di diritto, il quale comporta l’evocata autonomia della Magistratura dalla politica, onde applicare imparzialmente la Legge e sradicare la piaga della corruzione - ben tristemente presente anche nel mondo occidentale- severamente combattuta dal presidente Xi Jinping.[16]
La Legge scritta, a sua volta, ha come sua pre–condizione quella morale, che nel!’ex Celeste Impero –va ribadito- coincide fondamentalmente con il Confucianesimo.
Il governante che non conduce una vita pubblica e privata irreprensibile, che non persegue il pubblico bene, perde la sua legittimazione né più né meno come accadeva con il giusnaturalistico "Diritto di Resistenza" noto in Occidente[17], mirante alla restaurazione dell’ordine violato ed alla cessazione del potere arbitrariamente esercitato; ma non alla creazione di un ordine nuovo, come avviene invece nelle rivoluzioni.
Gli scambi culturali anche a livello di studenti universitari, le relazioni commerciali, lo sport, i viaggi, ed i richiamati studi romanistici, cooperano per l’affermazione di una nuova generazione di dirigenti sempre più lontana dalle ingessature dogmatiche degli anziani rappresentanti del vecchio sistema ideologico, con l’inevitabile epilogo in un sistema di libertà recettivo dei correlati diritti.
Il Consiglio nazionale forense nel novembre dello scorso anno firmò a Guangzhou un memorandum di intesa con la All China lawyers association ( Acla), l’Associazione nazionale degli avvocati cinesi, per una collaborazione tra le avvocature nella cornice dello Stato di diritto. Nella medesima circostanza venne creata istituita dalla medesima Acla la Belt & road international lawyers association ( Brila), Associazione di avvocati operante lungo la cosiddetta nuova Via della Seta.
Detta Associazione, con 85 soci fondatori provenienti da 36 diversi Paesi, tra cui l’italiano Consiglio nazionale forense, costituisce la prima Associazione internazionale di avvocati mai registrata in Cina.
Finalità del nuovo organismo internazionale forense, è quella di un interscambio e di una cooperazione fra difensori appartenenti a diverse realtà giuridiche, uniti dall’anelito al mutuo scambio di esperienze, formazione e progetti, al fine di un comune sentire nell’ambito dell’avvocatura, il cui libero esercizio al pari del giornalismo, costituisce la cartina di tornasole di una democrazia compiuta, o in cammino.
Particolarmente significative al riguardo, sono state le dichiarazioni del ministro della Giustizia cinese, Fu Zhenghua,: «L’affermazione dello Stato di diritto – ha detto.-comporta l’ampliamento dello spazio per lo sviluppo economico e costituisce un’opportunità di incremento degli scambi commerciali e dei servizi legali, garantendo maggiore fiducia sull’affidabilità della gestione delle liti». [18]
Lo sviluppo economico ha comportato la capillarità dell’assistenza sanitaria, la diffusione del ceto medio, l’incremento dell’urbanizzazione, l’allungamento delle prospettive di vita ed il crollo della mortalità infantile, la crescita dell’istruzione.
Quest’ultima è sempre più valorizzata come linguaggio per la mutua comprensione tra i Popoli, per l’equilibrio e la cooperazione internazionale, nonché come fattore essenziale per la crescita economica, gli scambi e la perequazione sociale.
Nello specifico dell’economia, la prospettiva perseguita è quella di un sistema Asia -Pacifico a preminenza cinese, che si sostanzia nella costruzione a ritmi incredibilmente rapidi di strade, ferrovie, aeroporti, porti, infrastrutture energetiche, così come in interventi nei settori dell’agricoltura, della pesca, della flora, e nella creazione di “zone franche”sul modello di Hong Kong .
Ma il dinamismo del Dragone si è esteso anche all’Africa[19] ,che costituisce un’area di sviluppo strategicamente fondamentale dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico, del reperimento delle materie prime, degli scambi commerciali delle operazioni finanziarie; ma non solo: ivi ha realizzato infrastrutture strategiche di ogni tipo, costruendo porti, strade e ferrovie.
Ha insegnato alle popolazioni locali ad irrigare ed a coltivare la terra in maniera moderna. In ultima analisi: la Cina si è relazionata con il Continente nero in maniera ben diversa dall’Europa colonizzatrice dei secoli passati– seppure con un ritorno economicamente apprezzabile- valorizzandone le risorse umane e naturali.
Il libero scambio tra Cina ed Africa appare il primo passo per un processo di industrializzazione di quest’ultima, in favore della quale l’ex Celeste Impero si è affermato come il maggiore partner per la sua modernizzazione.
Pechino ha attivato un fondo infrastrutturale di un miliardo di dollari in favore del Continente nero, per crearvi un’opera grandiosa idealmente evocativa delle antiche Vie della Seta, articolato in una via di comunicazione terrestre ed in una marittima. Ma una cifra di siffatta portata non poteva essere elargita a titolo meramente filantropico, sicché gli investimenti cinesi nei vari Stati africani hanno fatto schizzare il debito dei governi locali alle stelle[20], arrivando a toccare i 130 miliardi di dollari negli ultimi 18 anni, pur essendo i correlati prestiti garantiti da beni strategicamente importanti, come alcuni scali portuali.
Via della Seta che sarà oggettivamente facilitata da un rapporto sempre più intenso tra la Cina stessa ed lo Stato Pontificio[21], di cui si intravedono timidi segnali anche attraverso piccoli ma significativi segni di generosa solidarietà, come quella dimostrata in occasione del Coronavirus, quando la Cina ha fatto pervenire un gran quantitativo di farmaci e di presidi sanitari alla Farmacia vaticana, per fronteggiare la pandemia.
Fine
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La prima parte al link:
[1] Cfr. .A. Spadaro ,S.J.,”L’accordo tra Cina e Santa Sede”, ne La Chiesa in Cina, , ed. Ancora-La Civiltà Cattolica, Milano, 2019, p.26
[2] Op. cit., p28
[3] Cfr. .G. Sangiuliano, Il nuovo Mao, Mondadori, Milano, 2019,p.262
[4] Cfr. .al riguardo T. Meynard S.J., M,Chambon “Vie per l’aggiornamento della Chiesa Cattolica cinese”, ne La Chiesa in Cina, cit., p..82 segg.
[5] Op. cit. p. 83
[6] Cfr. A Sosa, “La Chiesa in Cina. Appunti per scrivere il futuro”,ne La Civiltà cattolica, n. 4057, 6/20 luglio 2019, p.68
[7] A Sosa, op. cit., p..70
[8] Siffatta Rinascita, non può non far pensare alla Rinascenza medioevale, che fu avviata anch’essa con la riscoperta delle proprie radici, che nel caso di specie furono quelle romanistiche.
[9] Cfr. M. Scarpari, op. cit., p.23 segg.
[10] S. Paolo, Lettera ai Corinzi, 9.20
[11] Cfr. A. Gambaro, Sistemi giuridici comparati, Utet giuridica, Milano, 2018, p.376
[12] Cfr. A. Gambaro, Sistemi giuridici comparati, cit.,p.378 segg.
[13] Cfr. A. Gambaro, Sistemi giuridici comparati, cit.,p.383
[14] Cfr. M. Feltri, “Così gli italiani hanno scritto il Codice civile per Pechino”, ne La Stampa, 6.03.2017
[15] Sulle somiglianze in particolare tra la cultura italiana e quella cinese, cfr. L. Carducci ,E se parlassimo della Cina, Casa Editrice in lingue estere, Beijing, Cina, 2007
[16] Cfr. G. Sangiuliano, Il Nuovo Mao,cit. p.216 segg.
[17] Cfr. M. Scarpari, Ritorno a Confucio, cit., p.127
[18] Cfr. Il Dubbio, 11.12.2019
[19] Cfr. G. Albanese, “ Made in China?No, made in Africa “ne L’Osservatore Romano, 22.10.2019
[20] Cfr. G. Albanese , op.cit.
[21] Cfr. A. Spadaro,” La Via della Seta non può esistere senza la fiducia fra Cina e Vaticano”, ne La Stampa, 25.03.2019
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