JULIAN ASSANGE: NO ALL’ESTRADIZIONE NEGLI USA PER DISTURBI MENTALI

Lo ha deciso il tribunale penale di Londra

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Nei giorni scorsi, il tribunale penale di Londra ha negato l’estradizione di Julian Assange negli USA. Secondo la corte, l’ex fondatore di Wikileaks (l’organizzazione che carica sul proprio sito web documenti protetti dal segreto di stato) non sarebbe nelle condizioni fisiche e mentali per l’esecuzione delle procedure di estradizione. Infatti, alcuni psichiatri hanno confermato che Assange è affetto da depressione e che avrebbe tentato più volte il suicidio durante la sua permanenza in carcere.

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Ora solo gli USA possono ribaltare il verdetto della corte inglese e chiedere in appello l’estradizione di Assange, reo di aver diffuso molti documenti statunitensi coperti dal segreto di stato, riguardanti in particolare operazioni militari dell’esercito a stelle e strisce in Afghanistan e in Iraq. Nell’estate del 2019 lo stesso Assange era stato la prima persona accusata della violazione della legge anti-spionaggio.

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Secondo alcuni attivisti che si battono per i diritti umani, la sua estradizione potrebbe rappresentare un’arma a doppio taglio anche perché, se lo stesso Assange dovesse trovarsi davvero nelle condizioni descritte da molti, si teme che le autorità statunitensi possano ricorrere a pratiche di tortura fisica al fine di estorcergli informazioni e ulteriori confessioni. E non sarebbe la prima volta, dato che vi sono già dei precedenti a conferma di metodi pochi ortodossi utilizzati dai servizi di intelligence come la CIA durante gli interrogatori a terroristi o prigionieri di guerra. In questo caso, lo stesso Assange potrebbe appellarsi all’articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite, secondo cui nessuno stato può espellere, restituire o estradare una persona in un altro stato in cui sussistano fondati motivi per ritenere che rischierebbe di essere sottoposta a tortura.

Francesco Ambrosio

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