Insulti a Mattarella sui social, Procura chiede processo(Altre News)

Ocean Viking, Guardia costiera la sottopone a fermo amministrativo - Un cavillo da coronavirus, rischio scarcerazione per uomini clan Inzerillo - Carabinieri arrestati per spaccio e estorsione - Pedofilia, sgominata rete di italiani

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Insulti a Mattarella sui social, Procura chiede processo

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Le accuse vanno dall’attentato alla libertà, offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubblica e istigazione a delinquere. Il pm Geri Ferrara, che coordina l’inchiesta, ha ascoltato i nove indagati molti dei quali hanno chiesto scusa e hanno detto di essersi "pentito" ma l’inchiesta è andata avanti. Decine i post diffamatori e intimidatori comparsi su Facebook e Twitter, nel maggio 2018, dopo la decisione del Quirinale di affidare l’incarico per la formazione del Governo a Carlo Cottarelli.

Ocean Viking, Guardia costiera la sottopone a fermo amministrativo

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Ispettori della Guardia Costiera, specializzati in sicurezza della navigazione, hanno sottoposto oggi la nave ’Ocean Viking’ di bandiera norvegese e operante per conto dell’organizzazione non governativa Sos Mediterranee, a un controllo per verificare l’ottemperanza alle norme in materia di sicurezza della navigazione, protezione dell’ambiente e tutela del personale navigante. L’unità, ormeggiata nel porto di Porto Empedocle, è attraccata nei giorni scorsi dopo il periodo di quarantena successivo al trasferimento su nave Moby Zazà dei migranti presenti a bordo.

L’ispezione ha evidenziato diverse irregolarità di natura tecnica e operativa tali da compromettere non solo la sicurezza dell’unità e dell’equipaggio ma anche delle persone che sono state e che potrebbero essere recuperate a bordo, nel corso del servizio di assistenza ai migranti svolto dalla nave, così come alcune violazioni alle normative a tutela dell’ambiente marino.

La nave è stata sottoposta a fermo amministrativo che permarrà fino alla rettifica delle irregolarità rilevate in sede ispettiva e, per alcune di esse, sarà necessario l’intervento dello Stato di bandiera che detiene la responsabilità della conformità della nave rispetto alle Convenzioni internazionali e alla legislazione nazionale applicabile.

"Oggi, dopo un’ispezione durata undici ore da parte della Guardia Costiera italiana, l’Ocean Viking è stata sottoposta a fermo amministrativo dalle autorità italiane nel porto di Porto Empedocle, in Sicilia. Sos Mediterranèe condanna questa palese manovra amministrativa vessatoria, volta a ostacolare il lavoro di soccorso delle navi delle Ong". Lo afferma la stessa organizzazione in una nota in cui definisce quanto accaduto oggi "palesi molestie amministrative".

"Il motivo principale del fermo - prosegue l’organizzazione - è stato comunicato dalla Guardia Costiera italiana:’’La nave ha trasportato un numero di persone superiore a quello riportato nel ’Certificato di Sicurezza Dotazioni per Nave da Carico’. In un anno di operazioni gestite da Sos Mediterranèe, la Ocean Viking aveva già dimostrato di rispondere ad elevati standard di sicurezza più di quanto sia solitamente richiesto ad una nave analoga. Non riusciamo a comprendere perché le osservazioni sulla sicurezza della nave siano state fatte solo ora, dal momento che le condizioni della nave sono rimaste invariate rispetto alle ultime quattro ispezioni, comprese le due più recenti condotte dalla stessa Guardia costiera italiana, e non ci sono stati cambiamenti nelle norme di sicurezza per quanto riguarda ciò che ora viene contestato".

"L’armatore norvegese della Ocean Viking ed il noleggiatore Sos Mediterranèe hanno sempre rispettato e garantito il massimo livello di sicurezza per l’equipaggio e i naufraghi a bordo della nave. Quello che ci è chiaro ora è che, negli ultimi tre mesi, la stessa argomentazione sulla sicurezza è stata sistematicamente utilizzata dalle autorità italiane per trattenere quattro navi Ong che conducevano operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Come mai la sicurezza non era un problema per le autorità marittime quando, all’inizio di questo mese, la Ocean Viking ha dovuto attendere 11 giorni per l’assegnazione di un Porto Sicuro ed è stata invece costretta a dichiarare lo Stato di emergenza a bordo?", dice Frédéric Penard, direttore operativo di Sos Mediterranèe.

Sottolinea l’organizzazione che "operare nel Mediterraneo centrale, per sua natura, significa trovarsi di fronte a ripetute situazioni di emergenza con un numero potenzialmente elevato di persone in pericolo imminente allo stesso momento (generalmente da 50 a 200 persone). Nell’ultimo decennio, la Guardia Costiera italiana ha salvato diverse centinaia di persone simultaneamente, a volte nel giro di poche ore. Questa è la realtà della crisi umanitaria su vasta scala che si sta verificando nel Mediterraneo. Di fatto, quando si soccorrono persone in mare - come è dovere di ogni comandante di nave assistere le persone in difficoltà - l’Ocean Viking è costretta a trasportare più persone di quante siano indicate nei documenti della nave. Questo deriva dalla natura stessa delle situazioni di emergenza".

"Tuttavia - prosegue l’organizzazione - è della massima importanza ricordare che le persone che portiamo temporaneamente in salvo a bordo dell’Ocean Viking sono, secondo la legge marittima, da considerarsi come naufraghi, persone salvate da una situazione di grave pericolo in mare, e non sono mai da considerarsi come ’passeggeri’. Definirli così è un’interpretazione fallace del quadro giuridico marittimo in cui operiamo ed è una grave mancanza di rispetto per la situazione di pericolo in cui si trovavano le molteplici imbarcazioni inadatte alla navigazione che abbiamo dovuto soccorrere negli ultimi quattro anni".

"C’è un chiaro schema che viene applicato in modo eccessivo e abusivo, in una continua vessazione amministrativa delle Ong, con l’unico scopo di impedire che le attività di salvataggio colmino il vuoto lasciato dagli Stati europei. Ma fermare l’ambulanza non impedirà alla ferita di sanguinare", aggiunge Frédéric Penard.

Un cavillo da coronavirus, rischio scarcerazione per uomini clan Inzerillo

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Un cavillo da coronavirus rischia di fare scarcerare gli uomini del clan Inzerillo. Accade a Palermo dove un errore potrebbe fare uscire dal carcere 33 indagati nel procedimento ’New connection’. Il gup del tribunale di Palermo, Elisabetta Stampacchia, ha dichiarato nulla la richiesta di rinvio a giudizio, perché presentata tre giorni prima del termine minimo di 20 giorni dall’avviso di conclusione delle indagini. A notare il cavillo sono stati i legali. I pm della Procura avevano depositato l’avviso di chiusura indagini il 5 maggio, periodo del lockdown. Mentreper legge i termini erano sospesi fino all’11 maggio.

Carabinieri arrestati per spaccio e estorsione: "Stile Gomorra"

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Una caserma dei carabinieri sequestrata. Emesse ordinanze di custodia cautelare personale e reale per 22 persone tra cui 10 carabinieri. E’ l’esito di un’indagine condotta dalla Procura di Piacenza. Arresti illegali, estorsioni, violenze, traffico e spaccio di stupefacenti: è quanto portato alla luce dall’operazione denominata ‘Odysseus’ condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria delle fiamme gialle di Piacenza.

La caserma posta sotto sequestro è la Levante di via Caccialupo, in centro a Piacenza. L’indagine è stata condotta dalla guardia di finanza, in collaborazione con la polizia locale, e riguarderebbe illeciti commessi a partire dal 2017. L’Arma ha disposto "l’immediato invio di 2 stazioni mobili e 8 carabinieri per continuare a garantire - annuncia in una nota l’Arma - senza soluzione di continuità, la funzionalità del presidio al servizio di quella collettività e per la tutela della legalità".

L’inchiesta nasce da un’indagine di polizia giudiziaria sul traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, che vedrebbe tra gli esponenti di spicco dell’organizzazione individuata un graduato dell’Arma dei carabinieri, in servizio presso la Stazione Piacenza Levante, che, sfruttando il ruolo di appartenente alle forze di polizia, avrebbe gestito un’attività di spaccio attraverso pusher di propria fiducia. Il militare, inoltre, avrebbe agevolato i sodali nella compravendita di ingenti quantità di stupefacenti, garantendo loro appoggio e protezione in cambio di un tornaconto economico.

Nel dettaglio, le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state emesse nei confronti di 12 soggetti, di cui 5 appartenenti all’Arma dei carabinieri mentre ai domiciliari sono finiti 5 persone, di cui 1 appartenente all’Arma. Si tratterebbe del comandante della stazione. L’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, invece, è scattato per 3 militari appartenenti all’Arma e per 1 appartenente al Corpo e l’obbligo di dimora nella Provincia di Piacenza per un Ufficiale dell’Arma (il comandante della compagnia di Piacenza).

Ai domiciliari è finito il comandante della stazione dei carabinieri Levante, secondo quanto reso noto dalla pm Grazia Pradella nel corso della conferenza stampa in procura. "La figura di spicco come spacciatore era sicuramente un appuntato", ha spiegato la pm. Per quanto riscontrato i comportamenti illeciti esistono a partire dal 2017.

Nel corso delle operazioni è stato eseguito anche il sequestro dell’intero stabile sede della richiamata stazione dei carabinieri nonché il sequestro preventivo di beni mobili, immobili e rapporti finanziari nella disponibilità del suddetto graduato dell’Arma.

"Per noi è come un colpo al cuore. Da parte nostra c’è totale disponibilità a collaborare per fare piena luce sui fatti. Penso all’amarezza dei tanti miei uomini dediti con onestà e generosità al loro lavoro", ha detto il comandante provinciale di Piacenza Massimo Savo parlando dell’indagine.

Pedofilia, sgominata rete di italiani

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Sgominata dalla Polizia Postale una rete di pedofili italiani che su una nota piattaforma di messaggistica scambiavano materiale pedopornografico. Le immagini venivano realizzate anche da adolescenti e vendute online con un "listino prezzi" per ogni prestazione richiesta.

Oltre 100 investigatori del Centro Nazionale di protezione dei minori del Servizio Polizia Postale di Roma e della Polizia Postale e delle Comunicazioni di Bari e Foggia, hanno eseguito perquisizioni personali, informatiche e sequestri in 12 regioni e 17 province volte al contrasto della pedopornografia online, con il coordinamento delle Procure della Repubblica presso il Tribunale e per i Minorenni di Bari.

L’indagine, dell’operazione ’Pay to see’, scaturita da una segnalazione di due genitori insospettiti dall’intenso utilizzo di alcuni social network della figlia adolescente, ha portato all´emersione di un vero e proprio sistema consolidato di vendita online di immagini e video pedopornografici e pornografici autoprodotti da adolescenti e maggiorenni ed inviati in cambio di pagamenti su conti online.

Gli accordi avvenivano attraverso chat private sulla scorta di un "listino prezzi" pubblicato online che prevedeva oltre che l´invio di immagini e video già prodotti, anche sex chat e video chat dal vivo.

Redazione

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