Infodemia ai tempi del Covid-19…Andrà tutto bene?

12_CULTURA_DELLA_COMUNICAZIONE.jpg

cms_18871/1v.jpgNel tempo che precede questo oggi mi hanno particolarmente incuriosito talune fenomenologie antropologiche presenti allo stato diffuso nell’ambito delle infovirus, bacino di elevatissima radicalizzazione e diffusione di comunicazioni nonché di comunicatori. Che il virus sfugga ancora ad una certificazione identitaria compiuta credo che sia patrimonio di comune sapere. Eppure, fin dal suo esordio in terreno patrio un generalizzato approccio assolutistico alla descrizione della sua genesi e alla prognosi della sua nemesi ha fatto divampare sciami di informazioni promuovendo in campo varia umanità quali notiziatori in forza di non ben chiare doti di elaborazione di dati, di competenze diagnostiche e, in qualche caso fortunatamente non esponenziale, cabalistiche tali da far impallidire la più accreditata pleiade di futurologi. Le conseguenze di tale versatile informazione di matrice atecnica non meritano commenti oltre la semplice enumerazione degli attributi: inattendibile, spesso inutile, confusa, addizionata di commenti emotivi, strumentale alla critica di fatti o persone senza contrapposizione di valide ragioni ovvero di propositività e nei casi di virulenza notiziale, purtroppo, anche contraddittoria nel palese passare da affermazioni eccessivamente rassicuranti (quali la certa remissione del Covid-19 con il sopraggiungere dei primi caldi in forza della sua assimilazione all’ influenza stagionale ) a raccomandazioni apocalittiche connesse all’ineluttabile radicamento del virus.

Medesimo approccio assolutistico non ha risparmiato anche buona parte della comunità scientifica balzata improvvisamente sotto le luci della ribalta mediatica. A fronte del silenzio in cui un esercito composto da ricercatori, virologi, epidemiologi e personale sanitario è impegnato per salvare vite umane con grande dedizione e professionalità senza le munizioni adeguate alla lotta, con ritmi a prova di sostenibilità fisica in tutt’altro fronte, ma pur sempre medico, il pendolo ha oscillato e continua ad oscillare dall’evocazione delle peste di manzoniana memoria alla duttile adesione alle schizofrenie della politica di palazzo, fisiologicamente ed endemicamente proclive alle giustificazioni assolutistiche di partito.

Per compiutezza d’esposizione (come gergalburocraticamentemente si dice) mi limito semplicemente a citare le fake news, molte risibili tante mostruose nei contenuti e nelle immagini, in cui le ineffabili entità che le diramano trovano evidente motivo per compiacere il proprio senso dell’esistere.

A mio avviso le fenomenologie comportamentali che dominano l’attuale patrimonio della diffusione della conoscenza che, senza alcuna pretesa definitoria, oserei qualificare come un’autentica infodemia meriterebbero una seria valutazione dal punto di vista antropologico perché esprimono evidenze da interpretare in chiave antropologica. Concludo con un’ultima riflessione che, a differenza della precedente, può strappare qualche sorriso in chi apprezza l’ironia. Calcando il palcoscenico mediatico è comprensibile che possa produrre compiacimento il consenso registrato nel pubblico dei followers, anzi può addirittura essere motivo per perseverare seppure badando di non vendere l’anima a derive narcisistiche. I divulgatori per professione conoscono bene quali sono i limiti e i pericoli in agguato e sanno che l’antidoto alla beceraggine sta nell’affidarsi sempre alla attendibilità delle fonti oltre che alla propria competenza/esperienza maturata in campo. Ebbene, mai come in questo periodo nella divulgazione si affastellano migrazioni professionali verso settori diversi da quello di appartenenza: lo statistico formula diagnosi, l’urologo si trasforma in virologo, l’internista in esperto di protezione civile, il giornalista si lancia nella prognosi da contagio fino a scivolare nelle comparazioni con realtà territoriali ed etniche per diffondere prontuari di benessere fai da te.

Tutto ciò sempre nell’ordine delle fluttuanza notiziale in precedenza descritta.

L’infodemia planetaria non ha, fortunatamente, contagiato i bambini, i soli che hanno comunicato il loro pensiero con coerenza espressiva: sui loro striscioni colorati hanno affidato a un sole splendente e a un arcobaleno l’auspicio che “Andrà tutto bene”.

Francesco Leccese

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