IL SIGNIFICATO DELL’EPIFANIA

Dal giorno di Iside alla visita dei Magi, dal battesimo di Osiride a quello di Gesù, dal culto di Berchta ai doni di Madre Natura. Scopriamo il significato della festa più attesa dai bambini.

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"Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme. Domandavano: ‘dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo’. Tali parole turbarono Erode che riunì i sommi sacerdoti e gli scribi affinché gli rivelassero dove fosse il Messia. ‘A Betlemme di Giudea perché così è scritto per bocca del profeta’. Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: ‘andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando lo avrete trovato, fatemelo sapere perché anch’io venga ad adorarlo’. Partirono e la stella che avevano visto sorgere li precedeva, fermandosi sopra il luogo dove si trovava il bambino. Entrati nella casa lo videro con Maria, sua madre e prostratisi lo adorarono, offrendogli in dono oro, incenso e mirra. (Matteo 2,1-12).

Uno dei Magi, chiamato nei vangeli apocrifi Gaspar, era noto col nome di Vindapharna (conquistatore del Farr "forza, splendore") che, tradotto in armeno, diveniva appunto Gathaspar. Era il re di una terra tra l’Afghanistan e l’India attuali, profondo conoscitore della magia, dell’astrologia e dell’alchimia. Nel Vangelo arabo siriaco dell’infanzia si narra di "Magi venuti a Gerusalemme come Zaradusht (Zoroastro) aveva predetto". Da quello armeno apprendiamo che erano tre: "subito un angelo del Signore si recò nel paese dei Persiani per avvertire i Re Magi che andassero a adorare il neonato. E costoro, guidati da una stella per nove mesi, giunsero a destinazione nel momento in cui la Vergine diventava madre... i Magi erano tre fratelli: il primo, Melkon, regnava sui Persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli Indiani, il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli Arabi... Oltre ai doni portarono libri scritti e sigillati dalle mani di Dio... Dissero poi a Erode: la testimonianza che noi possediamo non viene né da uomo né da altro essere vivente. È un ordine divino, concernente una promessa che il Signore ha fatto in favore dei figli degli uomini, che noi abbiamo conservato fino a oggi". Quando Erode chiede loro del libro - sempre nel Vangelo armeno dell’infanzia - rispondono: "Nessun altro popolo lo conosce. Solo il nostro ne possiede la testimonianza scritta. Il Signore lo diede ad Adamo alla nascita di Seth che lo trasmise ai suoi figli ed essi ai loro, di generazione in generazione fino ad arrivare a Melchisedech che lo diede a Ciro, re di Persia". Tale narrazione presenta tratti in comune con altre credenze, una delle quali vedeva nei Magi gli eredi di Zoroastro in possesso di un libro attribuito a Seth che conteneva profezie circa l’apparizione della stella e istruzioni sui doni da offrire al Salvatore.

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Nella tradizione orientale la parola mag da cui mago, significa letteralmente dono ed esprime un particolare valore religioso, come citato nelle Gàthà dell’Avesta, i libri sacri dello Zoroastrismo. Lo stato di mag implica la separazione tra materia e spirito per cui il mago, attraverso l’elevazione, consegue un’illuminazione che gli permette di accedere alla Conoscenza. I Magi, in origine una tribù dell’etnia dei Medi e poi una casta sacerdotale iranica, erano gli eredi della parte orientale dell’Impero di Alessandro in cui il sincretismo aveva permesso di raggiungere un elevato grado di cultura. Essi erano al di sopra di qualsiasi altro sommo sacerdote. L’attesa del Salvatore era diffusa in tutto il Vicino e Medio Oriente. Se si pensa al culto di Mitra, di derivazione iranica, ma intriso di elementi anatolici e caldaici, l’analogia con le profezie di matrice occidentale appare evidente: Mitra, figlio del Sole e Sole egli stesso, era considerato il futuro restauratore del cosmo nella pace e nell’armonia. Nel mio scritto sul Natale ho spiegato come tutti i culti dell’epoca vedessero al centro un Salvatore luminoso.

Erodoto e Stradone ritenevano che i Magi fossero seguaci di una divinità femminile. Nel sarcofago risalente al IV sec., conservato nella chiesa di Santa Maria dei Miracoli a Milano, essi seguono una stella, raffigurata da una croce in un cerchio. Tale simbologia, utilizzata quale pianta architettonica per eccellenza del Battistero cristiano, rimanda al principio divino femminile, alla Grande Madre, così rappresentata nella civiltà degli Sciti e in quelle del Mediterraneo orientale.

Nella parete destra della navata centrale della chiesa di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, è possibile ammirare una raffigurazione dei Magi che guidano la processione delle Vergini, dirigendosi al cospetto della Madonna. Matteo stesso, come detto in apertura, fa riferimento non solo al Bambino, ma anche a Maria.

cms_5264/3.jpgLa festa liturgica dei Re Magi è stata istituita nel giorno dedicato a Iside, a Holla, a Frigg, Fulla e a Berchta, nonché al battesimo di Osiride. In Iran si celebrava Anàhità, dea lunare connessa alla fertilità. Gli gnostici basilidiani celebravano invece il Battesimo di Gesù. Tale data assumeva per questi ultimi un significato importantissimo: essi credevano che l’Incarnazione del Cristo fosse avvenuta non nel giorno della nascita, bensì in quello del battesimo e il 6 gennaio era la data paleoegizia del Solstizio Invernale durante la quale si celebrava il nuovo sole. Le Chiese orientali adottarono la festa gnostica, trasformandola in quadruplice celebrazione (nascita del Cristo, adorazione dei Magi, Battesimo e primo miracolo a Cana). Tà Epiphánia ierá, "le feste della manifestazione", giunsero, intorno al IV secolo, prima in Occidente e poi, agli inizi del V, a Roma, dove divennero al singolare Epiphania per ricordare la venuta dei Magi.
Come sempre accade, i riti e le tradizioni pagane convivono con le solennità cristiane, fino talvolta a fondersi in esse. Come i Magi offrono al bambino divino i propri doni, la Befana li porta ai piccoli del mondo, scendendo per la cappa del camino a cavallo della sua scopa inforcata al contrario, per sottolineare che non è una strega.

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Berchta, Holla, Frigg e Fulla sono divinità legate al fuoco. Non a caso la nostra vecchina è correlata al camino, emblema del focolare domestico. Tra i Celti era usanza trarre auspici sulla qualità del raccolto o sulle condizioni di un malato, praticando in questa magica notte rituali con il fuoco. Colei che appare nella dodicesima notte dal Natale, chiudendo le feste legate al Solstizio, nulla ha a che fare con l’Epiphania, se non nel nome derivante dall’aferesi del latino Epiphanía appunto, che diviene Pifania e poi Befana.

Madre Natura giunge alla fine del suo ciclo e, morente, sparge i suoi doni preziosi, prima di rinascere, nelle vesti della giovane Primavera. La Befana porta frutta secca, considerata presso i Romani, strenna di buon auspicio, noci, simbolo di fertilità, e carbone, che, oltre ad esprimere la forza del fuoco, è un vero e proprio amuleto. Presso le popolazioni nordiche è un dono delle fate che preserva dai malanni e dalle disgrazie.

Attilio miani

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