Il caffè pedagogico

Il lavoro che “salva” i detenuti

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Mentre la riforma del sistema penitenziario giace nei meandri dei “palazzi che contano”, appesa ad un filo, tanto da rischiare l’archiviazione, nella pratica le numerose associazioni prendono in carico il destino dei detenuti e, principalmente attraverso il lavoro, prevengono suicidi e recidive.

Una di queste associazioni di volontariato, Semi di Libertà Onlus di Roma, ha recentemente dato vita al Festival dell’Economia Carceraria, consistente in una serie di laboratori di idee e progetti, il cui fine è quello di dare un segnale forte per ripensare in modo efficace le attività svolte nelle strutture detentive.

cms_9422/2v.jpgIl lavoro e la formazione sono visti nella loro potenzialità riabilitativa e rieducativa, portatori di valori che restituiscano la dignità alla Persona.

Il responsabile della onlus, Paolo Strano, sostiene: «L’economia carceraria ha tutto il potenziale produttivo per contribuire alla crescita del Paese. E’ un business virtuoso, pulito, solidale, dall’alto valore sociale e rigenerativo. Perché ogni cosa che viene generata nel carcere è sinonimo di qualità ed ha nella sua anima un valore aggiunto, quello del riscatto sociale e della scommessa su se stesso, è un prodotto di valore, e valori».

Secondo una ricerca dell’associazione Antigone, vi è un’elevata percentuale di recidive - circa il 39% - tra i detenuti rilasciati nel 2007 e, sempre a giudizio dei referenti dell’associazione, si potrebbe ovviare a questo pericoloso fenomeno mediante un’adeguata formazione che garantisca una “riabilitazione sociale” una volta scontata la pena.

cms_9422/3v.jpgAnche la tematica dei suicidi in carcere - nel 2018 si registrano già 17 casi - può essere affrontata in termini di “percorso riabilitativo” durante l’esecuzione della pena.

Secondo il Garante nazionale per le persone detenute, parlando di un suicidio avvenuto nella casa circondariale di Pescara, si tratterebbe di un episodio “messo in atto da una persona detenuta con molti precedenti di autolesionismo, anche recentissimi, che rispondeva di reati con un cumulo di pena non alto e che entro un anno si sarebbe portato a termine. […] Ciò invita a riflettere sull’esecuzione penale in termini non ideologici o dettati dalla volontà di trasferire sul carcere le insicurezze sociali. Invita a non abbandonare il cammino intrapreso di pieno rispetto della finalità costituzionale della pene, perché esso rappresenta l’unico percorso per garantire l’effettiva sicurezza della società esterna e al contempo la tutela dei diritti fondamentali delle persone recluse”.

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Un esempio di Economia carceraria è stato realizzato a Palermo ad opera della cooperativa sociale Rigenerazioni onlus. Denominato “Cotti in fragranza”, il progetto consiste in un laboratorio per la preparazione di prodotti da forno di alta qualità, commercializzati nel territorio locale e nazionale.

L’elenco di iniziative analoghe, per fortuna, è lunghissimo: l’auspicio è che questi progetti siano sempre più numerosi al fine di offrire a chi per svariate ragioni è detenuto in un Istituto di pena una seconda chance, una volta scontato il debito con la legge, di re-inserimento nella società.

Lucia D’Amore

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