Il Patriarca di Costantinopoli riconosce l’indipendenza della chiesa ucraina

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Negli anni ‘50, essere cittadini greci in terra turca non doveva essere affatto semplice. Noi tutti conosciamo le violenze della guerra che fra il 1919 e il 1922 ha logorato queste due nazioni; ma, soprattutto, sappiamo che se tale guerra dal punto di vista materiale ha avuto fine col trattato di Losanna, sul piano culturale, viceversa, non è mai finita davvero. L’odio, l’ostilità e la diffidenza che il popolo turco e quello greco hanno reciprocamente coltivato si sarebbero prolungati nei decenni a venire come un’eco al seguito di un grido.

Tuttavia, non sempre la diversità etnica rappresenta una barriera insormontabile. Già, perché nell’Anatolia degli anni ’50 c’è stato un ragazzo che, munito delle armi della cultura e della spiritualità, è riuscito a superare qualunque pregiudizio legato alle sue origini elleniche, nonché al fatto di essere figlio di un immigrato greco. Quel ragazzo si chiamava Dimitrios Archontonis.

Fin da subito, fu chiaro che il nazionalismo, al pari di qualunque altra corrente affine, gli fosse quantomai indifferente: per lui ciascuna cultura poteva essere egualmente fonte di apprendimento e di saggezza. Non a caso, infatti, negli anni seguenti avrebbe appreso ben sette lingue differenti (greco, turco, italiano, latino, francese, tedesco e inglese). Ma il suo grande interesse era un altro, ed era quantomai incontenibile: la religione. Per Dimitrios, la religione non era soltanto una forma di superstizione ma una ragione per cui vivere; era una costante ricerca della verità basata sullo studio delle opere classiche e della teologia. In questo senso, non vi è da stupirsi, se giunta l’adolescenza, decise d’iscriversi al Liceo-Ginnasio di Istanbul. Negli anni a venire, grazie alle borse di studio del Patriarcato ecumenico ebbe la possibilità di approfondire i suoi studi in Svizzera, in Baviera e a Roma, dove conseguì un dottorato presso l’università gregoriana con una tesi sulla codificazione dei decreti canonici nella chiesa Ortodossa.

Inutile dire che, una volta completato il suo percorso accademico, ebbe ben pochi dubbi prima di prendere i voti. La sua “carriera ecclesiastica” si rivelò fulminea e sorprendente al tempo stesso: in meno di dieci anni, ebbe modo di diventare prima diacono, poi presbitero e infine archimandrita, un titolo che nelle chiese ortodosse spetta al leader di una congregazione monasteriale.

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Ad ogni modo, fu solamente nel novembre del ‘91 che la vita di Dimitrios subì una svolta definitiva. Dopo quasi vent’anni di Patriarcato, venne meno il leader indiscusso della chiesa ortodossa. Un uomo che, per un curioso scherzo del destino, si chiamava esattamente come il nostro protagonista: Dimitrios I. La notizia ovviamente sconvolse l’intero panorama mediorientale, ma non vi fu neanche il tempo di riprendersi dal trauma prima che si presentasse impellente l’esigenza di trovare un sostituto. Forse a causa dei propri ottimi rapporti con i turchi, o forse più semplicemente per la propria intelligenza, fu proprio Dimitrios Archontonis a venire eletto nuovo Patriarca. Quel ragazzo, a lungo considerato uno straniero, era ora divenuto una delle figure più importanti dell’intera Istanbul.

Nella giornata di ieri, Bartolomeo I (questo il nome scelto da Dimitrios una volta insediatosi) è tornato a far parlare di sé. Con il suo comunicato sinodale, ha infatti decretato l’indipendenza della chiesa ortodossa ucraina da quella russa. Una decisione resa possibile dal fatto che, secondo una consuetudine millenaria, il Patriarca di Costantinopoli gode di una maggiore autorevolezza rispetto ai patriarchi stranieri, venendo definito dalla tradizione ortodossa “il primo fra i pari”.

Pur essendo una decisione apparentemente banale, in realtà essa potrebbe avere delle significative ripercussioni sul piano geopolitico: le autorità russe, negli anni passati, avevano più volte approfittato della propria egemonia sulla chiesa ucraina per esercitare pressioni sulla popolazione locale, uno strumento che d’ora in avanti sarà loro negato. Inoltre, soltanto poche settimane fa il Patriarca di Mosca Kirill aveva preannunciato che in caso di una decisione di questo genere avrebbe reagito interrompendo qualunque rapporto con il Patriarcato di Costantinopoli. Probabilmente non si arriverà ad una vera e propria scissione come quella che divise il mondo cristiano nell’XI secolo, ma potremmo non andarci neppure troppo lontani.

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Ad opporsi alla decisione, oltre ovviamente a Mosca, anche la Chiesa di Antiochia, benché le motivazioni di quest’ultima potrebbero essere principalmente legate ad un’antica disputa legata a una piccola parrocchia nel Qatar. In altre parole, la loro non sarebbe che una semplice ripicca. Bartolomeo, ad ogni modo, non sembra intenzionato a fermarsi qui: al contrario, ha già dichiarato che valuterà con altrettanta attenzione gli appelli indipendentisti delle chiese autocefale di Filarete e Makarios.

Inoltre, nel documento viene anche revocata la disposizione sinodale del 1686 attraverso la quale si autorizzava Mosca a nominare il metropolita (un grado intermedio tra Patriarca e arcivescovo) di Kiev. Il sinodo ha poi lanciato un appello informale a tutte le parti in causa affinché evitino di occupare con la forza le chiese e, più in generale, i possedimenti dei propri “vicini-rivali”.

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Le prossime settimane saranno indubbiamente decisive per comprendere se tale separazione potrà rivelarsi in qualche modo pacifica o se, come temono alcuni, si paleseranno divergenze sociali e dogmatiche. Secondo le ultime indiscrezioni, molti dei più giovani membri del clero ucraino avrebbero chiesto segretamente di poter gestire in prima persona questo delicato momento di transizione, forse proprio perché ritengono di essere in qualche modo estranei a tutte quelle tradizioni e a quegli schemi ideologici che potrebbero complicare il percorso. Di certo, quella che si profila innanzi a Bartolomeo rischia di essere la sfida più affascinante e al tempo stesso più delicata della sua ormai quasi sessantennale carriera ecclesiastica. Al Patriarca, nei prossimi giorni andranno tutte le nostre attenzioni e, cosa forse da lui più gradita, le nostre preghiere.

Gianmatteo Ercolino

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