Il Papa nella terra di don Tonino
Il "Vescovo che sapeva di popolo"
Minuti interminabili, lì su quella tomba “che non si innalza monumentale verso l’alto, ma è tutta piantata nella terra”, avvolti dal rumore del silenzio e da quella forza misteriosa, che illumina la mente, quasi a voler disegnare un quadro, che, per quanto ancestrale, porta il Santo Padre al “dialogo Divino” con il Vescovo della ‘Chiesa del grembiule’.
Chissà quante cose si saranno dette, nel silenzio del tempo, Papa Bergoglio e Don Tonino Bello in quell’incontro contemplativo “degli amorosi sensi”, mentre il vento muove le piccole bandiere arcobaleno, quasi a ricordare la forza con cui don Tonino si era impegnato per la pace.
Testimone prezioso, quel mazzo di fiori gialli e bianchi a contrassegnare un momento di preghiera privato, toccante per il silenzio e il raccoglimento.
Molfetta, ore 11:05. Il Papa giunge nella cittadina del barese con notevole ritardo, ma ancora tanta voglia di abbracciare il popolo che lo attende fin dalle prime luci dell’alba. Il giro in papamobile è rinviato, per prima cosa il Pontefice celebra la messa. Ancora una volta, il vero protagonista è Don Tonino Bello, che attraverso le parole di Francesco continua a diffondere il suo messaggio di pace e speranza. È lo stesso Santo Padre ad avergli chiesto di illuminare, dall’altro della sua vicina beatitudine, la strada della Chiesa, densa deviazioni, bivi e tortuosi percorsi. Sono tempi difficili; oggi più che mai, il messaggio del Vescovo può farsi guida sicura, faro dell’immenso mare delle temperie di questo tempo.
"La pace non viene quando uno si prende solo il suo pane e va a mangiarselo per conto suo. La pace è qualche cosa di più, è convivialità" ricorda il Santo Padre. E ancora: "Siamo chiamati ad amare ogni volto, a ricucire ogni strappo; ad essere, sempre e dovunque, costruttori di pace". Parole affatto banali, che rispecchiano l’esigenza moderna di uscire dal tunnel dell’individualismo che, oramai, sembra averci risucchiati. È una galleria oscura, da cui potremo uscire solo guardando all’altro, incontrando il suo sorriso e ricambiandolo con sincerità. Da tempo camminiamo con lo sguardo fisso sulla strada, gli occhi e il cuore colmi di un ego ipertrofico e inaridito. Abbiamo bisogno di sollevare il capo per scorgere gli immensi orizzonti dinanzi a noi, popolati da altre anime con cui condividiamo paure e speranze. Francesco esorta a "rialzarsi sempre, guardare in alto, perché l’apostolo di Gesù non può vivacchiare di piccole soddisfazioni" ed "andare, uscire, nonostante tutti i problemi e le incertezze". Nessuno meglio di don Tonino può insegnarci ad essere "Cirenei della gioia", come lui stesso amava ripetere. Far spuntare il sole in un mondo di nubi non è facile, così come aprire un cuore "blindato" dalle batoste della vita, diffidente ed evitante nei confronti delle novità.
Il "Vescovo che sapeva di popolo", così vicino al nostro papa Francesco, potrà alleggerire il peso di questi anni difficili con le sue parole, le sue azioni, il suo sorriso che ricordiamo ancora con immenso affetto e tenerezza.
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