I BARI E LE REGOLE DEL GIOCO NELLA FLAGELLAZIONE DI CRISTO (Parte II)

Piero della Francesca

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Molto più difficile decifrare la parte a destra della Flagellazione, quella contemporanea agli eventi e forse riferita al Concilio di Mantova. Per secoli ci si è interrogati sull’identità dei tre personaggi in primo piano, avanzando mille ipotesi. I tre personaggi in primo piano sono legati all’evento a sinistra del Concilio di Ferrara, il filo rosso che unisce è il personaggio dalla barba a doppia coda, che lo segnala come bizantino, che nella tavola di Piero, visto da tergo si trova anche al Concilio del 1438, dove è a piedi nudi e non ha il mantello color porpora, giovane assiste al Concilio di Ferrara e venti anni più tardi a quello di Mantova ormai porporato e imperatore. Chi è il personaggio se non Tommaso Paleologo, che giovane assistette al Concilio di Ferrara come accompagnatore e venti anni più tardi a quello di Mantova come imperatore bizantino? Il Concilio di Mantova in cui Pio II si adoperava per una nuova crociata contro i turchi.

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Tommaso Paleologo, ultimo despota di Morea ed erede al trono di Bisanzio, dopo la morte del fratello Costantino XI (1453), torna in Italia per chiedere aiuto, con un dono prezioso, fa scalo a Patrasso per recuperare le reliquie di Sant’Andrea, resti sacri accolti con ovazione dagli occidentali. Tommaso Paleologo fu despota di Morea dal 1428 fino alla conquista da parte degli ottomani, avvenuta nel 1460. Tommaso divenne il legittimo pretendente al trono di Bisanzio, titolo che poté ottenere con il sostegno di Papa Pio II e con la sconfitta del fratello Demetrio che si era alleato con i turchi. Quando poi i turchi conquistarono anche la Morea, Tommaso fuggì con la sua famiglia in Italia, dove già era riconosciuto come erede legittimo dell’Impero bizantino, si recò a Roma alla corte di Papa Pio II dove si convertì al cattolicesimo. Nel 1472 papa Paolo II organizzò a scopi politici il matrimonio fra la figlia di Tommaso, Zoe Paleologa (che cambiò nome in Sophia) e il principe Ivan III di Russia, con la speranza di far diventare la Russia un paese cattolico. Il matrimonio venne celebrato, ma l’unione delle chiese non avvenne poiché i russi non intesero cambiare religione. Ciò nonostante, in virtù di questo matrimonio, Mosca cominciò a seguire relativamente la politica Imperiale di Bisanzio e si fregiò del titolo di terza Roma. Il bisnipote di Tommaso sarà poi Ivan IV di Russia, il primo Imperatore o zar della Russia chiamato con questo titolo, ma questa è un’altra storia. Dunque Tommaso era presente nel Concilio del 1438 come accompagnatore, scalzo e non porporato e a quello del 1459 come imperatore senza regno, indossando il mantello cremisi, chiedendo aiuto per riconquistare Costantinopoli ormai caduta in mano ai turchi e “dialoga” non con Oddantonio che è stato ucciso, nel 1444, ma con Federico che non ha nessun interesse per l’Oriente, mentre i Malatesta, cui Oddantonio era molto legato, erano innestati nell’albero genealogico dei Paleologhi, con il matrimonio (1420) avvenuto tra Teodoro II Paleologo e Cleopa Malatesta (poi deceduta guarda caso prematuramente e misteriosamente).

cms_19618/f3v.jpgProbabilmente Oddantonio fu ucciso su ordine dal fratello Federico che in effetti non era suo fratello perché figlio di Bernardino Ubaldini della Carda, grande capitano di ventura (ritratto da Paolo Uccello nel ‘Disarcionamento di Bernardino della Carda’, tela del trittico Battaglia di San Romano) che lascerà il suo esercito ai figli. Federico inizialmente legittimato come figlio da Guidantonio da Montefeltro poi delegittimato alla nascita di Oddantonio. In questo labirinto dinastico, se a sinistra troviamo Tommaso Paleontologo al centro Oddantonio come odierno Cristo ( Oddantonio oltre che ucciso fu calunniato, offeso gravemente all’onore e alla dignità, si disse fosse un depravato e per sottolineare ciò, dopo la morte il suo corpo fu oltraggiato in modo sconcio, questa efferatezza probabilmente fu attuata per distogliere l’attenzione di chi avrebbe beneficiato della morte di Oddantonio, che aveva solo 17 anni e che quindi tanto depravato non doveva essere, oltretutto occorre ricordare che Federico e suo fratello Ottaviano erano abili nelle tresche, più tardi infatti ebbero una parte anche nella Congiura dei Pazzi) a sinistra non può esserci che Federico, vestito coi colori e i simboli della sua casata, blu con ricamato in oro il cardo selvatico o suo fratello Ottaviano.

cms_19618/4v.jpgDopo il delitto di Oddantonio, Federico diventò conte di Urbino e volle accanto a sé il fratello Ottaviano che fece diventare Urbino, centro delle arti, con la sua stupenda Biblioteca ammirata da tutti i mecenati del Rinascimento. I due fratelli, chiamati anche Dioscuri di Urbino o principi dell’Umbria erano soliti raffigurarsi coi propri simboli, Ottaviano con un libro aperto e chiuso e il ramo d’ulivo alludendo alla sua grande cultura ma anche (con il libro chiuso) alle cose segrete dell’alchimia, era infatti appellato il Mago della Carda; Federico con i simboli delle armi di principe vittorioso. Il fratello Ottaviano aveva lasciato la sua parte di esercito, ereditata dal padre, a Federico. Potremmo anche dire che Ottaviano era la mente e Federico il braccio. Tommaso Paleologo conosce i retroscena sulla morte di Oddantonio, ma Federico o suo fratello Ottaviano si presenta con la testa rasata, che evoca San Paolo, (l’apostolo è descritto come calvo, inoltre i monaci ortodossi usavano portare la tonsura completa chiamata appunto paolina) pentito e convertito e Tommaso e gli altri principi credono a Federico, che nel frattempo è diventato uno dei Signori più importanti del Rinascimento.

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Mentre Il Malatesta è assai in tempesta col papa, addirittura viene scomunicato, eppure l’unico che partirà per la crociata di Pio II sarà Sigismondo Malatesta. La sfortunata crociata in Morea, in cui il Malatesta, ormai sconfitto, riporterà a Rimini per inumarli in un’arca del Tempio malatestiano, i resti di Giorgio Gemisto Pletone, filosofo neoplatonico bizantino, che visse in Morea alla corte Di Tommaso Paleologo, fondando una scuola filosofico-religiosa di tendenze neoplatoniche a Mistra, l’antica Sparta, e che influì sulla riscoperta di Platone nella cultura umanistica del primo Rinascimento. La tavola di Piero della Francesca alla fin fine ci rammenta che i potenti di allora per governare il loro orticello non esitarono a scatenare lotte fratricide sia a Bisanzio, che in Ungheria, che nel Montefeltro. Ieri, come oggi quelli che più sanno barare e più intrigare e infangare alla fine vincono e il loro nome viene impresso in oro sui libri della storia anche se per ottenere ciò flagellano di continuo Cristo

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I BARI E LE REGOLE DEL GIOCO NELLA FLAGELLAZIONE DI CRISTO (Parte I)

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Paola Tassinari

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