IN ATTESA DEL DODICESIMO PRESIDENTE

SPERIAMO DI NON CADERE DALLA PADELLA NELLA BRACE

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Se davvero i nostri governanti lo volessero, la tanto attesa dimissione del Presidente Napolitano potrebbe rappresentare la vera fine della prima Repubblica e contestualmente un momento di “rinascita” nazionale. Da molti soprannominato “Re Giorgio”, amato da alcuni e vituperato da altri, ha rappresentato per tanti un momento piuttosto particolare per la storia d’Italia , visto che persino Papa Francesco lo ha definito un saggio illuminato. Bisogna pur ammettere che G. Napolitano sia stato nella storia della Repubblica l’unico Presidente a essere rimasto in carica per due mandati consecutivi.

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Da qualche giorno è cominciata la girandola del toto Presidente. Le voci che circolano non sono tra le più tranquillizzanti. Si parla al maschile di Giuliano Amato, di Romano Prodi, di Walter Veltroni, di Piero Fassino, di Pier Luigi Bersani o addirittura di Castagnetti, mentre al femminile circolano, con sempre più insistenza, i nomi di Laura Boldrini, di Roberta Pinotti o dell’ex ministro Paola Severino. Se queste sono le previsioni c’è poco da stare tranquilli. Come se non bastasse si vocifera che tra i potenziali candidati vi fosse il nome di Roberto Benigni. Ma siamo al Parlamento o su scherzi a parte?Tutti noi ci aspetteremmo un Presidente giovane, preparato, lontano dai poteri di palazzo, che non solo sia un arbitro imparziale oltre che custode delle regole Costituzionali ma che sia un “vero garante” per tutti i partiti dell’arco Costituzionale. Mi auguro, altresì, che chiunque vada a prendere il suo posto al Quirinale, dopo le prossime elezioni politiche, non si arroghi il diritto di designare personalmente presidenti del consiglio-tecnici non eletti dal popolo sovrano. L’esperienza passata ha lasciato in tutti noi ferite profonde, leggi Monti e/o Fornero.

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Certo che il rischio di dover rimpiangere il vecchio e dimissionario Giorgio Napolitano, vista la rosa dei papabili, è abbastanza alto. Prima di concludere vorrei raccontarvi che, negli anni sessanta, alcuni tassisti romani, vissuti durante il ventennio fascista, dopo aver visto la “Democrazia Cristiana”cominciare a fare pastetta con la sinistra, erano soliti ripetere “aridatece er puzzone” così come gridavano gli Italiani nel giugno del 1944 invocando un ritorno del Duce, dopo alcune ridicole epurazioni di presunti collaborazionisti come Beniamino Gigli. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, et terdia non datur! Insomma, cari governanti, ascoltate almeno per una volta il consiglio dei latini: se fate degli errori cercate di non ripeterli più di due volte.

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