IL TERRORE PIOVE ANCORA DALL’ALTO

Torna la “moda” dei sassi lanciati dai cavalcavia. Sempre più minorenni tra i colpevoli

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Nilde Caldarini, 62 anni, stava tornando a casa con quattro amici del suo gruppo di preghiera quando ha perso la vita, stroncata da un arresto cardiaco. Nel tragitto da Pontirolo Nuovo (Bergamo), dove aveva seguito con gli altri un incontro religioso, a Cernusco sul Naviglio (Milano), l’Opel Astra su cui viaggiava la comitiva è stata colpita da un sasso di 1,2 chili, che ha sfondato il parabrezza. Nessuno dei presenti è rimasto ferito, ma il forte spavento è bastato a porre fine alla vita della povera 62enne, che si trovava proprio sul sedile anteriore, accanto al conducente. “Morte come conseguenza di altro reato”, questa l’etichetta posta sul fascicolo della Procura di Milano, a cura della pm Silvia Bonardi. Secondo le prime ricostruzioni dei carabinieri del Comando Provinciale di Milano, che stanno tutt’ora effettuando le indagini, l’impatto sarebbe stato alquanto violento: l’oggetto contundente, che poi si è chiarito essere un pezzo di calcestruzzo, sarebbe stato lanciato da un terrapiano a 5 metri di altezza dalla strada provinciale 121, in località Cassano d’Adda. Il tragico episodio è avvenuto lo scorso giovedì, intorno alle 23:30, per mano di un folle sconosciuto, le cui tracce si sono perse nell’oscurità della notte, tra la nebbia e il terrore di tutti coloro che, per caso o consuetudine, sostavano su quel tratto di strada provinciale.

cms_7696/2.jpgL’ignoto trasgressore potrebbe essere accusato di omicidio colposo, se non di omicidio volontario con dolo. Ma, al momento, queste risultano essere solo vane ipotesi, in attesa degli ultimi accertamenti e di un’identificazione che, probabilmente, non avverrà mai. In una triste analogia con il noto detto popolare, i responsabili di tale atrocità “stradale” lanciano il sasso e ritirano la mano qualche attimo dopo, il tempo di dileguarsi, agendo indisturbati e seminando terrore nella popolazione. Come se di paura non ce ne fosse già abbastanza, tra calamità naturali, episodi di terrorismo e criminalità organizzata.

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I dati relativi al lancio di sassi dai cavalcavia, benché poco diffusi dai media, sono a dir poco preoccupanti. L’Asaps (Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale) ha registrato lo scorso anno ben 85 episodi simili a quello avvenuto giovedì, mentre nel 2017 siamo già a quota 63. Il bilancio è di soli 4 feriti: questo, forse, il motivo della scarsa attenzione di giornali e televisione. Ma quei sassi lanciati contro le autovetture, come proiettili impazziti in cerca di bersaglio, avrebbero potuto uccidere, e potranno farlo in futuro se non si porrà fine a questa pericolosa e ignobile “moda”, che sta rispolverando ricordi risalenti agli anni ’90. All’epoca, si arrivò a numerare i ponti e i cavalcavia più trafficati, in modo da facilitare i segnali d’allarme e le richieste d’aiuto dei poveri automobilisti. Come non ricordare il caso della piccola Maria Jlenia Landriani, di due mesi e mezzo, uccisa brutalmente da un sasso piovuto “dal cielo”, mentre dormiva tranquilla tra le braccia di sua madre. Era il 1986 e, seppur scioccante, lo si credeva un episodio isolato. Ma il peggio doveva ancora arrivare: la lista delle morti causate dai massi tra il ’91 e il 2005 fu lunga e vide coinvolti anche i passeggeri di alcuni treni. L’emulazione, unita alla follia omicida, la faceva da padrone, diffondendo una psicosi tutt’altro che infondata.

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Ad oggi, la situazione sembra ripresentarsi con le stesse modalità. Il dato più inquietante, oltre al gran numero di episodi registrati, è costituito dalle fasce d’età in cui si collocano gli aggressori che, stando alle statistiche, sarebbero in gran parte minorenni. Quest’anno, sarebbero stati colti in flagrante dalle forze dell’ordine 30 minorenni e solo 10 maggiorenni, così come nel 2016 (48 adolescenti sotto i 18 anni contro 13 adulti). A confermarlo anche le tante testimonianze degli automobilisti, importunati da gang di ragazzini che si divertono a lanciare sassi, come in un videogioco d’azione. “Transitando sotto il cavalcavia tra Pontevigodarzere e Altichiero, sono stato colpito da un sasso lanciato da una coppia di ragazzini di 12 anni circa, uno capelli scuri, uno di colore. – testimonia un padovano su Facebook – Ho frenato e la signora che mi seguiva, distratta dalla scena, mi ha tamponato. Il bilancio: due auto sfasciate, una persona portata in ospedale”.

cms_7696/5.jpgSemplici bravate o veri e propri omicidi volontari? La gravità dei fatti non è attenuata, bensì amplificata dalla giovane età dei responsabili. Eventi del genere segnalano quanto, oramai, la realtà quotidiana sia percepita come “virtuale” da grandi e piccini. La vita umana vale meno di un like sui social, meno dell’adrenalina che sale addentrandosi nelle vie del crimine. L’appagato istinto omicida alimenta un ego che ha bisogno di cure, svuotato da pensieri vacui e da valori solo fittizi. Uccidere e poi scappare, per far sapere al mondo che si è forti e in grado di disporre liberamente della vita degli altri, mettendo a tacere un latente complesso d’inferiorità, unito a un cumulo di insicurezze. Uccidere per sentirsi vivi, potenti, per guadagnare approvazione o rispetto: questi gli imperativi che animano alcuni adolescenti, così come anche alcuni over18, di una generazione in cui il terrore continua a “piovere dall’alto”.

Federica Marocchino

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