IL RUMORE DEI PANTALONCINI SCOLASTICI

La scuola che fa parlare di sé per futili motivi

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Fanno un rumore assordante, eppure sono leggeri e di tessuto morbido: sono i pantaloncini degli studenti, talmente rilevanti da riecheggiare a livello nazionale per una questione sollevata da qualcuno. “In classe posso andare in bermuda?”: questa domanda ha avuto più rimbombo di “Prof., sto andando bene?” “Prof., come posso fare per migliorare?” “Prof., aiutiamo il compagno in difficoltà?” “Prof., usciamo tutti come classe per socializzare con il nuovo alunno ucraino?” “Dirigente, vogliamo presentare quella bella iniziativa”.

Il ruolo educativo della scuola passa subito in secondo piano quando i giornalisti sono fuori dal cancello non per filmare o documentare un progetto realizzato a fatica dal personale scolastico, o per l’inaugurazione di un evento, ma per avere l’ultima parola sulla questione: pantaloncini a scuola sì o no?

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Per il gossip sono tutti pronti, come leoni da tastiera o squali, ad ingoiare ogni sillaba pronunciata, ma per la formazione e l’arricchimento scolastico no… per quello i giornalisti chiedono di fissare un appuntamento, e forse non troveranno mai tempo per documentarlo perché c’è sempre una notizia più importante - magari clickbait - su cui scrivere.

La scuola dovrebbe fare rumore, lo stesso rumore che ora, dopo due anni, risuona nelle aule e nell’atrio; lo stesso rumore che dovrebbe fare una nota disciplinare in una famiglia; lo stesso rumore che dovrebbe giungere a tutta la comunità scolastica per un traguardo raggiunto, come il recupero di uno studente a rischio di abbandono, il controllo delle emozioni per una ragazzina preda di un disagio familiare, la realizzazione e i risultati di un progetto PON, la possibilità dei ragazzi in uscita di essere orientati nel miglior modo possibile, un riconoscimento per uno studente che si è distinto, l’arrivo a scuola di sussidi didattici per chi ha bisogni speciali.

Invece ascoltiamo l’eco di una moda adolescenziale quando la scuola dovrebbe occuparsi della testa e del cuore e degli studenti, ormai privi di un punto di riferimento educativo congiunto.

Ivano De Luca

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