IL DUCE, I PARTIGIANI E ALTRE STORIE DI IGNORANTE FOLLIA
Le persone si attaccano alle ideologie come un cane al suo padrone e non c’è verso di costruire un dialogo basato su un sano ragionamento. Così si finisce per idolatrare miti senza tempo tra i quali spiccano il duce o, al lato opposto, i partigiani. Che poi, a voler dire, sembra più una lotta tra fazioni contrapposte che una guerra di ideali. Insomma l’importante è avere qualcuno a cui baciare i piedi con il piacere di poterlo seguire in quanto ammiratore privo di un equilibrato discernimento. Il punto è che la storia, nonostante sia un buco nero per molti, viene trasformata a proprio piacimento per dar vita a punti di vista personali tanto che il duce diventa leggenda e i partigiani degli innocenti salvatori. Sin dai tempi remoti l’ignoranza crea leader scellerati, sette di assassini e le peggiori pagine dell’umanità. Eppure la storia parla chiaro e con la rara umiltà di non elevare alcuno a salvatore perché la bontà è atipica nell’uomo, pure quando si veste di nobili idee. Se la storia è galantuomo, lo stesso non può dirsi dell’essere umano che spadroneggia con l’arroganza conferita da un potere usurpato e tiranneggiato. Ciò che importa è prevalere su tutti, soprattutto sul debole. Anziché imparare dal passato, si fanno passi indietro. La giornata della Memoria è vicina e nessuno si rende conto che certe storture continuano a ripetersi, la linea del tempo ruota come una biglia su stessa cercando di insegnare l’ovvio, ossia che il male è controproducente. Tuttavia le persone sembrano accecate dal pensiero di un tempo che fu, probabilmente diverso, secondo loro fatto di sola gloria. Non sanno che gli antichi romani, pur essendo un grande popolo, si sono macchiati di reati orribili. Inoltre, coloro che invocano il dittatore dimenticano che stare sotto una dittatura zittisce le bocche, chiude la mente, uccide la possibilità e abbatte la diversità. L’attualità lo insegna con clamore.
Chiedere a gran voce un nuovo Duce significa sottostare a qualcuno che decide l’esecuzione di un individuo in base a qualche voce sentita per strada o che magari uccide per un mozzicone buttato per terra. In poche parole significa sottomettersi all’anarchia del potere, situazione da cui la democrazia cerca da sempre di sfuggire. Invece gli accaniti sostenitori dei partigiani dovrebbero darsi una calmata pensando che non è oro tutto quel che luccica. Nessuno mette in dubbio che abbiano fatto qualcosa di buono, però d’altro canto si sono sottomessi allo stesso modus operandi del fascismo. A tal proposito urge ricordare la povera Giuseppina Ghersi, prima violentata, poi seviziata e umiliata e, infine, uccisa all’età di tredici anni dai partigiani comunisti a causa delle sue opinioni politiche. Ecco perché bisogna stare attenti a venerare quel che non si conosce: forse sarebbe meglio aprire un libro di storia e soffermarsi sui punti fondamentali mettendo da parte il proprio sentire, per osservare i fatti da un’ottica scevra di ignorante follia.
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