IL COLOSSO DI BARLETTA

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cms_21794/00.jpgFederico II, l’imperatore chiamato “stupor mundi”, nel novembre del 1232 arrivò a Ravenna. Le cronache riportano che per non intimorire la gente con parate militari, anzi per allietarla e divertirla, organizzò una sfilata di animali mai visti, elefanti, leoni, leopardi, cammelli ed uccelli rapaci che per molti giorni offrirono un bellissimo spettacolo.

L’imperatore, era a Ravenna perché attendeva la realizzazione di una dieta di principi tedeschi, le cose andarono per le lunghe, i principi non arrivavano, Federico che era appassionato ricercatore di antichità e impegnato nella “renovatio imperi”, avviò così dei veri e propri scavi nell’antica città bizantina, terra di re goti e di imperatori romani.

Anche Carlo Magno, aveva scavato a Ravenna in due occasioni: nel 784 e nell’801, prelevando e portandosi ad Aquisgrana, marmi, mosaici e una statua equestre di Teodorico.

Federico II asportò da Ravenna delle colonne dalla chiesa di San Michele, per decorare il suo palazzo di Palermo, parti di un antico tempio di Mercurio, unitamente a due colonne d’onice, altre cose preziose e forse anche il Colosso di Barletta. Questa statua, unica nel suo genere, nota anche come “il Gigante”, è oggi l’emblema di Barletta, il simbolo per eccellenza della città. Si tratta di una statua di bronzo, alta circa 5 metri, caratterizzata nei tratti fisiognomici, ieratica e possente, risalente a poco meno di millecinquecento anni fa.

cms_21794/0.jpg Fino a qualche decennio fa si pensava che il Colosso di Barletta rappresentasse l’imperatore Eraclio I. Studi recenti, però, hanno messo in campo un’atra ipotesi, che ha messo d’accordo gli storici e gli appassionati d’arte. Si pensa che la statua bronzea raffiguri l’imperatore d’Oriente Teodosio II (408-450), all’età di trentotto anni. Questa tesi è da considerarsi verosimile per la pettinatura, l’abito e la presenza di un gioiello di arte gota montato sul diadema, della fronte del colosso, che riconduce ad Elia Eudossia, madre dell’imperatore Teodosio II, considerata una “barbara” in quanto di origine franca. Licinia Eudossia, unica figlia dell’imperatore d’Oriente Teodosio II, (fu lei a chiamare a Roma il re dei Vandali Genserico, che causò il sacco della città nel 455, a seguito del quale venne rapita e portata in Africa), sposò l’imperatore d’Occidente Valentiniano III, figlio di Galla Placidia, a Costantinopoli, il 29 ottobre 437.

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Medaglione di Licinia Eudossia (422–493), figlia dell’imperatore Teodosio II - V secolo - Parigi

Il 6 agosto 439, fu insignita a Ravenna, dove nacque anche la sua prima figlia, col titolo di Augusta. Probabilmente in questa occasione fu eretta a Ravenna, davanti al nuovo palazzo di Valentiniano, una statua dedicata a Teodosio II, in segno di gratitudine, di riconosciuta superiorità, all’Augusta orientale e al suo onorato padre. La statua, fu eretta in concomitanza dell’entrata in vigore del Codice Teodosiano, avrebbe quindi rappresentato un simbolo concreto della ritrovata unità dell’Impero sotto un’unica legislazione generale e soprattutto cristiana.

Il Codice Teodosiano è una raccolta ufficiale di costituzioni imperiali voluta Teodosio II, elaborato per più di nove anni, entrò in vigore, sia nell’Impero Romano d’Oriente che in quello d’Occidente, il 1° gennaio 439. Il Colosso sarebbe, quindi, originario di Ravenna e portato in Puglia dietro ordine dell’Imperatore Federico II, il quale desiderava abbellire le città imperiali. Il Colosso, secondo alcune ricostruzioni, non era destinato alla città di Barletta ma a Foggia, Lucera o Melfi, per affermare l’autorità imperiale contro gli invasori saraceni. Ma, per ragioni non ancora chiarite, restò a Barletta dove, nel 1491, dopo una serie di vicissitudini, la statua fu rimossa dalla dogana portuale ed eretta proprio davanti alla Basilica del Santo Sepolcro, dove è possibile ammirarla anche oggi. L’Italia è un museo a cielo aperto, a ciò si aggiunge la capacità di narrazione delle genti italiche che rendono l’opera d’arte ancora più pregnante arricchendola di fabula.

cms_21794/3.jpg Una leggenda racconta che ai tempi delle invasioni saracene, Barletta subisse sovente attacchi e saccheggi, così un giorno la statua si animò, diventando un uomo, scese dal piedistallo e si avviò al porto dove rimase seduto ad aspettare.

All’arrivo dei nemici il gigante si mise a piangere sconsolato, gli invasori lo apostrofarono così: “Perché piangi sei talmente grosso e grande che certo non hai paura di nessuno.”

Il gigante rispose che era stato scacciato dagli abitanti poiché rispetto a loro era ridicolmente piccolo di statura e di stazza… i saraceni spaventati se la diedero a gambe levate e il gigante tornò al suo posto e ridiventò statua.

Interessante è notare i legami di Ravenna con Barletta, non solo per via del Colosso, ma anche per i cavalieri della famosa Disfida di Barletta, (fu una delle prime occasioni in cui un sentimento d’unità nazionale, vide la luce), che si ritrovarono a combattere nell’altrettanto nota Battaglia di Ravenna del 1512, che segnò la fine della cavalleria e spense quel barlume d’unità.

Paola Tassinari

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