IL CAFFÈ PEDAGOGICO

Loris Malaguzzi e il metodo Reggio Children

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Quando si parla di educazione scolastica, automaticamente ci si collega a Maria Montessori, il cui contributo alla Pedagogia è indiscutibile; vi sono tuttavia altri studiosi la cui ricerca ha orientato i programmi scolastici nel mondo, lasciando un’impronta che ancora oggi influenza positivamente il modus operandi nelle scuole di ogni ordine e grado. Tra questi Loris Malaguzzi, al cui pensiero innovativo si ispira la Reggio Children, un metodo in cui il bambino occupa una posizione centrale e la didattica (che potremmo definire quasi una “non didattica”, fondata su un metodo che è più un “non metodo”) è volta a svilupparne le attitudini, attraverso percorsi basati su creatività, fantasia, intuito, curiosità, spontaneità e piacere.

cms_7299/2.jpgNato a Correggio il 23 febbraio del 1920, Loris Malaguzzi – dopo aver conseguito la laurea in Pedagogia e aver frequentato diversi corsi di Psicologia - aderisce all’ambizioso progetto di un gruppo di gente comune di origine contadina e operaia che, in un piccolo borgo di campagna nei pressi di Reggio Emilia, decide di costruire e gestire una scuola per bambini. Da questa scintilla nasceranno in seguito altre scuole in periferia e nei quartieri più poveri della città, tutte autogestite.

Nel 1963 il Comune di Reggio Emilia comincia a organizzare una rete di servizi educativi che include l’apertura dei primi asili per bambini dai 3 ai 6 anni. Ciò costituisce un’importante pietra miliare, poiché per la prima volta in Italia la gente afferma il proprio diritto di fondare una scuola laica per bambini piccoli. «Una volta a settimana portavamo la scuola in città. Letteralmente, noi caricavamo noi stessi, i bambini e i nostri strumenti di lavoro su un camion e facevamo scuola, organizzando delle mostre all’aria aperta, nei parchi pubblici o sotto il portico del teatro comunale. I bambini erano felici. La gente guardava; erano sorpresi e facevano domande» ricordava Malaguzzi.

Nel gennaio del 1994 a Reggio Emilia, Malaguzzi muore improvvisamente. Lo stesso anno viene fondata "Reggio Children", centro internazionale per la difesa e lo sviluppo dei diritti e delle potenzialità dei bambini, basato sulla sua idea di educazione.

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Secondo il pedagogista emiliano, l’apprendimento non è automatico: i bambini impiegano le risorse di cui sono dotati, divenendo protagonisti del processo educativo e svolgendo un ruolo attivo nella costruzione e nell’acquisizione del sapere e del capire. Ne consegue che l’apprendimento è un processo auto costruttivo.

La scuola è quindi paragonabile a un cantiere o a un laboratorio permanente, in cui i processi di ricerca dei bambini e degli adulti si intrecciano in modo forte, spesso emotivo, vivendo ed evolvendosi quotidianamente.

La scuola, secondo Malaguzzi, deve essere un ambiente amabile dove bambini, famiglie e insegnanti vivano in armonia e dove lo scopo dell’insegnamento non sia produrre apprendimento, bensì costruire condizioni serene che favoriscano l’apprendimento stesso.

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Il Reggio Emilia Approach vede il bambino come portatore di diritti e di bisogni, basando gran parte del metodo sulle sue potenzialità e sulla sua capacità di costruzione della conoscenza.

In questo approccio non esiste una metodologia predefinita: si stabiliscono degli obiettivi finali, ma si procede per pianificazioni successive, riconsiderazioni di idee e degli obiettivi di comunicazione. Al bambino non vengono imposte delle strategie o delle metodologie per acquisire conoscenza: il piccolo è libero di scegliere il percorso più conforme alle proprie esigenze di apprendimento, coadiuvato dagli educatori nell’attuazione dello stesso.

Per questa ragione, si tratta di un approccio diverso dal sistema educativo-scolastico più diffuso, in cui la scuola è concepita e percepita come luogo fisico dove si svolgono programmi didattici volti alla trasmissione di conoscenze, per gradi, ai bambini da parte degli adulti.

Al contrario, secondo Loris Malaguzzi il bambino stesso è portatore e creatore di conoscenza allo stesso tempo: è fondamentale, quindi, lasciarlo libero di interagire con l’ambiente circostante, ascoltare i suoi pensieri e le sue riflessioni, coglierne il senso e stimolare l’ulteriore approfondimento dei suoi oggetti di interesse. Il piccolo è protagonista e direttore del proprio percorso di apprendimento. Qui si trova la differenza con il tradizionale metodo di educazione e istruzione, dove i bambini sono ricettori passivi delle “conoscenze” che i docenti trasmettono loro.

Inoltre, nel metodo Malaguzzi il bambino è considerato un “soggetto di diritti”: oltre al già menzionato diritto alla costruzione della propria identità e delle proprie conoscenze, ha diritto all’assistenza e alla guida da parte degli adulti, i quali dovranno essere pronti a espandere tutte le loro potenzialità valorizzando le capacità di socializzare, raccogliendo affetto e fiducia e appagando i loro bisogni e desideri di apprendere.

Gli insegnanti, la famiglia e gli ambienti della scuola, infine, devono essere formati e progettati al fine di rendere possibile la concretizzazione di questo tipo di educazione e apprendimento. E’ un approccio fondato sulle emozioni e sulla personalità che distingue un bambino dall’altro rendendolo un essere unico, portatore di diritti piuttosto che un “contenitore da colmare” con dottrine e saperi talvolta inutili.

Lucia D’Amore

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