HONG KONG SOTTO LO SCACCO DEL GIGANTE ASIATICO

Forte stretta sulla libertà di espressione

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I timori per la legge sulla sicurezza nazionale, la cui delibera è avvenuta in occasione del 23° anniversario dell’Handover, ovvero l’indipendenza di Hong Kong dalla Cina, con il passaggio da protettorato britannico a regione amministrativa speciale nella sfera di influenza di Pechino, si stanno rivelando giudiziosi e fondati. Sono mesi infatti che viene messo in atto un sistematico processo minatorio nei confronti della sfera delle libertà civili di una Hong Kong che ormai si prospetta un futuro profondamente diverso da quello a cui avrebbe contrariamente aspirato. Risale solo a ieri la notizia dell’arresto di 5 dirigenti della popolare testata sostenitrice del movimento pro-democrazia hongkonghese, Apple Daily, nei cui uffici hanno fatto irruzione gli agenti del Dipartimento di sicurezza della polizia di Hong Kong con accuse di “collusione con un paese straniero o con elementi esterni per mettere in pericolo la sicurezza nazionale”.

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In linea con le disposizioni della legge sulla sicurezza nazionale, la polizia di Hong Kong ha congelato asset per un valore di 2,3 milioni di dollari, all’Apple Daily. "La protezione della libertà di stampa a Hong Kong è appesa a un filo. Tutti i membri di Apple Daily rimarranno saldi e fermi al loro posto”, scrive il giornale in un messaggio rivolto ai lettori, “nonostante” -aggiunge- “la stretta mirata da parte del regime”. La Cina sta conducendo un intervento sempre più invasivo che mette sotto scacco il sistema di “un paese due sistemi” finora vigente nella regolazione dei rapporti tra Pechino e Hong Kong.

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Si pensi alla riforma elettorale varata a marzo dalla Cina e passata poche settimane fa in seno al Consiglio legislativo, ovvero il parlamento monocamerale di Hong Kong, che ridurrà la rappresentanza politica dei cittadini di Hong Kong e darà alla Cina il diritto di veto sui candidati. Banalmente il risultato di questa manovra politica sarà il conseguimento da parte della Cina del controllo delle elezioni e dello stesso parlamento. Nonostante infatti l’aumento del numero dei membri del Consiglio legislativo da 70 a 90, solo 20 tra questi saranno eletti direttamente dal popolo, 40 saranno scelti da un comitato controllato dal governo cinese e i restanti 30 da “collegi funzionali” che rappresentano industrie e gruppi di interesse storicamente favorevoli al governo della Cina.

Federica Scippa

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