GUIDO OLDANI

Il Realismo Terminale e i poeti aderenti

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cms_20684/1v.jpgGuido Oldani nasce in provincia di Milano precisamente a Melegnano nel 1947, oggi un poeta affermato e riconosciuto in abito internazionale per la sua poetica.

Ha pubblicato nella rivista scientifica “Acta anatomica”, ha collaborato con il Politecnico di Milano insegnando Tecnica della comunicazione. I suoi testi sono apparsi in numerose principali riviste letterarie del secondo Novecento, Alfabeta, Kamen. Ha all’attivo pubblicazioni come la raccolta Stilnostro del 1985 con prefazione di Raboni, la raccolta Sapone nel numero 17 di Kamen 2001, La betoniera edito Lieto Colle 2005 Il Cielo di Lardo che inaugura la collana Argani dell’editore Mursia nel 2008, Il Realismo Terminale (Mursia 2010) dove la visione della poesia e del mondo è connaturata ad una visione della natura simile agli oggetti e molti altri a seguire tradotti in inglese, polacco, tedesco, spagnolo, russo, arabo, rumeno, svedese, cinese, utzebero e haitiano. Collabora a quotidiani come l’Avvenire, La Stampa, Affari italiani, partecipa a trasmissioni televisive in Rai adatta testi per il teatro.

Nel 2014 insieme al poeta Giuseppe Langella ad Elena Salibra presenta al Salone del libro di Torino Il Manifesto del Realismo Terminale di seguito riportato.

A Testa in giù Manifesto del Realismo Terminale

cms_20684/2v.jpgLa Terra è in piena pandemia abitativa: il genere umano si sta ammassando in immense megalopoli, le “città continue” di calviniana memoria, contenitori post-umani, senza storia e senza volto. La natura è stata messa ai margini, inghiottita o addomesticata. Nessuna azione ne prevede più l’esistenza. Non sappiamo più accendere un fuoco, zappare l’orto, mungere una mucca. I cibi sono in scatola, il latte in polvere, i contatti virtuali, il mondo racchiuso in un piccolo schermo. È il trionfo della vita artificiale. Gli oggetti occupano tutto lo spazio abitabile, ci avvolgono come una camicia di forza. Essi ci sono diventati indispensabili. Senza di loro ci sentiremmo persi, non sapremmo più compiere il minimo atto. Perciò, affetti da una parossistica bulimia degli oggetti, ne facciamo incetta in maniera compulsiva. Da servi che erano, si sono trasformati nei nostri padroni; tanto che dominano anche il nostro immaginario. L’invasione degli oggetti ha contribuito in maniera determinante a produrre l’estinzione dell’umanesimo. Ha generato dei mutamenti antropologici di portata epocale, alterando pesantemente le modalità di percezione del mondo, in quanto ogni nostra esperienza passa attraverso gli oggetti, è essenzialmente contatto con gli oggetti. Di conseguenza, sono cambiati i nostri codici di riferimento, i parametri per la conoscenza del reale. In passato la pietra di paragone era, di norma, la natura, per cui si diceva: «ha gli occhi azzurri come il mare», «è forte come un toro», «corre come una lepre». Ora, invece, i modelli sono gli oggetti, onde «ha gli occhi di porcellana», «è forte come una ruspa scavatrice», «corre come una Ferrari». Il conio relativo è quello della “similitudine rovesciata”, mediante la quale il mondo può essere ridetto completamente daccapo. La “similitudine rovesciata” è l’utensile per eccellenza del “realismo terminale”; il registro, la chiave di volta, è l’ironia. Ridiamo sull’orlo dell’abisso, non senza una residua speranza: che l’uomo, deriso, si ravveda. Vogliamo che, a forza di essere messo e tenuto a testa in giù, un po’ di sangue gli torni a irrorare il cervello. Perché la mente non sia solo una playstation. Firmato Guido Oldani Giuseppe Langella Elena Salibra.

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Carla Abenante

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