GRILLO-CONTE:ALTOLA’ DEL GARANTE SU GOVERNO E 2 MANDATI
Meloni:’’Stop litigi e vediamoci’’ - Berlusconi: "Si vince solo uniti" - Letta a Meloni: "Quando si perde la cosa peggiore è far finta di niente" - Renzi: "si vince al centro"
Gelo tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte, nel confronto durato circa due ore all’hotel Forum. Un confronto a 360 gradi tra i due, ma lo scoglio su cui si è abbattuto l’ex premier è durissimo. Perché Conte, raccontano alcuni beninformati, si reca dal garante, nell’albergo a due passi dai Fori imperiali, anche per chiedere mani libere sul governo. E non perché intenda farlo cadere, viene puntualizzato, ma perché vuole le spalle coperte, anche dal garante, se le cose dovessero precipitare, con i parlamentari che chiedono scelte nette, e che si interrogano se abbia senso continuare ad andare avanti con il sostegno al governo. Non solo.
Grillo, che domenica aveva aperto alla ’micro deroga’ sul doppio mandato riconoscendo un’eccezione per un 5% di meritevoli, ha nel frattempo cambiato idea. O quanto meno, complice anche l’onda anomala di messaggi di deputati e senatori che si appellano al garante, resiste ad accelerazioni legate al caso Cancelleri in Sicilia -volto storico del Movimento che gli è tuttavia inviso- con la riserva da sciogliere entro e non oltre mercoledì. Una deadline che Grillo rispedisce al mittente, perché per ora non se ne fa niente. Con tutti i contraccolpi del caso sulla Sicilia. Conte va via dribblando i cronisti, arriva alla sede di Campo Marzio e evita le telefonate di diversi fedelissimi che lo chiamano per sapere come è andata.
Intanto Grillo all’hotel Forum, prima di recarsi alla Camera per un incontro con i parlamentari in cui ribadisce forte e chiaro il sostegno al governo e il no alla deroga ai due mandati, vede anche il tesoriere del Movimento, Claudio Cominardi. Una figura che al momento gli è molto vicina, ma c’è tuttavia chi non esclude che l’incontro sia legato anche alle difficoltà economiche in cui verterebbe il Movimento, complici le mancate restituzioni e la scissione, con l’uscita di 60 parlamentari dimaiani e oltre 2,3 milioni di euro in meno da qui a fine legislatura.
Alla presidente di Fdi, che rivendica di ’’aver fatto da traino al primo turno’’ alla coalizione, raccontano, non sarebbe affatto andata giù l’intervista rilasciata dal numero uno di via Bellerio domenica mattina contro Federico Sboarina a urne aperte. A memoria d’uomo non si ricorda un leader che rilascia dichiarazioni in silenzio elettorale per lanciare affondi nei confronti dei candidati che sostiene, fanno notare dalle parti di via della Scrofa.
Meloni non cita il ’Capitano’ ma non nasconde più di tanto la sua irritazione per quanto accaduto nella città di Romeo e Giulietta: ’’Trovo curiosa la polemica continua da parte degli alleati sul mancato apparentamento a Verona con tanto di attacchi al sindaco di centrodestra a urne aperte, mentre a Catanzaro Fdi sosteneva lealmente un candidato che pure ci aveva negato l’apparentamento".
Meloni mastica amaro per l’atteggiamento degli alleati (sotto accusa anche Fi che a Verona ha rotto l’unità appoggiando Tosi) ma forte dei sondaggi e del ’sorpasso’ sulla Lega al primo round delle comunali, pensa a come risanare la frattura lancia un appello all’unità per ’’evitare ulteriori divisioni’’ e chiede a Salvini e Silvio Berlusconi un vertice urgente per un chiarimento definitivo che, di fatto, certifichi almeno una tregua, perchè ’’non si può rischiare di mettere a repentaglio il risultato delle politiche’’.
La prima grana da risolvere per tentare di ripartire, avverte la leader di via della Scrofa, è il caso di Nello Musumeci. "Basta litigi, a cominciare dalla Sicilia’’, è il monito. Il segretario del Carroccio accoglie le parole della Meloni, ma glissa sulla partita siciliana: ’’Per me l’incontro si può fare anche domani, non è possibile perdere in città importanti perché il centrodestra si divide e sceglie di non allargarsi e di includere altre forze ed energie, per paura, per calcolo o per interesse di parte. Vediamoci e prepariamo la prossima squadra e il prossimo progetto di governo, subito, insieme’’.
"Per Meloni il Pd non ha vinto? Quando uno perde la cosa peggiore è far finta di non aver perso, perché poi non fa nemmeno l’analisi della sconfitta. Noi abbiamo subito sconfitte tante volte e troppo spesso non abbiamo analizzato la nostra sconfitta. Adesso è andata male a loro e la cosa peggiore per loro è far finta di niente". Così Enrico Letta al Tg1, all’indomani dei ballottaggi delle elezioni comunali 2022.
"Abbiamo fatte larghe alleanze ovunque e alla fine sono state vincenti - ha sottolineato il leader dem - Ora la cosa più importante per noi è essere consapevoli che questa vittoria, ottenuta ovunque da Sud a Nord, ci carica di responsabilità. Non si tratta di gioire o stappare bottiglie ma di sapere come usare questo credito di credibilità che ci è stato dato" e "noi vogliamo usare questo risultato positivo" delle amministrative "per far sì che l’agenda sociale sia molto più importante dentro l’agenda di governo".
"C’è bisogno di battere l’inflazione - ha rimarcato - e dare ai lavoratori una mensilità in più alla fine dell’anno grazie a una riduzione shock del cuneo fiscale, delle tasse sul lavoro. E’ una cosa che si può fare, c’è una larga intesa tra le parti sociali e in Parlamento. E la nostra proposta al governo è questa, facciamolo. Questa è la cosa migliore per dare fiducia agli italiani".
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"Ballottaggi. Crolla l’affluenza e questo impedisce di fare paragoni con le politiche: con l’affluenza al 40% è un film, con l’affluenza media delle politiche al 70% sarà un altro film". Lo afferma Matteo Renzi sulla E news. "Però - aggiunge il leader di Italia Viva -, bisogna essere intellettualmente onesti: se al primo turno aveva vinto la destra (da Genova a Palermo, da Aquila a Pistoia con qualche eccezione come Padova), al secondo turno è andata meglio la sinistra. Straordinari alcuni risultati: da Verona, dove Damiano Tommasi ha fatto un capolavoro, fino a Parma e Piacenza".
"La scelta di due candidati seri, come Guerra e Tarasconi, fin dal primo turno ha fatto la differenza. Interessante il dato lombardo: a Monza, dove le primarie sono state vinte da un candidato riformista, Pilotto, il centrosinistra batte il sindaco uscente. A Sesto San Giovanni, dove le primarie sono state vinte da un uomo della sinistra radicale, Michele Foggetta, il centrosinistra ha perso. Ragazzi: poche chiacchiere, si vince al centro. Se si presentano candidati molto caratterizzati sulle estreme, si perde", conclude il leader di Iv.
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