GIULIO CALEGARI: ARCHEOLOGO DELLA BELLEZZA

Giulio Calegari - per gli amici “Calega Jones” - è architetto, già docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Brera per il Corso “Archetipi dell’immaginario”.
Fondatore del Centro studi Archeologia Africana, è conservatore onorario della Sezione di Paletnologia del Museo Civico di Storia Naturale di Milano - per cui ha curato le spedizioni archeologiche dal 1983 - e dirige il periodico “Archeologia Africana – saggi occasionali”.
Autore di numerosi libri, è definito per il suo modo di lavorare ARCH-TISTA.
Per me, è l’archeologo della bellezza.
Giulio Calegari
Spieghiamo, anzitutto, cosa significa Arch-Tista.
Questo termine è la somma di due sue attività complementari: l’archeologia e l’arte.
“Sono architetto e artista per formazione. L’interesse per l’archeologia, invece, l’ho ereditata da mio padre e dai libri di Emilio Salgari - racconta. Ho sempre desiderato esplorare mondi diversi, tuttavia il gusto dell’avventura è sempre stato intrinsecamente legato al desiderio di esprimermi attraverso la pittura. Il termine “Arch-tista” è ironico e nasce in risposta ad un mio caro amico e collega rumeno, Dragos Gheorghiu, che ama definirsi “Art-cheologo”. Dragos si occupava di archeologia sperimentale mentre io ero sempre sul terreno, arrampicandomi e scavando ovunque.”
A fronte di questa sua attività frenetica, gli viene affibbiato il soprannome di “Calega Jones”!
I suoi ambiti scientifici di competenza sono la Paletnologia, l’Arte Rupestre e l’Etnoarcheologia. Giulio studia le culture preistoriche (quindi dall’inizio fino all’invenzione della scrittura) ma soprattutto studia l’archeologia dal punto di vista della bellezza.
“L’Etnoarcheologia è una disciplina relativamente giovane in Italia” - spiega. Se la paletnologia studia le le culture umane della preistoria, in stretto rapporto con la geologia, la paleontologia, l’etnologia, l’antropologia culturale e lo studio delle tradizioni popolari, l’Etnoarcheologia studia la cultura materiale, ovvero tutti i prodotti materiali dell’attività umana, utilizzando una metodologia archeologica.
Poi, l’archeologia sperimentale tenta di riprodurre manufatti, condizioni o addirittura l’esperienza del passato, per cercare di comprenderle.
“La mia vocazione è di diffondere queste due discipline, che non sono poi così distanti, perché l’archeologia e l’arte sono sempre state in dialogo tra loro - prosegue. Tutto sommato, però, queste discipline servivano più agli artisti che agli archeologi perché è facile immaginare come abbiano utilizzato i suggerimenti che venivano dall’archeologia per rivitalizzare le proprie creazioni.”
Sotto questo aspetto, Calegari ha una visione decisamente diversa da quella dei più: “Le discipline non devono contaminarsi: è una brutta cosa questo concetto del contaminare. Devono semplicemente dialogare suggerendosi delle cose, scoprendo che hanno un obiettivo comune pur percorrendo strade diverse.”
“Aperture all’immaginario”, un libro di Giulio Calegari
Autore di numerose pubblicazioni, ha curato, tra gli altri, i volumi “L’uomo e l’ambiente del Sahara preistorico” e “La religione della Sete” e pubblicato il “Repertorio dell’Arte Rupestre dell’Eritrea”. Ha scritto il libro “Ricette Atmosferiche. Una guida situazionista di Milano” (Sedizioni ed.) e il volume “Aperture all’immaginario. Tra archeologia africana e incertezza” (Quodlibet).
Giulio Calegari è stato anche professore di archetipi dell’immaginario.
“Questo concetto di archeologia della bellezza è un po’ più uno slogan che qualcosa da spiegare - racconta. Io rifiuto tutto ciò che è spiegazione denotativa: ecco perché mi sono allontanato dalla tipologia, dalla classificazione - che va benissimo per certi versi - ma ritengo che bisogna sforzarsi di mantenere, anche dopo anni di ricerche e di fortunate scoperte, l’entusiasmo. Lo stupore infantile di fronte a un reperto, a un oggetto, a una pittura, a una dimensione che ti rimanda in un “altrove”. E quell’altrove, da un lato è obiettivamente una spiegazione storica di quello che noi andiamo indagando - spiegazione che, del resto, deve sempre fare i conti con la nostra visione contemporanea. Dall’altro, rievoca lo stupore di avere tra le mani un manufatto di 400 o anche di 1000 anni fa. Questo stupore io lo ritrovo nell’Etnoarcheologia”.
L’emozione di scoprire reperti antichi, di coglierne il significato non soltanto dal punto di vista culturale ma anche artistico e sociale, rimettono nella giusta luce tutte le grandi invenzioni e le performance umane nel corso dei secoli.
“Pintaderas” by Giulio Calegari
“Se le scoperte sono importanti o no lo decidono la televisione, l’opinione pubblica e la scienza”, sostiene. Ma c’è di più.
Questo “di più” è sicuramente meno pubblicizzato ma non meno utile all’umanità per il suo evolversi in consapevolezza e in maturità esistenziale.
Nell’esperienza di Giulio Calegari emergono due momenti fondamentali: il primo è più legato alla ricerca bibliografica, diciamo “più a tavolino”. È il caso del suo studio sulle Pintaderas (timbri per il corpo), lavoro storico che ha fatto con il suo maestro, il professor Ottavio Cornaggia Castiglioni.
Il secondo, invece, è sul terreno. Dal 1983, Giulio è stato a capo di spedizioni archeologiche in Mali, dove ha avuto l’occasione di identificare un grande complesso di arte rupestre che, secondo le sue ricerche, era l’ultimo esempio di queste manifestazioni figurative arrivate fino a noi.
Un’altra grande scoperta - decisamente la più eclatante - fu il bassorilievo di Ba’attì Mariam (“La grotta di Maria”), in Eritrea. “Nessuno lo conosceva ed ho addirittura scoperto la sua versione pittorica - racconta. Al di là del reperto, mi impressionò il racconto dagli abitanti del luogo, che poi ho constatato di persona. In quella zona c’è un villaggio cristiano della chiesa etiope, i cui abitanti ritengono che quel bassorilievo sia la figurazione della Madonna con gli angeli. In segno di devozione, dopo aver pregato dinanzi a lei, grattano la roccia e la mangiano. Questo è molto interessante, perché dimostra che si tratta di un culto vivo. E se anche il bassorilievo non fosse nato per quello, continua ugualmente a rendere vivo quello spazio. Anche questo è archeologia della bellezza”.
“Appunti per un’autobiografia sotterranea” by Giulio Calegari
Presente in numerose collettive e personali, dalla fine degli anni ’60 Giulio Calegari sviluppa una ricerca artistica concettuale, dal chiaro riferimento archeologico, proposta in ambiti prettamente scientifici piuttosto che in gallerie o luoghi deputati all’arte.
“Ho preso una quarantina di buste di corrispondenza che mi arrivavano da personaggi o da Musei importanti e, dopo aver estratto la lettera - che conservo nell’archivio - ho usato la busta come veicolo immaginale - racconta. Su queste buste ho messo la latitudine e la longitudine del sito di provenienza mentre, all’interno, c’è un piccolo riferimento (foto, frammento, scritto) di quella località. Ogni busta racchiude un momento della mia esperienza archeologica e non deve essere aperta.
Un altro lavoro artistico che amo particolarmente è il “libro d’artista”, edito dal Pulcinoelefante. Non un libro d’arte ma un libro d’artista, il mio personalissimo libro. All’interno vi sono i resti di una sperimentazione archeologica e una frase: «Se il passato fosse sempre lo stesso, lo avremmo consumato tutto». Ecco, questo è l’aforisma dell’archeologo.”
Giulio Calegari, archeologo e poeta della bellezza, dà molta importanza alla parola. A questo punto viene da chiedersi: e l’immagine?
“L’immagine è importante quando non sostituisce la parola. La vera parola sa evocare l’immagine così come la vera immagine evoca la parola.” Niente di più, niente di meno. Un personaggio apparentemente sibillino il nostro Giulio ma che, in realtà, ci sfugge perché arrivato ad una sintesi “simbolica” dell’esistenza.
Quanti di noi hanno, come lui, il coraggio di rompere gli schemi e di trovare la propria strada? Di guardare la storia con i propri occhi e di interpretarla con la propria esperienza? Ci vuole coraggio ma, soprattutto, ci vuole amore.
Amore per un passato che continua a vivere nel nostro presente e che conserva le risposte a tutte le nostre domande.
L’intervista che segue è stata realizzata da “Tavoli HeArt” per la Social TV della storica Libreria Bocca di Milano, all’interno della splendida cornice di Galleria Vittorio Emanuele II.
La Libreria Bocca dal 1775 è locale Storico d’Italia con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
L’articolo è pubblicato su “International Web Post” che, nella persona del suo fondatore e direttore Attilio Miani, si fa portavoce della partnership tra un magazine di informazione internazionale e una libreria storica unica nel suo genere.
#socialtvlbocca
Dove trovare Giulio Calegari:
https://www.facebook.com/giulio.calegari
https://www.instagram.com/agacrile/
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