FOCUS D-MONDO
Essere visibile o essere invisibile? Che dilemma!

Aspettato tanto per vederti [...]”.
Come posso non canticchiare questo brano, molto famoso negli anni Sessanta, della eclettica artista e cantante Ornella Vanoni, senza pensare alle Paralimpiadi di Tokio 2020?
Ne ho parlato recentemente in un articolo sul portaleSUPERABILE INAIL, e anche se ormai da alcuni giorni i riflettori si sono spenti ed è calato il sipario sull’evento sportivo più importante al mondo, è impossibile dimenticare le sessantanove medaglie vinte dai nostri atleti italiani, in particolare la tripletta tutta azzurra nella competizione dei cento metri femminili con la giovanissima Ambra Sabatini – che ha addirittura ottenuto il record mondiale - Martina Caironi e Monica Contrafatto.
Ma adesso che le nostre amate campionesse hanno ottenuto la vittoria, che ne sarà di loro d’ora in poi? Passeranno inevitabilmente dalla visibilità a una condizione d’invisibilità?
Purtroppo, molti penseranno: questo è tutt’oggi un passaggio “scontato” per le persone con disabilità che sono costrette a subire nella vita di tutti i giorni le “occhiatacce” indiscrete degli altri.
Lo dice persino la stessa Alice Sabatini in un’ intervista rilasciata per la testata sportiva Eurosport: “Qualche giorno prima della gara, mi hanno tolto la protesi da cammino perché mi dava fastidio e ho dovuto utilizzare le stampelle […] Ho notato parecchi sguardi di pietà soltanto perché ero una ragazza senza una gamba e con le stampelle: ‘Se sapeste quanto corro, forse mi guardereste in un altro modo”.
C’è da considerare un altro aspetto però: com’è lo sguardo dello spettatore sugli atleti con disabilità?
Mi viene da dire, infatti, che esistono molteplici sfumature di visibilità!
Sicuramente quella offerta dalle Paralimpiadi è ben diversa: potrebbe essere legata più a una posizione di notorietà, all’immagine del/della cosiddetto/a eroe/eroina.
Ma una volta calcato questo grande palcoscenico, il rischio è quello di ritornare bruscamente a uno stato di invisibilità.
Ecco che riemerge ancora una volta con prepotenza questo binomio “visibile/invisibile” così fastidioso! Come abbatterlo? Come allontanarlo dalle accezioni negative che troppo spesso lo contraddistinguono?
Basterebbe forse smettere di etichettare le persone con disabilità come “eroi, visibili, invisibili ecc.”, e considerarle semplicemente atleti, artisti … Ma soprattutto persone!
E voi, vi sentite visibili o invisibili?
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