FEDERICO DE CAROLI "DECA": SENZA I MIEI SOGNI NON SAREI QUELLO CHE SONO

Federico De Caroli è un personaggio eclettico, dalla personalità vivace e irrequieta ad un tempo. È una fucina di idee che non gli danno riposo, sempre pronto a lanciarsi in una nuova avventura artistica.
“Il Federico di oggi è frutto di un insieme di percorsi che appartengono a vite passate emerse nel corso del tempo, di cui ho preso coscienza. E, naturalmente, anche dell’esperienza attuale.” Questo è ciò che Federico pensa di se stesso.
Quindi tutto sorge da dentro, da un’antica reminiscenza che si attualizza nell’oggi, nel presente.
Laureato in lettere, scopre il linguaggio della musica, che gli restituisce la sua vera essenza e lo introduce nel suo personalissimo cammino di evoluzione.
Federico De Caroli - DECA
Arrivato in questo mondo in maniera alquanto travagliata - questa la sua testimonianza - Federico De Caroli è la fedele trascrizione del suo percorso personale. Fin da subito l’esistenza lo ha messo di fronte a una verità incontestabile: la vita è imprevedibile, ci sono sempre delle urgenze, delle cose che ci si trova a dover affrontare dall’oggi al domani. Una costante della sua vita che è, ad un tempo, maledizione e benedizione. Del resto, si sa, l’artista produce le sue opere migliori proprio nei momenti di crisi. Le esperienze, tanto quelle positive che quelle negative, sono un’innegabile scuola di vita, una fonte di ispirazione e di propulsione creativa.
Vediamo il suo percorso.
Federico De Caroli inizia a prendere lezioni di musica tra gli undici e i dodici anni. Si approccia a diversi strumenti, tra cui la chitarra, un po’ come tutti i ragazzini di quell’età: ma non ha affinità con gli strumenti a corda, tranne uno: il pianoforte.
Il pianoforte è stata la rivelazione della sua vera dimensione, il suo strumento di elezione. Con il tempo, scopre anche le tastiere, l’organo, il sintetizzatore. Poi la musica di tastiera si travasa nel mondo dell’elettronica. In questo secolo di grande evoluzione tecnologica - anche dal punto di vista musicale - essere pianista e tastierista gli ha aperto tante strade, offrendogli anche la possibilità di produrre musica in maniera totalmente autonoma. Tastiere più tecnologia, uguale: territorio infinito da esplorare.
“Il pianoforte ha un grande vantaggio: quello di essere uno strumento completo che, anche da solo, può fare della musica finita - spiega. Poi il pianoforte si è travasato, nella mia sete di sperimentazione e innovazione, nel sintetizzatore e quindi in tutto ciò che è tastiere più tecnologia.”
In concomitanza con l’iscrizione all’università, i genitori gli regalano il suo primo sintetizzatore: siamo nel 1983. Questo evento segna l’inizio del suo vero percorso artistico. La possibilità di avere a disposizione tutti quei suoni, di poter produrre - direttamente in casa - una musica tutta sua, senza dover ricorrere ad altri strumentisti e ad aiuti esterni, gli ha aperto una strada che persegue tutt’oggi.
Che cosa fa esattamente?
“Di tutto! - sentenzia. L’eclettismo è diventato un po’ la mia etichetta, la mia cifra stilistica ma è anche un’arma a doppio taglio. Perché se è vero che ti permette di spaziare e di misurarti con tanti generi diversi, è anche vero che un autore non è sempre ispirato per ogni genere. Così il musicista eclettico deve anche saper cogliere il momento giusto per fare una certa cosa piuttosto che un’altra. Oltre al fatto - ed è il mio caso - che lavorando su commissione, deve servirsi tanto dell’ispirazione quanto del mestiere”.
Le note di DECA quindi, spaziano, ma non soltanto nel contesto musicale. Insegnando teoria e tecnica della comunicazione, applica alle sue lezioni tutto ciò che fa parte del mondo della musica, per dare quel tocco personale che - è il caso di dirlo - non rimane inascoltato.
Il campo di Federico De Caroli è, essenzialmente, quello della musica per le immagini, quindi cinema e televisione. Produce anche musica per le Library di grosse etichette che distribuiscono ai circuiti cinematografici, televisivi, pubblicitari. C’è stato un tempo in cui ha composto anche per il teatro.
Attualmente sta lavorando a un progetto di musica sperimentale basato sullo studio delle frequenze. “È una musica non musica perché si tratta di suoni al limite dell’ultrasuono e dell’infrasuono, mescolati con una serie di procedimenti - spiega. È un progetto che sto portando avanti senza alcuna finalità commerciale; lo tengo per me, perché è troppo strano!”.
Questa stranezza non è altro se non la trascrizione sonora - e, lo scopriremo presto, visiva - del suo essere profondo. Di questo suo sentirsi in qualche modo “alieno”, proveniente da altri mondi e da altri tempi.
Federico parla di memorie di vite passate che influiscono sulla sua vita e sulla sua produzione. “La mia consapevolezza deriva da forme di memoria che, nella maggior parte dei casi, arrivano da un’attività onirica - racconta. Essa è diventata il cardine di tutto ciò che faccio perché senza i sogni non sarei quello che sono. La maggior parte delle cose che ho composto in musica, che ho scritto e che ho dipinto deriva dall’esperienza onirica, che è il completamento vero alla vita materiale, alla vita di tutti i giorni. Quest’ultima è una vita cosciente, è uno stato di veglia in cui il nostro cervello lavora con determinati parametri. Ma esiste anche una dimensione più ampia che va a completarsi nel momento in cui capisci che i sogni ti restituiscono la tua memoria di altre esperienze, di altre dimensioni, di tante altre vite. Non tanto di vite precedenti, legate al concetto di reincarnazione, quanto al fatto che portiamo dentro a livello chimico, molecolare, dei frammenti di memoria di vite passate che possono anche non essere le nostre.”
“Paesaggio alchemico nr.10” - by Federico De Caroli DECA
Queste “memorie collettive” sono il più grande ed inesplorato patrimonio dell’umanità. Federico De Caroli ne è consapevole perché lo ha sperimentato sulla propria pelle, ma sa anche che, per la “Scienza ortodossa”, certe affermazioni equivalgono a far navigare la barchetta dell’umanità in acque quantomeno scomode. Ma non se ne preoccupa, non entra in quella dimensione esoterica sensazionalistica, la vive come una cosa normale. Perché, alla fine dei conti, lo è. Come già successo in passato, la Scienza andrà avanti, scoprirà ciò che ancora non le è chiaro e tornerà sui suoi passi.
Tutto parte, dunque, da questo recupero delle memorie che lo hanno costruito come persona, qui e oggi, in questo secolo, in questo Paese, su questo pianeta, in questa era. Come hanno influito i sogni sulla sua arte?
“Molta della mia memoria onirica è confluita nei romanzi e nei racconti che ho scritto - spiega. In musica è più difficile esprimerlo perché essa ha un linguaggio meno narrativo e più descrittivo, più di coinvolgimento mentale ma su un piano che non utilizza le parole. Quindi nella narrativa scritta ho fatto confluire tantissime cose che ho sognato, anche nell’infanzia. Non mi viene in mente un sogno particolare ma posso dire che già da bambino avevo queste visioni oniriche. Essendo nato e cresciuto a Savona, quindi sul mare, ricordo una mattina in cui comparvero improvvisamente strani velivoli che si libravano a mezz’aria. Non sapevo se fossero alieni o aerei militari sperimentali; ciò di cui ero certo è che sapevo di trovarmi dinanzi alla rivelazione di un qualcosa di tangibile di cui, però, nessuno sapeva niente. Questo alone di mistero, che mi affascinava tantissimo, è stato ed è la costante di tutta la mia vita”.
Anche la sua pittura riveste i panni del mistero. Dapprima con i simboli, poi con una capacità di sintesi al limite dell’archetipo.
“Oppio” - by Federico De Caroli DECA
Federico De Caroli ha sempre disegnato perché nella sua famiglia l’arte figurativa è sempre stata ben coltivata. Non ha fatto studi specifici ma la passione per l’arte - che lo ha portato in giro per l’Europa - unita alla volontà di sperimentare, di imparare a comunicare in modi nuovi, lo ha fatto cimentare anche con la pittura propriamente detta. Tuttavia non l’ha mai vissuta come un mestiere, come una fonte di guadagno: per lui è una valvola di sfogo, un esercizio zen altamente rilassante e terapeutico.
Come molti artisti, anche DECA ha iniziato con il figurativo. “Oppio” fa parte del suo periodo figurativo, in cui cerca di trasferire le aspirazioni di fumettista, quindi di grafico, in pittura. Cosa difficilissima che lo spinge, poi, a cimentarsi su un’area più concettuale.
“Quest’opera è un po’ strana - sostiene - perché in realtà si tratta di un trittico con sopra una striscia di paesaggio. Quell’orizzonte rappresenta l’amore per la mia parte contemplativa: io ho bisogno di mettermi a contemplare l’orizzonte, è un esercizio zen per me. Quindi spesso, nei miei quadri, c’è questo orizzonte contemplato. Il titolo non ha nulla a che fare con la droga ma piuttosto con la famosa massima di Karl Marx: “La religione è l’oppio dei popoli”. Infatti ci sono le croci, c’è il fuoco, c’è la nudità, quindi la persona nella sua forma naturale. E c’è la Donna che, per quasi tutte le regioni, è il simbolo della tentazione, del peccato. Su una delle due croci c’è un pennino da calamaio, in quanto la parola scritta si lega ai dogmi e al potere. Quindi è un quadro tutto sommato simbolista”.
Anche i suoi quadri astratti hanno al loro interno qualcosa di tangibile: ad esempio le opere della serie “pittura sonica” o “suono ottico“, vogliono trasferire in forme e colori (anche colori usati in maniera molto materica) i suoni o degli insiemi di suoni. Lo stesso vale per i “paesaggi alchemici”, che sono comunque dei paesaggi anche se non propriamente figurativi. Ovviamente con dei cromatismi e delle forme che gli appartengono. Lo chiama “concettuale figurativo”.
“Suono ottico Spectralon” - by Federico De Caroli DECA
Approfondiamo un po’ il concetto di “suono ottico”. Esso è fondamentalmente la sfida di riprodurre un suono, una vibrazione sonora. E l’artista è l’oscilloscopio che permette questa magia. “Con l’oscilloscopio tu vedi la forma d’onda che trasferisce, in forma grafica, la frequenza sonora - spiega. Io, come oscilloscopio umano, quindi molto più imprevedibile, molto più complesso, trasferisco col mio corpo sulla tela questo suono e lo rappresento. Poi, però, le persone ti chiedono: ma io voglio sentirlo questo suono! Così, nell’unica mostra personale che ho fatto, per tutta la durata dell’evento un impianto stereo ha diffuso la mia musica in modo che le persone potessero entrare anche in questa dimensione”.
Musica, parola, immagini, sogni e visioni di un altrove che risorgono da memorie antiche: quanto c’è di spirituale in tutto questo? Bisognerebbe, anzitutto, riprendere il concetto di spiritualità, termine straabusato ed anche distorto. Con Federico De Caroli ci addentriamo - secondo il suo stesso dire - in un territorio molto difficile e spinoso. Si definisce gnostico anche se il termine gli pare riduttivo, in quanto ciascuno ha il suo modo di interpretarlo e di viverlo. Certo è che il suo lavoro artistico ha molto a che fare con l’ispirazione, quindi con una dimensione interiore, intuitiva, impalpabile. Vogliamo chiamarla spirituale? Perché no!
Non mi stancherò mai di ripeterlo: l’arte - in tutto le sue manifestazioni - è una forma di canalizzazione. Essa è una via privilegiata che mette in comunicazione due mondi: quello etereo, dove tutto è contenuto, e quello materiale, dove tutto si manifesta.
“Alchimia del sacrificio” - by Federico De Caroli DECA
DECA me ne da contezza: “Penso che l’individuo, e nella fattispecie l’artista, sia un ricettore e un trasmettitore. È una sorta di “macchinario“ (= canalizzatore) che riceve delle informazioni che in qualche modo filtra ed elabora, che trasmuta e restituisce. E qui entra in gioco il concetto di alchimia che mi è stato inizialmente appiccicato addosso ma che poi ho fatto mio.” Perché l’alchimia non si esaurisce nell’alambicco e nella pietra filosofale, ma è un’operazione di trasmutazione. In questo senso l’arte, la musica sono una forma di alchimia.
Il vero musicista è anche alchimista. Perché creando i suoi suoni, in cui confluiscono esperienze, immagini, ricordi, sogni, miscela, come in un mistico alambicco, la sua personalissima ispirazione che si trasmuta in musica. O in pittura. O in letteratura.
Alla fine, tutto ciò è il risultato finale del processo alchemico.
L’intervista che segue è stata realizzata da Simona HeArt per la rubrica “Sguardi sull’arte contemporanea con Simona HeArt”. L’articolo è pubblicato su “International Web Post”.
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Contatti di Federico De Caroli - DECA:
email: atomdeca@hotmail.com
FB: DecaAtomMusic
IG: @atomdeca
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