Esibire la violenza

La corsa verso il nulla sulla strada dei social

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Esibire, ostentare la violenza è diventata un’abitudine condivisa in particolar modo grazie all’uso dei social network, si potrebbe dire a causa del libero accesso alle piattaforme di cui è formato. Gli adolescenti condividono video e immagini che nulla lasciano all’immaginazione e nulla hanno a che fare con le buone pratiche così tanto auspicate da esperti, sociologi, psicologi e docenti. Il mondo online, l’universo sconfinato del web, è diventato terra di conquista nella quale è ormai possibile condividere ogni tipo di contenuto, e in cui il linguaggio violento e inneggiante all’odio trovano sempre più spazio informativo ed eco mediatica. La voglia di esibire ed esibirsi, caratteristica dell’homo digitans, sfocia in una modalità di comunicazione malata e volta a rendere la rete per una certa fascia d’età degli utenti, un mezzo utile solo per divulgare contenuti di violenza (sessuale o fisica), senza nessuna preoccupazione verso quelle che sono le potenziali ripercussioni a livello legale oltre a sottovalutare i danni inflitti alla vittima.

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O tempora o mores, si potrebbe affermare dando uno sguardo a ciò che accade nella quotidianità e dalle crisi plurali da cui la società sembra essere attraversata: incertezza, disoccupazione, precarietà economica diventano pretesti per costumi e comportamenti in barba a ogni regola morale. Si aggiunga ai fattori appena elencati il megafono incessante dei media, pronti a veicolare e comunicare urbi et orbi notizie su fenomeni di violenza esercitata in particolare da gruppi di minori, adolescenti o, con un’accezione pericolosa, “giovani adulti”, un megafono assordante e amplificante sulle gesta di pochi che inevitabilmente attirano l’attenzione di molti. Il palesare comportamenti di condotte aggressive non fa altro che agevolare il gioco di una società basata sull’immagine e su uno stereotipo gestuale basato essenzialmente sulla forza bruta, da condividere e mostrare come fosse un trofeo di cui andar fieri. Se il problema risiede allora sull’aggressività repressa, i contributi psicoanalitici e l’analisi comportamentista attribuiscono una componente all’azione violenta di autoaffermazione del singolo in contesti problematici della personalità in fieri.

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Spesso però è la violenza esibita in gruppo ciò che caratterizza la condotta aggressiva in epoca social e la relativa disumanizzazione della vittima che consente di raffigurare la povera vittima con caratteristiche spregevoli. Il costante mostrare e apparire è oggi il costante leit motiv, un’esibizione che dall’apparecchio televisivo è passata sui social grazie alla maneggevolezza e allo user friendly degli smartphone. La facilità nel trasmettere immagini, video e parole senza intervalli temporali tra emittente e destinatario, sottolinea un potere di costante esibizione del sé e una manifestazione di un’identità sempre più molteplice e disinibita che va condivisa a fortiori con un vasto pubblico così da ricevere ammirazione e andar a consolidare interazioni sociali fondate sull’amplificazione del messaggio. Ancora una volta il medium è il messaggio, con tanti saluti alla presunta neutralità della rete.

Andrea Alessandrino

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