Dopo le comunità musulmane in Francia, anche quelle in Italia invitano gli islamici a prendere parte alla Messa di domani

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Una rivoluzione silenziosa. Pacifica nello stile ghandiano. Ma forse più incisiva di qualsiasi altro gesto. Cristiani e Musulmani uniti nella difesa non solo di un luogo sacro, ma di un culto, secondo i precetti del profeta Maometto, il “cugino” di Cristo che predicava il rispetto per qualsiasi religione avesse un libro.

Questa è la via scelta dalle comunità musulmane italiane che, sull’esempio di quelle francesi, hanno invitato i propri fedeli a recarsi nelle Chiese e presenziare alle celebrazioni della Santa Messa del 31 luglio.

“Se dovesse avvenire, sarebbe un gesto enorme” commentano i vescovi.

Il sangue versato in Europa sta mettendo a dura prova la forzata convivenza tra popoli diversi, divisi tra il desiderio di integrazione e la difesa dei propri costumi.

In Italia le associazioni islamiche sono numerose e spesso in contrasto fra loro.

Due le principali: il Coreis (Comunità religiosa islamica) che fa capo a Yahya Pallavicini e l’Ucoii (Unione delle comunità islamiche d’Italia) presieduto da Izzeddin Elzir.

Entrambe hanno sempre condannato le stragi.

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L’assassinio di padre Jacques Hamal, nella chiesa di Saint Etienne du Rouvray, brutalmente eseguito da un seguace di Daesh, ha spinto le comunità, tanto francesi quanto italiane, ad intraprendere un’azione plateale che non si limitasse alle dichiarazioni.

“Quel che hanno fatto a padre Jacques Hamel è il segno che ormai abbiamo oltrepassato il limite. È come se con quel gesto barbaro, avessero colpito uno di noi”.

Questo il messaggio di solidarietà giunto dai portavoce.

“Padre Jacques ha dedicato la sua vita alla convivenza e all’incontro e la decisione di ucciderlo barbaramente ci ha lasciato sgomenti. I fatti stanno diventando molto gravi, perciò partecipare alla Messa di domani come segno di solidarietà per noi è doveroso”, ha detto Mohsen Khochtali, imam di Verona e deputato al dialogo interreligioso per l’Ucoii.

Anche Yahya Pallaviciniha detto di sostenere “pienamente la presa di posizione espressa nel comunicato dell’Istituto di Alti studi islamici, organo che partecipa attivamente alle concertazioni con il ministero dell’Interno della Repubblica Francese”, invitandolo a dare “seguito anche in Italia a questa iniziativa di testimonianza di fratellanza spirituale”.

Non mancano le perplessità. Ci si chiede se tale iniziativa possa essere accolta da tutti i musulmani.

Se fosse un percorso condiviso, un importante passo verso la pace sarebbe già stato fatto. Ma i fondamentalisti sono in molti, come dimostra il sangue versato e si dubita che tali fazioni possano approvare il gesto che comunque va accolto come un bel segno.

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“Bisognerà vedere - ha scrittoAvvenire in un editoriale - se i musulmani di Francia raccoglieranno l’appello: se condividono la nostra volontà di pace o se già, sentendosi sommariamente accostati agli estremisti, non hanno maturato una posizione ostile o timorosa. Bisognerà vedere, e bisogna pregare per questa domenica francese. Quale respiro buono verrebbe a tutti noi, se davvero accadesse, da una domenica francese di solidarietà e di pace”.

“ Ciò che ha detto il Papa è giusto, questa non è una guerra di religione - ribadisce il presidente della Casa della cultura musulmana di via Padova a Milano, Bounegab Benaissa- Questo dolore tocca tutti, indistintamente, perché quando una parte delle religioni viene colpita, sono colpiti tutti”.

“Vanno oscurati i seminatori di odio, quei terroristi che fanno apologia dello scontro tra le fedi. – dice ancora Mohsen Khochtali – Lo schema è l’unico che conosciamo: lavorare sul terreno, tornare a incontrarci tutti i giorni, affrontare le difficoltà della vita quotidiana. Non conosco un’altra strada, se non quella che ha permesso per oltre 1400 anni a chiese e moschee di convivere nella pace. Non possiamo continuare a provare vergogna e ad avere paura perché dei criminali strumentalizzano l’islam. Continuiamo a vedere la mano di chi colpisce, ma non basta. Poi dovremo chiederci chi è il mandante”.

Parole forti che sanciscono distanza dai seguaci del fondamentalismo islamico, ma che dovrebbero vedere una fattiva collaborazione nella lotta a quel terrorismo che rischia di seminare altre morti, innescando un processo di distruzione senza precedenti.

Massimo Lupi

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