Dalla Sicilia al Governo

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È fallito il tentativo a Cinquestelle di dimostrare che in Sicilia la vecchia classe politica fosse defunta. A batterli sul campo, un ex missino patrocinato da Silvio Berlusconi, un uomo di oltre ottant’anni in cui il popolo, stando ai voti ricevuti nella coalizione, ha dimostrato di voler affidarsi. La notizia di una nuova indagine a suo carico, non solo non ha intaccato l’intento di preferirlo, ma è probabile l’abbia rafforzato. Segno del tramonto di quel giustizialismo che aveva infervorato i cuori dei grillini, ma che poi, nei fatti, li aveva portati a trasgredire, forse per inesperienza più che per dolo, la loro vocazione. Anche la rottamazione di Renzi, per certi versi animata da un sentimento simile, ha fallito l’obiettivo.

Guardando alla politica degli ultimi anni potrebbe ricavarsi la massima per la quale è dalla vittoria di un partito che inizia il suo declino. Ma non bisogna incorrere nell’errore di non considerare la leadership.

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Senza Berlusconi, la coalizione di centrodestra sarebbe già morta da tempo. Perché né Salvini, né Meloni - che infatti hanno proceduto sempre insieme, anche quando hanno tentato il colpo romano - potrebbero mai ambire ad un ruolo del genere. Nonostante al leader della Lega debba essere tributato il merito di aver ridato smalto a un partito logoro e poco al passo con i tempi. Per farlo ha cambiato la sua mission, cavalcando un populismo semplice che ha fatto della ribellione il suo cavallo di battaglia, inneggiando alla chiusura, poi ritrattata, nei confronti dell’Europa.

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È in quell’ambito che dovrà giocarsi la politica italiana e, senza offesa, in uno scenario di assai probabile guida del Paese in favore del Centrodestra, l’unico a possedere know-how, che piaccia o no, è il partito di Berlusconi.

È questo che gli italiani hanno detto col loro voto in Sicilia. Si sta chiedendo competenza. Si sta cercando affidabilità. E ciò spingerà il futuro governo a scegliere rappresentanti tecnici in affiancamento a quelli politici.

Perché amministrare è diverso dal fare opposizione e lì occorre che le tematiche sostenute incontrino l’ordinamento.

Dire allora che tra i punti di programma nazionale si preveda la revisione dei trattati europei non ha grosso senso se questi non vengano congiuntamente rimessi in discussione da tutti i paesi membri.

La revisione sarà un atto dovuto, inserito nella tabella di marcia europea già dai tempi di Delors, battuta in campagna elettorale da Macron.

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Il futuro dell’Italia è perfettamente aderente a quello dell’Europa. E adesso occorre una politica che metta in giusta relazione globalismo e cura degli interessi nazionali.

La sfida siciliana non sarà facile: la Regione ha accumulato debiti da capogiro. Occorreranno dedizione e capacità affinché torni ai fasti di un tempo.

Se, trovare un accordo a tre lì sarà più facile, a livello nazionale richiederà la condivisione di una linea ferma su tasse e immigrati perché non si può stare contemporaneamente con Merkel/Macron e con Le Pen. L’unità non si risolve nella spartizione dei candidati in collegi uninominali. Servirà di più. Molto di più.

Vincenzo Fortino

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