DOPO IL VORTICE PANDEMICO... LA GUERRA

Nuovi paradigmi industriali, economici e sociali

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cms_25362/1v.jpgNegli ultimi tempi ci siamo interrogati sulle nuove vicende umane e sociali e dunque l’esigenza di nuovi paradigmi economico-sociali. Forse non è ancora il tempo della pace e nessuna impresa grande o piccola può reggere un impatto così rapido e devastante della volontà di potenza.

In un momento storico determinato da grande incertezza, dall’impatto delle variabili relative all’inflazione, dalla spinta del rialzo dei beni e servizi, all’aumento delle nuove povertà, un milione di italiani in più sono in condizioni di povertà assoluta, circa 2 milioni di famiglie, per un totale di 5,5 milioni di persone, tra cui 1,3 milioni di persone sono minori. I nuovi poveri del Covid sono famiglie con figli minori e redditi insufficienti per i bisogni primari, è indubbio che molto si è fatto per assicurare tanto la mobilità sociale, quanto la protezione sociale ai deboli, in modo da ridurre i divari sociali e da minimizzarne gli effetti.

cms_25362/2v.jpgDurante la pandemia le diseguaglianze hanno inciso tantissimo: a morire di più sono stati gli anziani, non tutti, ma soprattutto quelli ricoverati nelle strutture residenziali. Le società avanzate e non si sono trovate ad essere ben più simili di quanto pensassimo. E lo sono state davanti al metro più impegnativo su cui misuriamo le civiltà, il metro del trattamento riservato agli ultimi. Certo è che oggi si apre un’altra pista verso lo sviluppo sostenibile, la pista della sostenibilità, oltre che ambientale, anche sociale. E qui incontriamo i cambiamenti di cui noi parliamo: un’economia al servizio della società e non viceversa, un’impresa che lavora non soltanto per il benessere dell’azionista, ma per il benessere della comunità in cui si trova, un assetto istituzionale che assicura a tutti, a prescindere dalle loro condizioni, i medesimi livelli di protezione. Se è vero che i virus sono relativamente democratici e colpiscono in misura variabile tutti i ceti sociali, è altrettanto vero che nei momenti di emergenza le società si imbattono nella scarsità delle risorse.

cms_25362/3v.jpgQuesta scarsità amplifica le vulnerabilità e le diseguaglianze e con esse le distanze negli esiti e nelle opportunità. Il vincolo delle risorse, scarse e insufficienti alle esigenze di tutta la popolazione, rischia di schiacciarci sul conflitto causato dall’istinto di sopravvivenza, annullando la spinta verso la cooperazione e la solidarietà che nasce dal nucleo più profondo della persona umana e rende le nostre vite fertili, generative e ricche di senso.

Abbiamo vissuto una tragedia di risorse insufficienti in primo luogo per la scarsità di cure intensive e subintensive (posti letto, apparecchiature, personale medico e infermieristico competente), ma anche di sanità di territorio e di cure palliative, che in molte situazioni e in particolare nei momenti di massima congestione della risposta di cura ha messo in gravissime difficoltà medici e sanitari. Accanto a ciò, la pandemia ci ha fatto toccare con mano il dramma della distruzione progressiva della guerra in Ucraina, problema principale quantificare l’effetto sull’economia dei diversi fattori, mettendo in difficoltà innanzitutto le componenti più fragili della società (gli anziani, i malati, i bambini e i giovani, i migranti irregolari ‘invisibili’ e non raggiungibili dalle reti di protezione sociale, tutti i lavoratori irregolari, i precari, gli stagionali, le organizzazioni di terzo settore tagliate fuori dai programmi di aiuto).

cms_25362/4v.jpgNon sarà allora un’«economia di guerra», ma è certamente il secondo tempo della crisi dell’interdipendenza capitalistica iniziata nel 2020, quella che oggi sta stravolgendo i mercati finanziari delle materie prime (cereali, fonti energetiche, minerali), strozzando le catene di approvvigionamento globali e sub-regionali e bloccando la produzione. Uno degli esiti di questa crisi è stato indicato la «fratturazione del sistema europeo» e il ritorno al «protezionismo». Uno dei possibili sintomi di una «guerra economica».

cms_25362/5v.jpgAderire ad un modello di Economia Civile significa compiere azioni che contemplino comportamenti che guardino e salvaguardino la collettività e il bene comune. La maggior parte degli individui è convinto che la tendenza odierna ad abbracciare un modello di sviluppo inclusivo, partecipato e sostenibile si sia insediato solo negli ultimi anni nel settore dell’imprenditoria italiana.

Il concetto di economia civile si edifica “sulle virtù civiche e sulla natura socievole dell’essere umano, il quale è spinto ad incontrarsi, anche nel mercato, con l’altro.

Tuttavia, ai cittadini viene insegnato che il concetto di economia – per come la intendiamo – nasce nella seconda rivoluzione industriale: un momento storico in cui i modelli economici e le innovazioni tecnologiche, parallelamente al progresso scientifico, hanno incrementato la produttività favorendo l’economia lineare. L’attuale contesto socioeconomico evidenza, di fatto, un importante cambio di rotta da parte delle economie mondiali che abbandonano sempre di più il concetto di intesa come quel paradigma per cui “il prodotto è la fonte della creazione del valore; i margini di profitto sono basati sulla differenza fra prezzo di mercato e il costo di produzione” a favore dell’Economia circolare.

cms_25362/6.jpgMa vero pure è che le tragedie recano con sé anche opportunità. Assieme a inevitabili traumi, la deprivazione sensoriale e di stimoli esterni, cui ci costringono le nuove forme di vita, può favorire un miglior contatto con se stessi ampliare la dimensione più attenta verso la consapevolezza riguardo i valori della vita può motivare l’impegno e instradarlo verso la giustizia e ciò che veramente conta, sia in termini di competenze sia in termini relazionali. Quest’ultimo aspetto può rappresentare un punto di forza per il contrasto della cultura dello scarto umano, esistenziale, sociale. Non c’è nessuna scelta, sia pure in contesti drammatici o tragici, che possa sacrificare nell’interesse della comunità taluno dei suoi componenti, e la comunità vive nel rispetto della dignità di tutti coloro che la compongono.

Valentina Farina

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