DOMENICA CON GLI ANTICHI SAPORI

Tortino di aliciotti ed indivia

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cms_23892/1.jpgMolti piatti della antica tradizione ebraico-romanesca hanno ancora oggi un grande richiamo.

Altri invece non hanno riscontrato il gusto delle generazioni successive; restano presenti nel ristretto ambito delle tradizioni familiari o dei ristoranti tipici locali e sono ricordati essenzialmente come testimonianza della cultura culinaria del tempo.

LA CUCINA GIUDAICO ROMANESCA

La cultura ebraica a Roma ha sempre avuto una certa rilevanza, considerato il suo profondo radicamento nella storia e nella cultura popolare cittadina.

cms_23892/2_1637463432.jpgGià nel X secolo mercanti ed artigiani ebrei si erano stabiliti nell’Urbe presso il ponte Fabricio, in seguito per l’appunto rinominato Ponte Judeorum. Durante il Medioevo il quartiere si ingrandì tanto da arrivare ai quartieri Regola e Sant’Angelo, ma al Pontefice questa espansione iniziava a dare fastidio: nel 1555 infatti Papa Paolo IV mise fine allo sviluppo accelerato della comunità, confinando gli ebrei nel ghetto, a ridosso del teatro di Marcello. Proibì inoltre agli ebrei romani di uscire fuori dal loro quartiere, obbligando la chiusura dei portoni delle case durante la notte. La ghettizzazione fu abolita soltanto nel 1870, secondo il piano regolatore di Roma Capitale […]

Per quanto riguarda la cucina è veramente difficile riconoscere e porre un netto confine tra quella ebraica e quella romanesca, poiché entrambe sono nate contaminandosi a vicenda. Infatti proprio come il dialetto, pure la cucina può definirsi giudaico-romanesca e occupa un posto di assoluto rilievo nelle tradizioni locali. Se è vero che molti piatti romani restano esclusi, per i loro ingredienti, dalle prescrizioni kasher, i piatti della tradizione israelita sono praticamente tutti entrati a pieno diritto nella gastronomia capitolina.

Tra i più celebri troviamo senza dubbio i carciofi alla giudia, lo stracotto di manzo, la concia di zucchine, gli aliciotti con l’indivia, i pezzetti fritti (una frittura mista, fatta con gli avanzi vegetali), le paste povere (pasta e ceci, pasta e patate, etc…) e le frittate.

Con il termine kasher (o kosher secondo la dizione Yiddish) si vuole intendere quell’insieme di prodotti che, in seguito a lunghi processi di controllo, possono essere consumati, oltre che dai buongustai di tutto il mondo, anche dagli esponenti delle comunità ebraiche e da quelle musulmane (Halal è l’equivalente

in arabo di kosher). Kasher significa infatti valido, adatto, buono.

Un cibo è kasher quando è stato preparato nel rispetto delle norme alimentari ebraiche, e kasherut è l’insieme di tali norme. Oltre a garantire i requisiti fondamentali necessari ai principi religiosi dell’ebraismo, tali prodotti e tali norme offrono un livello di controllo qualitativo superiore…Semplificando

molto, proviamo a descrivere qualche regola generale ma fondamentale della cucina Kasher.

Come tutti i dettami ebraici, che rivestono di sacralità ogni atto della vita quotidiana, anche il cucinare kasher funge da stimolo alla ricerca interiore.

cms_23892/3.jpgFavorisce inoltre un miglior rapporto con gli altri uomini e il rispetto per gli animali e la natura. Nella Toràh (il più sacro testo ebraico, l’Antico Testamento per i cristiani) sono indicate le specie di animali consentite; tra i quadrupedi quelli che si possono mangiare devono avere lo zoccolo spaccato ed essere ruminanti; sono permessi bovini, ovini e caprini. I volatili non devono essere né notturni né rapaci, i pesci devono avere pinne e squame, la carne deve essere completamente priva di sangue poiché nella Toràh c’è scritto:

”Nel sangue sta la vita perciò ho detto ai figli di Israele: non mangerete il sangue di qualunque specie di carne”.

L’animale deve essere sano, qualora fosse malato o imperfetto non è kasher, e deve essere anche privato del nervo sciatico. Inoltre non va mai mischiato il latte ed i suoi derivati con la carne, infatti i ristoranti ebraici sono suddivisi in quelli di latte e di carne. Per quanto riguarda i formaggi sono permessi solo i latticini con caglio chimico o caglio derivante da animale kasher. Per i vini sono consentiti solo quelli in cui il procedimento è seguito dalla spremitura all’imbottigliamento dal Rabbino. ( Manuela Monteforte, “Aromaweb.it”)

INGREDIENTI PER QUATTRO PERSONE

2 piante di insalata indivia;

500 gr di alici di piccola dimensione;

1 cipolla;

olio extravergine di oliva; sale; pepe.

Togliete la testa alle alici e sfilettatele; tagliate l’indivia a strisce, mettetela in un colapasta e fatela riposare con sale grosso per circa un paio di ore. Ungete di olio il fondo di una teglia da forno e sistematevi uno strato di indivia, aggiungete qualche rondella di cipolla, insaporite di sale e pepe, poi aggiungete uno strato di alici, poi ancora indivia e continuate così fino al bordo della teglia.

Fate cucinare in forno a 180° per circa venti minuti, fin quando si sarà formata una doratura omogenea in superficie.

Di recente si preferisce preparare i tortini in formato monoporzione, facendoli cucinare al forno, con lo stesso procedimento, dentro particolari scodelle.

Bisogna riempire la teglia o le scodelle fino a tutto il bordo superiore, in quanto durante la cottura gli ingredienti perdono notevolmente di volume.

E’ uno dei piatti più rappresentativi della tradizione ebraico romanesca; uno dei tanti risultati di livello eccellente ottenuti partendo da ingredienti semplici ed economici. Si viene a realizzare un connubio perfetto tra ingredienti di terra e di mare in perfetto equilibrio tra di loro. Molto apprezzati erano anche il tortino di sarde e patate e quello di sarde e carciofi.

Bruno Di Ciaccio

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