DIALOGO CON MARIA LAURA ANNIBALI

Femminile Sovversivo

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cms_21677/1.jpg"Le persone omosessuali hanno il diritto di essere una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo fare è una legge di convivenza civile. Hanno diritto a essere protetti legalmente. Mi sono battuto per questo". Le parole che Papa Francesco ha pronunciato nel documentario che porta il suo nome, diretto dal regista Evgeny Afineevsky, hanno aperto uno scenario del tutto nuovo per la comunità Lgbtq, finalmente una luce sulle tante ombre che negli anni hanno tentato di oscurarla.

A prevedere questo cambiamento è stata la storica attivista Maria Laura Annibali.

cms_21677/2.jpgMi chiamo Maria Laura e appartengo a quella generazione a cui si insegnava che c’è un solo modo di essere donna, naturalmente un modo deciso dagli uomini, ma le cose a volte cambiano. Grazie a un impegno civile costante, una voce che sa farsi valere nel contesto sociale, Maria Laura Annibali, Presidente dell’associazione Di’ Gay Project, è un grande esempio e un’importantissima testimonianza per la comunità Lgbtq. La sua vita audace è la prova che non è mai troppo tardi per ricominciare: dopo un amore tenuto segreto per 23 anni, Maria Laura ha smesso di fingere per riprendersi la sua vita. Da quel momento, si è gettata a capofitto nella causa e si è battuta con passione per l’Amore senza inibizioni né vergogna, per la libertà di essere “persone vere” oltre le apparenze che l’eteronormativitività impone.

In Il secondo Sesso Simone de Beauvoir afferma che donna non si nasce, ma lo si diventa, in cui il termine “donna” indica un’identità in movimento aperta alla ricostruzione o (ri)significazione, tema ripreso da Annibali nei suoi tre docufilm intitolati: L’altra metà del cielo, L’altra metà del cielo… continua, L’altra metà del cielo.Donne.

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I docufilm sono un viaggio nella vita di tante donne valorose, un’indagine su una realtà altra all’interno dell’universo femminile: quella delle donne che amano altre donne. “L’altra metà del cielo è ormai acclarato che siano le donne, l’altra altra sono le donne che amano altre donne”, spiega Maria Laura.

cms_21677/4.jpgL’altra altra metà del cielo (2008) raccoglie le testimonianze di lesbiche dichiarate, impegnate a combattere la discriminazione di genere e l’omofobia. Alcune di loro sono personaggi pubblici, altre donne comuni che giorno dopo giorno lottano per far valere i propri diritti in ambito lavorativo e familiare. L’obiettivo del documentario è quello di allontanare il mondo lesbico dai pregiudizi e dagli stereotipi che l’accompagnano, mostrando la presenza dinamica delle donne omosessuali nel contesto sociale, valorizzandone le peculiarità al fine di mettere a tacere gli errati luoghi comuni sul loro conto e analizzandone qualche tabù ricorrente (amore “pre-lesbico” con un uomo; compatibilità “lesbo-cattolica”, promiscuità).

Imma Battaglia: Chi l’ha detto che cosa è maschio, che cosa è femmina, chi l’ha detto che cosa è omosessuale, che cosa è eterosessuale, chi l’ha detto che uno nella vita nasce in un modo e deve morire per forza nello stesso modo?

cms_21677/5.jpgL’altra altra metà del cielo… continua (2011) approfondisce l’esplorazione della realtà lesbica nelle sue varie accezioni, perché ci sono tanti modi di essere donna o di sentirsi tale e naturalmente diversi modi di vivere la sessualità così come l’amore: sei interviste che aprono le porte a sei mondi tutti al femminile, da percorrere con nuovi occhi.

Benedetta Emmer: Mi chiamo Benedetta Emmer, ho quarantacinque anni e tre anni fa è nata mia figlia che è la luce della vita mia. Penso che Laura voglia parlare con me di questa maternità e di come si sente una donna lesbica quando desidera fare un figlio, come può farlo, quali sono le sue opportunità e i suoi sentimenti nei confronti del bambino che nasce.

cms_21677/6.jpgL’altra altra metà del cielo. Donne (2020) pone l’attenzione sull’essere donna per nascita o per scelta in modo da mettere in luce tutte le sfaccettature del femminile, anche quelle che si discostano dai suoi canoni ordinari, come l’essere donna ma non biologicamente o l’accentuazione della mascolinità.

Le intervistate regalano perle della loro vita con disinvoltura, invitando lo spettatore a guardare la differenza come ricchezza e gioiosità dell’esistenza.

Alex Pandino: È una questione di identità, io quando mi guardo allo specchio non mi vedo, vedo un corpo che non si addice a quello che è dentro questo corpo.

L’altra metà del cielo esorta a dare uno schiaffo alla paura e a valorizzarsi, sottolineando la preziosità di ogni essere umano. Non esistono pregiudizi, non esistono regole, né normalità presunte, esiste l’Amore in ogni sua forma.

Ma cosa è “normale” o “naturale”?

In Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità Judith Butler, filosofa americana e teorica dei Queer studies, mette in questione le nozioni di genere, sessualità, corpo e linguaggio in termini innovativi, dimostrando l’illusorietà di un “reale” o “naturale” oggettivo, appoggiando e plasmando le sue teorie sulla French Theory, ed in particolare sulle argomentazioni di Michel Foucault, Jacques Lacan, Julia Kristeva, Claude Levi-Strauss, Simone de Beauvoir, Luce Irigaray e Monique Wittig. Butler mira a rovesciare e a sovvertire il concetto di genere, il quale ha prodotto una sessualità normativa che è stata e continua ad essere percepita come aspetto naturale, pur trattandosi di una “costruzione sociale”. Secondo Butler, l’identità di genere non deriva dalla binarietà dei sessi, ma è un solo costrutto culturale, legato all’idea di performatività, fabbricato tramite una serie costante di atti, postulati attraverso la stilizzazione di genere del corpo. Butler propone allora di destabilizzare e decostruire quelle categorie identitarie naturalizzate dal sistema binario, uomo/donna a favore di un’identità libera in divenire.

Nel saggio The Traffic in Women: Notes on the “Political Economy” of Sex, l’antropologa statunitense Gayle Rubin sostiene che l’automatismo volto a dividere la nozione biologica di maschile e femminile in generi distinti e gerarchizzati sia stabilito dalle istituzioni culturali, e diffuso per mezzo di leggi atte a controllare lo sviluppo psichico del soggetto. La distinzione di genere serve al funzionamento della società sotto due aspetti primari: la riproduzione della specie e la divisione sociale del lavoro. Rubin ritiene che, in natura, la diversità fra i sessi sia blanda e che sia la società invece a farsi carico di offuscarne le somiglianze. La risignificazione del termine “sesso” mira infatti a creare un ordine “costruito” tramite delle vere e proprie “norme di genere”, da qui i “fuori norma” o emarginati. Rubin insiste sul fatto che la divisione dei sessi sia dunque infondata e socialmente imposta, incoraggiando una contestazione degli sviluppi misogini dello strutturalismo di Lévi-Strauss a favore di una sovversione del paradigma originario, affinché la categoria di sesso biologico sia svincolata dai costrutti di genere.

L’idea dalla quale parte Maria Laura Annibali è proprio la sovversionedi una visione oscurantista del lesbismo, spesso invisibile e relegato ai margini della società, attraverso la testimonianza di voci femminili plurali che raccontano, in modo schietto, problematicità e gioie dell’essere fedeli a se stesse. I documentari, in DVD, sono distribuiti da Edizioni Croce, insieme a un libro di saggi sull’argomento.

I tuoi docufilm “aprono gli occhi”, danno coraggio: cosa vuoi dire a quelle donne che non trovano la forza di essere se stesse e a quelle che, cadute nella trappola eteronormativa, si sono accontentate di matrimoni “comodi”?

A volte, bisogna avere il coraggio di tornare sui propri passi. Mia moglie Lidia ne è un esempio: si è sposata per amore, tanti anni fa, convinta che quello fosse l’unico amore possibile, l’unico a cui potesse ambire o che potesse desiderare, ma quando ha imparato ad ascoltare il cuore, quest’ultimo l’ha portata in un’altra direzione, che lei, con temerarietà, ha seguito senza voltarsi indietro. Anch’io come Lidia, credevo che l’amore fosse quello che volevano farmi vedere, ma col tempo arrivarono nuove consapevolezze, e a quel punto decisi di restare sola piuttosto che con un uomo unicamente per facciata. A tal proposito, vi racconto un episodio particolare della mia vita: erano gli anni settanta e quando proposi a un’amica di andare al cinema in tre, tutte donne, lei rifiutò, perché “la gente” avrebbe pensato che fossimo ragazze sole “senza fidanzato” e questo era una vergogna a quei tempi. Nonostante la mentalità di allora, io e mia moglie non ci siamo scoraggiate ed è grazie alla nostra forza che oggi abbiamo trovato la “vera” felicità l’una nell’altra. A tutti voi voglio dire:

C’è sempre tempo per ricominciare, per tornare indietro, per avere il coraggio di essere se stessi e innamorarsi sul serio.

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La nuova generazione di femministe e lesbiche deve molto a te e ad altr* attivist* del movimento Lgbtq, cosa ti senti di consigliare loro?

Alle giovani femministe, che devono fare il loro cammino d’amore, politico e sociale consiglio di non percorrere le strade che il modello predominante traccia loro, di non pensare che quelle siano le vie assolute da seguire. Non siete nate per costruire per forza la “famiglia del mulino bianco”! Voi che avete avuto la strada spianata dalle nostre lotte e conquiste, sappiate che nulla è per sempre, bisogna lottare per i propri diritti. Tanto è vero che, ancora oggi, alcune cose conquistate dalla mia generazione sono messe in dubbio in vari paesi: è il caso della Polonia, dove una donna non può decidere se abortire. Non fatevi trascinare da questo vento che vuole spingervi a camminare all’indietro, non commettete gli errori della mia generazione o della successiva, delle loro mamme e delle loro nonne. Siete giovani, avete un mondo ancora da costruire, un futuro da mettere in piedi. Prendete esempio da chi, prima di voi, ha avuto la forza di reagire al maschilismo imperante, così con le nostre ultime forze e con le vostre prime forze facciamo in modo che non si debba tornare indietro neanche di un millimetro, ma al contrario avanzare. Marciamo compatte, noi grandi e voi giovani, per le conquiste di una società “veramente civile”, che abbia il senso della libertà e della giustizia.

Sara Manuela Cacioppo

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