DA “PAROLE O_STILI” AL MANIFESTO PER IL GIORNALISMO

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Il campo dell’informazione, inquinato dalla deprecabile tendenza alla diffusione di fake news, più che mai necessita che la parola sia espressione di libero pensiero che si concretizzi in comunicazione responsabile secondo canoni di onestà intellettuale. In più, chi esercita attualmente la professione di giornalista non può esimersi dall’ulteriore contributo di diffondere un uso appropriato e debitamente pacato del linguaggio, di contro allo “sdoganamento di ostilità” e maleducazione di cui spesso le parole sono tramite, come si rileva soprattutto dalla rete oltre che da alcune trasmissioni televisive.

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Da una simile riflessione è nata la ricerca di “Parole O_Stili”, ideata da Rosy Russo, che con il contributo di 150 testimonial provenienti da ogni campo è approdata alla stesura del relativo “Manifesto”. Quest’ultimo, dal febbraio 2017 è stato tradotto in ben 17 lingue, per diffondere nel mondo la “comunicazione non ostile”.

La stessa (da declinarsi in ogni ambito sociale, scolastico, aziendale, della pubblica amministrazione, della politica) cerca di delineare il perimetro in cui muoversi legittimamente non causando derive di tifo da stadio o, peggio, di violenza lessicale in cui, specie in un inspiegabile “risucchiamento nella rete”, anche l’individuo normale spesso si spinge oltre.

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A maggior ragione, non può non auspicarsi che al “Manifesto della comunicazione non ostile” sia uniformato anche il “buon giornalismo”, che ne segua i 10 principi fondamentali:

1) Virtuale è reale: bisogna dire ciò di cui si avrebbe il coraggio di persona e non nascondendosi nell’anonimato;

2) Si è ciò che si comunica: le parole che scegliamo ci rappresentano in quanto dicono chi siamo, specie in casa d’altri, come quando comunichiamo su Facebook;

3) Le parole danno forma al pensiero: bisogna prendersi il tempo necessario per esprimersi al meglio;

4) Prima di parlare bisogna ascoltare: bisogna dare agli altri l’opportunità di esprimersi;

5) Le parole sono un ponte: ciò che diciamo deve creare un opportuno collegamento con gli altri;

6) Le parole hanno conseguenze: bisogna pensare a ciò che le parole possono provocare perché non cadono nel vuoto;

7) Condividere è una responsabilità: la notizia va ricercata alla fonte originaria e non alla disintermediazione social, che la bypassa creando fake news;

8) Le idee si possono discutere, le persone si devono rispettare: un confronto di opinioni non deve implicare offese personali;

9) Gli insulti non sono argomenti: le idee non viaggiano cavalcando le offese;

10) Anche il silenzio comunica: bisogna pensare a ciò che sarebbe meglio sottacere perché non sia deviante.

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A queste già congrue direttive, un buon giornalista non mancherà di contribuire con l’apporto personale del proprio stile, improntato ad etica e legalità secondo i due protocolli firmati ad Assisi, il 21 Dicembre 2017, con il Manifesto contro i muri di ignoranza e la rassegnazione mediatica cui sarà improntata anche la Marcia della Pace Perugia –Assisi prevista per il 7 Ottobre 2018.

Rosa Cavallo

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