Coronavirus, team cinese: "In Italia per ricambiare l’aiuto"(Altre News)

Coronavirus, "in Italia verso 30mila casi in pochi giorni" - Coronavirus, diocesi corregge: "A Roma chiese parrocchiali aperte"

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Coronavirus, team cinese: "In Italia per ricambiare l’aiuto"

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"Siamo venuti per ricambiare gli aiuti ricevuti poco tempo fa dall’Italia". Così il vice presidente della Croce Rossa cinese, Yang Huichuan, che guida il team di medici ed esperti giunto ieri dalla Cina con un carico di aiuti. Si tratta, ha detto di "31 tonnellate materiali", tra cui macchinari per la respirazione, tute, mascherine e protezioni, oltre ad alcuni "medicinali antivirus" e campioni di plasma. "Con questo - ha detto Yang - ci auguriamo di poter aiutare per combattere questa battaglia contro il virus". La delegazione cinese, ha poi illustrato Yang nel corso della conferenza stampa alla Croce Rossa alla quale ha partecipato anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, è composta da nove esperti, che assisteranno gli scienziati e i medici italiani impegnati a fronteggiare l’epidemia da coronavirus.

La Cina è "profondamente dispiaciuta" per quanto sta accadendo all’Italia, "perché il nostro popolo ha vissuto la stessa esperienza e capiamo il dolore di quanto sa accadendo, comprendiamo le necessità del popolo italiano", ha detto l’ambasciatore cinese Li Junhua, durante la conferenza stampa. "Noi non abbiamo mai dimenticato l’aiuto ricevuto dall’Italia nei tempi passati e anche recentemente e vogliamo ricambiare questi aiuti", ha aggiunto l’ambasciatore.

Tutto partirà da dove tutto è cominciato: i medici cinesi, che si tratterranno nel nostro Paese, secondo quanto apprende l’Adnkronos Salute da fonti della Croce rossa italiana, almeno 10 giorni, si recheranno domani all’Istituto Spallanzani di Roma. L’obiettivo è scambiare esperienze e informazioni sulla malattia provocata dal nuovo coronavirus, che ha visto l’Inmi Spallanzani di Roma per primo prendere in carico pazienti positivi nel nostro Paese, la coppia di coniugi di Wuhan ormai guarita. Nei giorni successivi i medici e i ricercatori cinesi si recheranno anche a Padova e a Milano, in varie strutture sanitarie e universitarie. Oggi pomeriggio andranno in visita all’ambasciata cinese e poi visiteranno il centro di emergenza della Cri.

Coronavirus, "in Italia verso 30mila casi in pochi giorni"

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"Se l’aumento del numero di pazienti infetti seguirà l’andamento esponenziale anche per la prossima settimana, ci potrebbero essere più di 30.000 infetti entro pochi giorni". E’ la previsione dell’Istituto Mario Negri di Milano, pubblicata sulla rivista scientifica ’The Lancet’, su come potrebbe evolversi l’emergenza Covid-19 in Italia nei prossimi giorni, se il contagio non rallenta.

Il messaggio del lavoro - condotto in collaborazione con l’università di Bergamo - è che entro metà aprile potrebbero essere necessari migliaia di posti in terapia intensiva e subintensiva. Autori gli italiani Andrea Remuzzi e Giuseppe Remuzzi. I due scienziati dell’Irccs hanno lavorato a un modello previsionale che permettesse di avere un quadro preciso della situazione in tempo utile. Le previsioni si basano sui dati disponibili relativi al numero dei pazienti Covid-19 e analizzano da un lato l’andamento del trend dei contagi e dall’altro il trend dei pazienti bisognosi di terapia intensiva.

I dati disponibili fino ad oggi forniti dal ministero della Salute, spiegano gli esperti, seguono sostanzialmente un modello esponenziale che indica un valore di R0 (numero riproduttivo, cioè il numero di persone contagiate da un singolo infetto) compreso tra 2,8 to 3,2. Con questo andamento si rischia di superare quota 30.000 infetti entro pochi giorni. Confrontando l’andamento del numero di pazienti attivi in Italia e quello registrato nella regione di Hubei in Cina, simile all’Italia per numero di abitanti e distribuzione dell’infezione, si può dedurre che entro alcuni giorni questo aumento potrebbe però divergere dall’andamento esponenziale e rallentare. "Attualmente - puntualizza Andrea Remuzzi - sono ancora pochi i dati da prendere in considerazione per formulare ipotesi più solide in merito al numero esatto di pazienti che saranno infettati nei prossimi giorni o nelle prossime settimane".

Rispetto al numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva, anche questo numero è aumentato in modo esponenziale sulla base dei dati forniti dal Ministero italiano della Salute con la stessa legge esponenziale. Gli esperti spiegano che i dati disponibili hanno mostrato che il trend nell’aumento del numero di pazienti che avranno bisogno di terapia intensiva aumenterà notevolmente e inesorabilmente nei prossimi giorni. Nell’articolo si prevede che questo numero potrebbe "saturare la capacità del sistema sanitario nazionale in pochi giorni". Dato che finora, evidenzia Andrea Remuzzi, "la percentuale di pazienti che richiedono la terapia intensiva è vicina al 10% dei pazienti infetti, si può prevedere che potrebbero essere teoricamente necessari fino a 4.000 posti letto di terapia intensiva durante il periodo peggiore dell’infezione, che sarà verosimilmente tra circa 4 settimane".

"Ci rendiamo conto - ragiona Giuseppe Remuzzi, direttore del ’Mario Negri’ - che è molto verosimile che a questo numero di posti letto di terapia intensiva non si possa arrivare. Una percentuale speriamo significativa di pazienti accederà alla terapia intensiva, gli altri saranno trattati con supporti respiratori meno invasivi. Questa è una grossa sfida per l’Italia, perché ora ci sono poco più 5.200 posti letto in terapia intensiva in totale".

"Abbiamo solo poche settimane per l’approvvigionamento di personale, attrezzature tecniche e materiali" che ci permettano di fronteggiare l’emergenza coronavirus nelle dimensioni che potrebbe assumere, incalza Giuseppe Remuzzi. "Sappiamo che il Governo è al lavoro per approvare una legge che consentirà al servizio sanitario di assumere 20.000 medici e infermieri e di fornire altri 5.000 ventilatori agli ospedali italiani. Queste misure rappresentano un passo nella giusta direzione, ma il nostro modello - ammonisce - ci dice che devono essere attuate con urgenza, nel giro di pochi giorni".

"I leader politici e le autorità sanitarie nazionali" devono "muoversi il più rapidamente possibile per garantire che vi siano risorse sufficienti" per far fronte alla pandemia di nuovo coronavirus, "tra cui personale, posti letto e strutture di terapia intensiva, per quello che accadrà nei prossimi giorni e settimane", concludono gli scienziati.

Coronavirus, diocesi corregge: "A Roma chiese parrocchiali aperte"

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(Elena Davolio) - La diocesi di Roma fa un correttivo al decreto anti coronavirus con cui ieri era stata disposta la chiusura totale di tutte le chiese parrocchiali e non. Con un nuovo decreto il cardinale vicario Angelo De Donatis, a quanto si apprende, dispone che restino "aperte le chiese parrocchiali e quelle che sono sedi di missioni con cura di anime ed equiparate". Il monito del Papa stamani a Santa Marta rivolto ai Vescovi sulle "drastiche chiusure" ha fatto breccia.

Nel nuovo decreto, il cardinale vicario di Roma De Donatis spiega ad ogni modo che la "Chiesa di Roma, in piena comunione con il suo Vescovo, è consapevole del significato simbolico della decisione presa col predetto decreto. L’infezione da Coronavirus si sta diffondendo in maniera esponenziale: in pochissimi giorni il numero dei contagiati è raddoppiato e di questo passo è difficile prevedere che in brevissimo tempo raggiunga l’ordine delle decine di migliaia di persone solo in Italia".

De Donatis ricorda che "potrebbe essere coinvolto un numero ancora più elevato di persone, soprattutto anziani e soggetti vulnerabili". Tuttavia annota il Vicario, in sintonia con quanto ammonito dal Papa stamani nella messa a Santa Marta, "ogni provvedimento cautelare ecclesiale deve tenere conto non solo del bene comune della società civile ma anche di quel bene unico e prezioso che è la fede, soprattutto quella dei più piccoli".

Da qui il passo indietro e la modifica del decreto di ieri: "Si esortano i fedeli fino al 3 aprile ad attenersi con matura coscienza e con senso di responsabilità alle direttive dei Dpcm in particolare quelle del decreto ‘io resto a casa’". Niente precetto festivo, dunque, per i fedeli e, pur rimanendo chiuse le chiese non parrocchiali, De Donatis dispone da oggi, dopo il richiamo del Papa, che restino "aperte le chiese parrocchiali. Restano altresì accessibili gli oratori di comunità stabilmente costituite limitatamente alle medesime collettività che abitualmente ne usufruiscono in quanto residenti, con interdizione all’accesso dei fedeli che non sono membri stabili".

Nel nuovo decreto, il cardinale vicario di Roma De Donatis spiega ad ogni modo che la "Chiesa di Roma, in piena comunione con il suo Vescovo, è consapevole del significato simbolico della decisione presa col predetto decreto. L’infezione da Coronavirus si sta diffondendo in maniera esponenziale: in pochissimi giorni il numero dei contagiati è raddoppiato e di questo passo è difficile prevedere che in brevissimo tempo raggiunga l’ordine delle decine di migliaia di persone solo in Italia".

De Donatis ricorda che "potrebbe essere coinvolto un numero ancora più elevato di persone, soprattutto anziani e soggetti vulnerabili". Tuttavia annota il Vicario, in sintonia con quanto ammonito dal Papa stamani nella messa a Santa Marta, "ogni provvedimento cautelare ecclesiale deve tenere conto non solo del bene comune della società civile ma anche di quel bene unico e prezioso che è la fede, soprattutto quella dei più piccoli".

Da qui il passo indietro e la modifica del decreto di ieri: "Si esortano i fedeli fino al 3 aprile ad attenersi con matura coscienza e con senso di responsabilità alle direttive dei Dpcm in particolare quelle del decreto ‘io resto a casa’". Niente precetto festivo, dunque, per i fedeli e, pur rimanendo chiuse le chiese non parrocchiali, De Donatis dispone da oggi, dopo il richiamo del Papa, che restino "aperte le chiese parrocchiali. Restano altresì accessibili gli oratori di comunità stabilmente costituite limitatamente alle medesime collettività che abitualmente ne usufruiscono in quanto residenti, con interdizione all’accesso dei fedeli che non sono membri stabili".

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