Confcommercio: "Disagio sociale ai massimi" (Altre News)

Ponte Genova - Caporalato, Bellanova - Quattordicesima non pagata, cosa fare

9_7_20_ECONOMIA.jpg

Confcommercio: "Disagio sociale ai massimi"

cms_18210/lavoro_rit_Fg.jpg

A maggio l’indice di disagio sociale si attesta a 39,8 (-0,7 punti su aprile). E’ quanto emerge dal Mic, il Misery Index Confcommercio. L’area del disagio sociale si conferma ai massimi da quando viene elaborato l’indicatore, sottolinea una nota.

Gran parte si concentra tra coloro che pur avendo ancora ufficialmente un lavoro si trovano a vivere condizioni di grande difficoltà, in considerazione di una ripresa dell’attività produttiva graduale che mantiene ai minimi le ore lavorate. Il ricorso massiccio alla cassa integrazione ed ai fondi di solidarietà sta per il momento sostenendo i redditi dei lavoratori che operano in imprese di minori dimensioni e in settori tradizionalmente esclusi dagli ammortizzatori sociali.

Situazione che non potrà protrarsi a lungo, vista anche, sottolinea Confcommercio, la difficoltà per molte di queste imprese, soprattutto del turismo, di tornare a livelli di attività accettabili ed idonei a garantirne la sopravvivenza. Il rischio di un autunno molto difficile sul versante dell’occupazione non deve essere sottovalutato. A maggio il tasso di disoccupazione ufficiale si è attestato al 7,8%, in aumento di 1,2 punti percentuali su aprile, in seguito al ritorno sul mercato del lavoro di parte degli inattivi (+307mila unità le persone in cerca di occupazione sul base mensile).

Nonostante le progressive riaperture sono ancora numerose le persone che vivono una situazione di forzata riduzione dell’orario di lavoro, elemento che porta il tasso di disoccupazione corretto al 10,7%, in aumento su aprile. Nonostante il ritorno sul mercato del lavoro di una parte di coloro che nei mesi di marzo ed aprile erano stati costretti ad una forzata inattività il numero di scoraggiati si conferma su livelli storicamente elevati.

A maggio 2020 le ore autorizzate di Cig si sono attestate su di un valore di prossimo a 473 milioni di ore a cui si associano oltre 398 milioni di ore per assegni erogati da fondi di solidarietà. Di queste 871 milioni di ore oltre 849 avevano causale Covid-19, dato sostanzialmente in linea con quanto rilevato ad aprile. In termini di ore di CIG effettivamente utilizzate destagionalizzate e ricondotte a ULA, si stima che questo corrisponda a oltre 4,4 milioni di unità lavorative standard. Il combinarsi di queste dinamiche ha portato il tasso di disoccupazione esteso al 31,5% in linea con il dato di aprile.

Nello stesso mese i prezzi dei beni e dei servizi ad alta frequenza d’acquisto sono risultati invariati su base annua, in deciso rallentamento rispetto allo 0,8% di aprile.

Ponte Genova, "non illegittimo escludere Autostrade da ricostruzione"

cms_18210/ponte_genova48_fg.jpg

La Corte Costituzionale ha esaminato nell’odierna camera di consiglio le questioni sollevate dal Tar della Liguria riguardanti numerose disposizioni del decreto legge n. 109 del 2018, cosiddetto decreto Genova, emanato dopo il crollo del Ponte Morandi. Il decreto ha affidato a un commissario straordinario le attività volte alla demolizione integrale e alla ricostruzione del Ponte nonché all’espropriazione delle aree a ciò necessarie. Inoltre, è stato demandato al commissario di individuare le imprese affidatarie, precludendogli di rivolgersi alla concessionaria Autostrade Spa (Aspi) e alle società da essa controllate o con essa collegate. Infine, il decreto impugnato ha obbligato Aspi a far fronte ai costi della ricostruzione e degli espropri. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto non fondate le questioni relative all’esclusione legislativa di Aspi dalla procedura negoziata volta alla scelta delle imprese alle quali affidare le opere di demolizione e di ricostruzione.

"La decisione del Legislatore di non affidare ad Autostrade la ricostruzione del Ponte è stata determinata dalla eccezionale gravità della situazione che lo ha indotto, in via precauzionale, a non affidare i lavori alla società incaricata della manutenzione del Ponte stesso" fa sapere l’Ufficio stampa della Consulta che ha deciso che ’non è illegittimo estromettere Autostrade da ricostruzione’.

La Corte ha poi dichiarato inammissibili le questioni sull’analoga esclusione delle imprese collegate ad Aspi e quelle concernenti l’obbligo della concessionaria di far fronte alle spese di ricostruzione del Ponte e di esproprio delle aree interessate. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

Immediate le reazioni. "Anche la Consulta ci dà ragione: legittimo estromettere Aspi dalla ricostruzione del Ponte Morandi. Altra conferma del grande lavoro dell’allora ministro Danilo Toninelli con il decreto Genova. Perché giustizia sia fatta adesso non rimane che la revoca", scrive in un tweet il viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Giancarlo Cancelleri.

"La Corte Costituzionale ha dichiarato legittimo estromettere Aspi dalla ricostruzione del Ponte Morandi. Questa sentenza è il risultato della determinazione del Movimento 5 Stelle e di Danilo Toninelli, non ci siamo mai piegati. Il pensiero va alle 43 vittime e ai loro familiari", il post su Facebook del Movimento 5 Stelle.

Commenta in una nota il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “La Consulta ci ha dato ragione, non era illegittimo estromettere i Benetton dalla ricostruzione del Ponte di Genova, il nostro decreto andava bene. Un grazie, doveroso, a Danilo Toninelli che ha sempre dato il massimo per la ricostruzione del Ponte. Adesso pensiamo a fare giustizia per le famiglie delle 43 vittime”.

"La Consulta ha appena dichiarato perfettamente legittima la scelta del Decreto Genova di escludere Autostrade dalla ricostruzione del ponte sul Polcevera. Complimenti a Danilo Toninelli. Una conferma di quanto dice da sempre il M5S: va tolta la concessione ai Benetton" il tweet della ministra Fabiana Dadone.

Per il ministro Federico D’Incà "la decisione della Consulta su #Aspi spazza via qualsiasi dubbio residuo. Come indicato da Giuseppe Conte si proceda in fretta per chiudere dossier Autostrade, lo dobbiamo alle famiglie delle vittime e a tutti gli italiani. Grazie Danilo Toninelli per il prezioso lavoro svolto"

Caporalato, Bellanova: "Senza contratto si può chiedere permesso di soggiorno temporaneo"
cms_18210/migranti_campo_fg.jpg

Chi un contratto non lo possiede "e diventa vittima del caporalato, può andare presso gli uffici e fare senza un datore di lavoro la richiesta di un permesso di soggiorno temporaneo. Nel momento che queste persone avranno un contratto di lavoro il permesso di soggiorno temporaneo diverrà per lavoro". Lo ha detto la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova a Agorà estate su Raitre.

Quattordicesima non pagata, cosa fare

cms_18210/busta_paga_FTG.jpg

Cosa fare se il lavoratore non riceve il pagamento della quattordicesima pur avendo diritto? In questi casi il lavoratore deve attivarsi per chiedere il pagamento di quanto a lui spettante. Occorre, tuttavia, prestare attenzione ai termini di prescrizione nell’esercizio del proprio diritto in quanto, se superati, il lavoratore potrebbe perdere il diritto a ricevere la quattordicesima, come sottolinea laleggepertutti.it.

Molti contratti collettivi hanno introdotto le cosiddette mensilità aggiuntive, ossia, il diritto dei lavoratori a ricevere ulteriori mensilità di stipendio oltre la dodicesima. In alcuni Ccnl si prevede il pagamento di una tredicesima mensilità; in altri si prevede il diritto del lavoratore ad una ulteriore quattordicesima mensilità.

La quattordicesima, in particolare, è una ulteriore mensilità di stipendio dovuta al lavoratore qualora il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro la preveda. La quattordicesima viene pagata solitamente a luglio, in concomitanza con le ferie estive.

La somma erogata al dipendente a titolo di quattordicesima, nei casi in cui tale diritto sia previsto dal Ccnl applicato, viene pagata direttamente in busta paga assumendo come parametro di riferimento la retribuzione del lavoratore nel mese di erogazione. Ciò vuol dire che se un lavoratore a tempo pieno riceve la quattordicesima con la busta paga di luglio 2020 e, a giugno 2020, la sua retribuzione mensile è aumentata a causa di un avanzamento di livello di inquadramento, la quattordicesima sarà pari al nuovo reddito incrementato e non al vecchio reddito precedente all’aumento di livello.

Se, invece, nel corso del periodo di maturazione della quattordicesima, il dipendente subisce una modifica dell’orario di lavoro, che incide inevitabilmente anche sulla sua retribuzione, la quattordicesima dovrà essere calcolata pro-rata, ossia, si dovrà calcolare il rateo maturato durante i mesi ad orario di lavoro ridotto e sommarlo al rateo maturato durante i mesi di lavoro full-time.

Per quanto concerne il calcolo, al pari della tredicesima, la quattordicesima è un istituto retributivo a maturazione progressiva. Ciò significa che per ogni mese di servizio si matura un rateo di quattordicesima e una volta raggiunta la data prevista per l’erogazione viene corrispoto al lavoratore il totale dei ratei maturati nel periodo di maturazione.

Il rateo di quattordicesima viene calcolato dividendo l’importo della retribuzione lorda del mese di riferimento per dodici.

Per quanto concerne il trattamento fiscale e contributivo, gli importi erogati al lavoratore a titolo di quattordicesima sono assoggettati a tassazione piena ed a contribuzione previdenziale piena. Ne consegue che, prima di erogare il netto al lavoratore, il datore di lavoro, in qualità di sostituto di imposta, dovrà trattenere dal loro l’imposta sul reddito Irpef, in base all’aliquota applicabile al lavoratore, e la quota di contributi previdenziali Inps a carico del lavoratore che, di solito, è pari al 9,19%. Nella busta paga del mese in cui riceve la quattordicesima, il lavoratore avrà evidenza delle trattenute operate e del netto erogato.

Può accadere che, nel mese di pagamento della quattordicesima previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavooro, il lavoratore non riceva l’importo a lui spettante. In questi casi, ci sono varie possibilità, che dipendono dalle circostanze concrete del singolo contesto aziendale.

Può accadere che il datore di lavoro si trovi in un momento di temporanea difficoltà economica e chieda ai lavoratori di pazientare qualche mese per avere la quattordicesima. Se, invece, senza alcuna informazione preliminare, il datore di lavoro omette di pagare la quattordicesima la situazione è diversa.

In questo caso, i passaggi da seguire sono i seguenti: innanzitutto, il lavoratore dovrebbe contattare l’ufficio del personale e chiedere informazioni a riguardo; se la risposta è evasiva il lavoratore deve inviare al datore di lavoro un sollecito di pagamento quattordicesima. Il sollecito può essere scritto direttamente dal lavoratore oppure da un patronato o da un avvocato; se non viene data nessuna risposta nemmeno al sollecito, occorre agire per il recupero coattivo del credito, attivando la procedura di esecuzione forzata.

Occorre tenere in considerazione il fatto che la quattordicesima non è un diritto del lavoratore previsto dalla legge ma introdotto solo dai Ccnl. E’ dunque nel Ccnl che si trova la disciplina specifica della quattordicesima, anche con riferimento al mese in cui deve essere pagata e ai termini per il suo pagamento.

In linea generale, i crediti del lavoratore si prescrivono in cinque anni. Tale principio, tuttavia, non si applica al credito da quattordicesima. Con riferimento alla tredicesima e alla quattordicesima, secondo l’interpretazione della Cassazione opera la prescrizione presuntiva triennale. La legge prevede, infatti, che si prescrive in tre anni il diritto dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese. Lo stipendio mensile, dunque, si prescrive in cinque anni ma le mensilità aggiuntive in tre anni.

Tuttavia, la prescrizione triennale non costituisce prescrizione in senso proprio, ma una prescrizione presuntiva. Ciò in quanto non comporta l’estinzione del diritto tout court, ma si limita a prevedere che, di fronte al passaggio di un certo periodo di tempo (in questo caso tre anni), scatti una presunzione legale del soddisfacimento del diritto.

In altre parole: dopo tre anni si presume che la quattordicesima sia stata pagata ma tale presunzione può essere superata fornendo in giudizio la prova contraria (ossia, attraverso la confessione giudiziale del datore di lavoro o il deferimento del giuramento decisorio).

Un altro problema da affrontare, oltre al termine di prescrizione, è l’individuazione del momento in cui il termine di prescrizione inizia a decorrere. La regola generale in materia di prescrizione prevede che la stessa inizi a decorrere da quando il credito è divenuto liquido ed esigibile. Nel caso della quattordicesima, ad esempio, se il Ccnl prevede che tale mensilità aggiuntiva debba essere pagata il 27 luglio, la prescrizione inizia a decorrere il 27 luglio, ossia nel momento in cui il pagamento era esigibile.

Nell’ambito dei rapporti di lavoro, tuttavia, la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha introdotto il principio secondo cui, nei rapporti di lavoro privi della cosiddetta stabilità reale, ossia di una forte protezione in caso di licenziamento illegittimo, la prescrizione non può decorrere in costanza di rapporto ma solo al momento in cui il rapporto di lavoro cessa. Ciò in quanto, secondo i giudici costituzionali, il lavoratore, durante il rapporto, a causa della sua posizione subalterna rispetto al datore di lavoro (il cosiddetto metus) non sarebbe in condizione di attivare i propri diritti e, dunque, sarebbe indotto a rinunciare a far valere quanto a lui spetta.

Fino al 2012, la situazione era abbastanza semplice: nelle aziende con più di quindici dipendenti, per le quali era prevista, in caso di licenziamento illegittimo del lavoratore, l’applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (reintegrazione nel posto di lavoro) e nel pubblico impiego la prescrizione iniziava a decorrere anche durante il rapporto di lavoro; al contrario, nelle altre aziende la prescrizione iniziava a decorrere solo alla fine del rapporto.

Dal 2012, tuttavia, varie riforme hanno modificato la tutela del lavoratore in caso di licenziamento e il problema appare oggi quantomai aperto. Secondo alcuni, oggi, solo nel pubblico impiego la prescrizione può decorrere in costanza di rapporto.

Redazione

Tags:

Lascia un commento



Autorizzo il trattamento dei miei dati come indicato nell'informativa privacy.
NB: I commenti vengono approvati dalla redazione e in seguito pubblicati sul giornale, la tua email non verrà pubblicata.

International Web Post

Direttore responsabile: Attilio miani
Condirettore: Federica Marocchino
Condirettore: Antonina Giordano
Editore: Azzurro Image & Communication Srls - P.iva: 07470520722

Testata registrata presso il Tribunale di Bari al Nrº 17 del Registro della Stampa in data 30 Settembre 2013

info@internationalwebpost.org
Privacy Policy

Collabora con noi

Scrivi alla redazione per unirti ad un team internazionale di persone dinamiche ed appassionate!

Le collaborazioni con l’International Web Post sono a titolo gratuito, salvo articoli, contributi e studi commissionati dal Direttore responsabile sulla base di apposito incarico scritto secondo modalità e termini stabiliti dallo stesso.


Seguici sui social

Newsletter

Lascia la tua email per essere sempre aggiornato sui nostri contenuti!

Iscriviti al canale Telegram