CRISI SAHEL, ORA IL RISCHIO È ANCHE ALIMENTARE

Le drammatiche conseguenze del conflitto in Ucraina: si rischia una catastrofe umanitaria

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La regione del Sahel, una striscia terrena lunga 8.500 km così vasta da attraversare 12 Stati (Gambia, Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Camerun, Ciad, Sudan, Sud Sudan ed Eritrea), era una delle aree più importanti e sotto controllo dell’Europa. L’invasione russa in Ucraina però ha smosso questi equilibri conseguentemente il livello di attenzione europeo su quest’area è diminuito notevolmente. Le motivazioni di tanta attenzione verso questa regione, ristanno nel fatto che qui i gruppi Jihadisti hanno accresciuto costantemente il loro potere nell’ultimo decennio, sfruttando problemi e debolezze strutturali dei Paesi dell’area. Gli aiuti internazionali non sono mancati, dalla politica ai finanziamenti, passando per quelli militari. Ma nell’ultimo biennio l’approccio UE è cambiato. Le concause di tale azione sono sicuramente i colpi di stato in Mali, Ciad e Burkina Faso, le tensioni diplomatiche di alcuni di questi Stati con Paesi europei ed ovviamente la guerra russo-ucraina.

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Il conflitto in Ucraina ha spaccato ulteriormente la regione ed anche l’approccio europeo. La Russia sta instaurando rapporti di cooperazione militare sempre maggiori e più stretti soprattutto con il Mali, ma anche con altri Paesi dell’Africa Occidentale. Sempre il Mali, sembra essere lo Stato più difficoltoso da gestire, tanto che l’alto rappresentate per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell ha certificato la volontà europea di un ridimensionamento del piano di attività nel Paese africano. Ricapitolando: l’area del Sahel, è proliferazione di cellule, basi e addestramento per gli Jihadisti, in alcune zone fortemente legate alla Russia e sempre meno aiutate dall’Europa che vorrebbe spostare l’attenzione ed impiego più a Sud, verso i paesi del Golfo di Guinea e più a nord verso il Niger.

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Ma la crisi del Sahel non riguarda solo le tematiche diplomatiche, politiche e militari. A cascata, questa situazione durissima è piombata addosso ai cittadini della regione. Dal punto di vista umanitario il Sahel sta attraversando una criticità enorme.

Secondo di dati forniti dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), circa 18 milioni di persone nella regione del Sahel dovranno affrontare una grave insicurezza alimentare nei prossimi tre mesi, la più grave crisi umanitaria dal 2014. Altri numeri ancora dicono che 2,5 milioni di persone sono state sfollate a causa del conflitto nel Nord del Mali, mentre i rifugiati in Burkina Faso, Mali e Niger sono 410mila e gli attacchi dei gruppi armati nel corso del 2021 sono stati ben 800 in tutta l’area. Questi dati, forniti dall’UNHCR (Agenzia ONU per i rifugiati), si aggiungono a conseguenze ulteriori, come i traffici illegali e violenze.

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Inoltre, al problema alimentare sopracitato, si aggiunge la situazione Ucraina, uno dei maggiori produttori ed esportatori di grano al mondo. Volodymyr Zelensky nella giornata di ieri ha fatto sapere che oltre 22 milioni di tonnellate di grano sono bloccate a causa del conflitto, e spesso viene rubato dai russi. Lo spettro di una crisi alimentare globale è dovuto al fatto che, come riportato dal Corriere della Sera, Russia e Ucraina producono un terzo del grano a livello globale. Non solo: da Kiev nel 2019 partiva il 9% delle esportazioni globali di grano, ma anche il 16% di quelle di mais, il 10% dell’orzo e il 42% dell’olio di girasole. Dalla Russia e dalla Bielorussia invece arriva invece il 40% della potassa, un fertilizzante. Ovviamente a rischiare maggiormente questa potenziale crisi sono i Paesi dell’Africa, e soprattutto quelli del Sahel. I 27 membri UE sarebbero quindi pronti a sostenere con il loro bilancio le nazioni più esposte al rischio carestia in Africa e Medio Oriente. A scacciare l’ipotesi che quella della crisi alimentare globale sia solo un’ipotesi lontana ci ha pensato lo Sri Lanka, fortemente dipendente dalle importazioni, prezzo molto alto e scarsità di grano hanno tristemente aiutato lo Stato a dichiarare il default.

Riccardo Seghizzi

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