CONTINUANO LE PROTESTE IN IRAN

Oltre trecento manifestanti arrestati, quattro rischiano la pena di morte

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cms_28021/0.jpgIl tribunale di Teheran ha emesso verdetti di colpevolezza e accuse per 315 persone che sono state arrestate dopo aver preso parte alle manifestazioni anti-governative dell’Iran. Quattro delle persone sono state accusate di “belligeranza” secondo l’agenzia di stampa della Repubblica islamica; questo è un crimine che può comportare una condanna a morte o amputazione degli arti.

Siamo ormai alla sesta settimana di proteste, sostenute da raduni studenteschi e nuovi scioperi da parte dei lavoratori, che coinvolgono tutto il paese. Ci sono stati migliaia di arresti da quando le proteste sono scoppiate il 16 settembre in seguito alla morte, sotto custodia della polizia, della ventiduenne curdo-iraniana Mahsa Amini, arrestata per presunta violazione del rigoroso codice di abbigliamento islamico dell’Iran.

Gli altri imputati sono stati accusati di "raccolta e cospirazione con l’intento di danneggiare la sicurezza nazionale, la propaganda contro lo Stato e il disordine pubblico", crimini per cui è prevista la detenzione.

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Ad inizio settimana sono stati condivisi foto e video su Twitter che riprendevano manifestazioni nelle università di Hamedan, Teheran ed Esfahan, in cui alcuni studenti hanno sfidato le regole della segregazione di genere che sono obbligatorie nelle caffetterie dei campus.

Il gruppo curdo Hengaw Human Rights Organization ha fatto sapere che i sindacati degli insegnanti in tutte le province curde dell’Iran hanno annunciato scioperi per esprimere la propria solidarietà verso i manifestanti. Uno studente curdo di 21 anni è stato ucciso dopo essere stato picchiato dalle forze di sicurezza durante le proteste.

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Il portavoce del governo iraniano, Ali Bahadori Jahromi, è stato rumorosamente insultato mentre cercava di tenere un discorso alla K.N. Toosi University of Technology di Teheran. Video non verificati dell’evento condiviso su Twitter mostrano una folla compatta che gridava “morte al Basij, non vogliamo un regime corrotto”, un riferimento alle milizie islamiche volontarie dell’Iran. Gli studenti pro-regime hanno cercato di contrastare gli slogan e oscurare i file multimediali pubblicati. Queste proteste sono tra le più eclatanti dalla rivoluzione iraniana del 1979 e si stanno espandendo al fine di contrastare un grande rimprovero della Repubblica islamica, innescando però una risposta brutale da parte delle autorità.

Gli ultimi dati raccolti dal gruppo di Oslo Iran Human Rights mostrano che almeno 215 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza, tra cui anche 27 bambini.

Marlen Cirignaco

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