CONOSCERE SE STESSI PER ABBATTERE IL MALE

L’udienza del mercoledì di Francesco

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Avete sentito tante volte: “Ma quella persona, perché non sistema la sua vita? Mai ha saputo quello che vuole …”. C’è gente che … E poi sì, la sua vita va così, perché non sa neppure lui quello che vuole. Senza arrivare a quell’estremo, ma anche a noi succede che non sappiamo bene che vogliamo, non ci conosciamo bene”.

Conoscersi è l’arte più difficile di sempre, soprattutto nella frenesia dei nostri giorni. Vero, la società odierna non lascia spazio al silenzio, quella pratica utile al fine di riflettere su se stessi e sulle azioni compiute. Questo processo così complesso si riflette inevitabilmente anche sulla Chiesa, che da troppo tempo non riesce a rispondere in modo adeguato ai grandi interrogativi di oggi. Questo malessere interiore invade la quotidianità, che troppo spesso ci vede in balia del male.

A tal proposito, Bergoglio nella sua udienza del mercoledì non si sofferma solo sul tema della pace, bensì riconosce una grande centralità all’umanesimo. Per questo, il Pontefice parla di discernimento, pratica difficile e insidiosa non solo per i fedeli: “Sono giunto alla convinzione che l’ostacolo più grande al vero discernimento (e ad una vera crescita nella preghiera) non è la natura intangibile di Dio, ma il fatto che non conosciamo sufficientemente noi stessi, e non vogliamo nemmeno conoscerci per come siamo veramente. Quasi tutti noi ci nascondiamo dietro a una maschera, non solo di fronte agli altri, ma anche quando ci guardiamo allo specchio”.

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Il pericolo maggiore è quello di illudersi che tutto si possa mascherare, ma anche su questo il Santo Padre ci tiene a puntualizzare: “Conoscere sé stessi non è difficile, ma è faticoso: implica un paziente lavoro di scavo interiore. Richiede la capacità di fermarsi, di ‘disattivare il pilota automatico’, per acquistare consapevolezza sul nostro modo di fare, sui sentimenti che ci abitano, sui pensieri ricorrenti che ci condizionano, spesso a nostra insaputa”.

La volontà è alla base di questo processo di trasformazione interiore: solo attraverso un serio lavoro su se stessi si può pensare di cambiare qualcosa. La tanto contestata quotidianità, dove tutto va storto, può svoltare in senso positivo grazie alle nostre opere concrete.

Il male è sempre dietro l’angolo e Francesco lo fa comprendere chiaramente: “Il tentatore, cioè il diavolo, conosce bene queste parole-chiave, ed è importante che le conosciamo anche noi, per non trovarci là dove non vorremmo. La tentazione non suggerisce necessariamente cose cattive, ma spesso cose disordinate, presentate con una importanza eccessiva. In questo modo ci ipnotizza con l’attrattiva che queste cose suscitano in noi, cose belle ma illusorie, che non possono mantenere quanto promettono, lasciandoci alla fine con un senso di vuoto e di tristezza. Quel senso di vuoto e tristezza è un segnale che abbiamo ‘preso’ una strada che non era giusta, che ci ha disorientato”.

Giuseppe Capano

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