CELEBRAZIONI “ALLO ZUCCHERO E AL VELENO”

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Mettendo da parte i toni militareschi dell’inno che accompagna ogni celebrazione nazionale, in cui gli Italiani confermano i voti dei loro eroici predecessori: “...Siam pronti alla morte!...” in difesa della patria; in occasione dell’inaugurazione dell’ EXPO 2015, con gli occhi e le orecchie del mondo puntati su Milano nostra capitale del Commercio e della Finanza, l’Italia ha schierato in bella mostra un coro, di innocenza genuinità e speranza, composto di bambini inneggianti: “...Siam pronti alla vita!...”.

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Certamente, intorno a loro c’era il dispiegarsi della vita nell’accezione, più positiva, del fondamentale bisogno a mantenerla attraverso quel cibo che, nutrendo il corpo, è di supporto all’elevazione della mente e dello spirito verso la conquista umana, di sè e dell’oltre da sè, ispirandosi al senso della bellezza che, pronta in natura, si è voluto fosse rappresentata in tutto il contesto espositivo, a partire dall’imponente Albero della Vita simbolo e prodotto del nostro ingegno artistico e tecnologico.

Ma cosa c’era dietro questa oasi di “bellezza”?

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C’era la devastazione di una Milano che, nel mondo, è sinonimo della nostra migliore espressione di imprenditorialità in ogni ambito; violentata dalla furia di quanti, mascherati da “uomini neri”, hanno danneggiato bruciato e distrutto ciò che si era trovato sul loro cammino, avendo organizzato quella punizione rabbiosa contro i segni di benessere da cui si sentivano esclusi. In questo caso, quello che è stato “vantato” come “bordello” fatto nella città, dai devastatori è stato voluto sull’onda di un mal recepito senso di giovinezza ideologicamente autolegittimatasi alla rivalsa violenta contro il senso di difficoltà e di esclusione che, in ogni tempo, ha caratterizzato l’affacciarsi al mondo adulto produttivo contro cui, però, oggi si sono perpetrati vandalismi da parte di dissennati non curatisi del fatto incontrovertibile della odierna crisi economica che, coinvolgendo tutti, non andrebbe oberata dell’infamia di localistiche derive. Riguardo alle stesse, che un inconcludente “buonismo” avrebbe cercato di minimizzare alla stregua di ”marachelle”, va sottolineata la sostanziale reità che, solo vigliaccamente e stupidamente, si cerca di nascondere dietro il dito di una giovinezza anagrafica che, nel vuoto di valori fondati sul rispetto degli altri, evidenzia solo la vetustà insita in disvalori di odio contro cui, pure, in tutti i tempi, i giovani migliori si sono spesi con coraggio e sacrificio.

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D’altra parte, ogni celebrazione sembra inevitabilmente connotarsi di ciò che è espressione, non solo positiva ma anche negativa, della nostra Giano-bifronte natura umana che, anche quando abbia superato una verde età, spesso non è esente da ciò che i Ching, di orientale saggezza, riporterebbero indietro ad una residuata “stoltezza giovanile”. Così anche quando, nel celebrare la memoria storica della fine di un conflitto che abbia segnato il riscatto dal giogo straniero,ci si sarebbe attesa solo una partecipazione composta, nei giusti limiti di un gioioso ribadire il ricordo della vittoria duramente conseguita; tuttavia, è già successo che, contemporaneamente, ci siano stati comportamenti, a dir poco, riprovevoli.

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Infatti, da una parte si sono dispiegati cortei celebrativi dietro simboli di quanto meglio in cui possa identificarsi un popolo, con lo sventolìo della bandiera nazionale e l’inneggiare delle fanfare e di improvvisati cori, accompagnati dalle declamazioni rituali dell’Autorità e l’affollarsi, in bella mostra, di vessilli corporativi e striscioni rimarcanti le relative ideologie attraverso la sintesi di slogan scanditi anche a viva voce; d’altra parte, addirittura nello stesso contesto, individui al culmine di una maturità biologica e giovani animati da distorte logiche di recepito odio, sono arrivati a trascendere con esternazioni ingiuriose e comportamenti triviali contro manifestanti portatori di ideologie politiche opposte. In realtà, essendo mancato quello che, secondo un civile senso etico, dovrebbe essere il dovuto rispetto nei confronti di chi, e che cosa, rappresenti una attuale legittima diversità di pensiero; altresì, è stata svilita una celebrazione che doveva essere, soprattutto, memoria di quanto ogni guerra sia costata per le troppe vite umane irrimediabilmente perse, nonchè per il depauperamento su ogni fronte, materiale ed etico, della vita sociale di una nazione. In ogni caso, niente che non sia rapportabile agli stessi deficit della nostra mal gestita democrazia che, ad ogni piè sospinto, viene quotidianamente celebrata, anch’essa “allo zucchero e al veleno”.

Rosa Cavallo

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