CAVALCANDO LE ONDE

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“Il surfista adulto dice: “Oh, ho preso un’onda e l’ho cavalcata fino alla spiaggia!”.

Ma quando parli con un bambino di cinque anni che ha appena surfato, lui o lei dirà: “Oh, l’onda mi ha preso e mi ha portato fino alla spiaggia”.

(Keith Duggan)

cms_15775/DSC_2838.jpgCaro Lettore, ci ritroviamo su I sentieri di Psiche…come spesso accade, oggi vorrei parlarvi di riflessioni scaturite dalla metafora utilizzata da una paziente: la metafora del surf.

Il surf è uno sport d’acqua che consiste nel cavalcare le onde utilizzando una tavola da surf; il surfista deve acquisire e mantenere l’abilità di restare in piedi sulla tavola planando lungo la parete dell’onda. Mi ha particolarmente colpita tale metafora perché è stata oggetto di un sogno nel quale la ragazza immaginava di voler cavalcare le onde che però da un lato la intimorivano perché troppo alte, dall’altro era consapevole che soltanto l’altezza delle onde rende possibile il cavalcare sulla tavola.

Nella parole di chi percorre una strada in terapia, spesso fa capolino pian piano il ritorno del desiderio e nello stesso tempo la paura di vivere una passione non ricambiata; da qui ne deriva molto spesso il timore di rimettersi in gioco, di rischiare, di rimettersi in discussione perché la passione, l’amore, come tutte le emozioni, ci travolge e ci getta in un mare mosso e a quel punto abbiamo due possibilità: farci travolgere e annegare oppure prepararci abbracciando la nostra tavola da surf e cavalcare l’onda, quella più alta, quella che ci fa guardare il sole e che ci da la forza di restare in piedi.

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Ho aperto con una citazione che mi è molto piaciuta perché descrive la differenza nel modo di vivere le emozioni tra l’adulto e il bambino: il primo prende l’onda e raggiunge la spiaggia, il secondo si fa prendere dall’onda e si fa trascinare sulla spiaggia. E’ una sottile differenza che però segna il confine della crescita; il mio Didatta dice: “I bambini sanno accettare ciò che è diverso dalle loro aspettative e ti amano lo stesso; i bambini non vedono il bello e il brutto, ma sentono la relazione”. Penso che queste parole siano molto profonde e importanti: molte volte pensiamo, in quanto genitori, educatori, figure di riferimento, di dare la felicità e la serenità ai bambini secondo i nostri canoni di felicità, secondo il nostro modello utopico di serenità e non ci rendiamo conto invece che i nostri bambini, i nostri ragazzi si fanno prendere dall’onda e si affidano e soprattutto sentono quando la ‘temperatura’ dell’acqua è fredda o mite, quando l’onda ti sta cullando o ti sta scuotendo: in entrambi i modi arrivi a toccare la terra ferma ma la modalità con cui arrivi è assai ben diversa.

Penso che molti genitori dovrebbero riflettere su questo e cioè preparare i loro figli ad abbracciare la loro tavola da surf per cavalcare l’onda più alta e a non averne paura.

C’è un film molto bello “Il silenzio sul mare” del 1991 diretto da Takeshi Kitano; si narra la storia di un ragazzo sordomuto che vive la sua vita in modo apatico, svolge il lavoro di netturbino e fa lunghe passeggiate in silenzio con la sua fidanzata, anch’ella sorda; un giorno trova vicino a un bidone dell’immondizia una tavola da surf e così decide di imparare lo sport. Shigeru, il protagonista, trova così uno stimolo nella capacità di cavalcare le onde silenziose; così dopo un po’ di tempo lo iscrivono ad una gara ma non riuscendo a sentire la chiamata, il ragazzo verrà squalificato ma questo non lo farà desistere dal continuare a volersi migliorare anche grazie alla vicinanza e all’incoraggiamento della sua fidanzata. La disabilità è un universo misterioso e silenzioso come il mare: all’inizio temi di attraversarlo, poi ti conduce a lidi sicuri cioè a spazi di confronto autentico, di sentimento autentico: non ci sono filtri né pregiudizi.

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E’ fondamentale fidarsi dell’altro poiché la mancanza di fiducia negli altri riflette sempre quella in noi stessi. Ecco perché è necessario, oggi più che mai, insegnare ai nostri bambini e ragazzi che la vita è come il mare: un giorno ci sono onde piatte e devi avere la pazienza e la fiducia che all’indomani di quell’apatia arriverà un’onda, alta, vigorosa, bianca che potranno prendere, cavalcare imbracciando la loro tavola da surf e restarci in piedi, in equilibrio fino al raggiungimento della terra ferma, della loro spiaggia.

Alla prossima settimana

Teresa Fiora Fornaciari

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