CAOS BREXIT, GLI SCENARI CHE SI PROSPETTANO DOPO L’ENNESIMO NO ALL’ACCORDO

Il governo britannico deve dire cosa intende fare entro il 12 aprile

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cms_12295/2v.jpgIl 29 marzo, per la terza volta, è stato respinto l’accordo sulla Brexit di Theresa May. Adesso sembrano essere due le alternative per il Regno Unito, o Hard Brexit, o il Paese resterà nell’Unione europea. Il risultato del voto – che fra l’altro riguardava solo una parte dell’accordo – mette il Regno Unito in una situazione, se possibile, ancora più complicata: non avendo approvato l’accordo su Brexit, come stabilito dall’Unione Europea, il governo britannico ha perso la possibilità di ottenere una proroga per Brexit al 22 maggio, e sarà costretto a comunicare le sue intenzioni all’UE entro il prossimo 12 aprile.

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La premier ha cercato fino all’ultimo di incassare il via libera della Camera dei Comuni, apportando le “modifiche sostanziali” al testo richieste dallo speaker John Bercow e trattando con la parte più riottosa della sua maggioranza. Non è servito: sull’ennesimo insuccesso, il terzo nell’arco di meno di tre mesi, pesano il voto ostile del Democratic unionist party (gli unionisti nordirlandesi) e di una fronda robusta di conservatori. Alcuni oltranzisti pro-Brexit, come Boris Johnson e Jacob Rees-Mogg, hanno ceduto e dato il loro ok, ma a quanto pare l’ala più intransigente del partito è rimasta sfavorevole. La parte su cui si è votato oggi è il cosiddetto “Withdrawal Agreement”, ovvero l’accordo vero e proprio, quello legalmente vincolante; l’altra parte, quella di cui non si è invece discusso, è la “dichiarazione politica”, che dovrebbe essere la base per i negoziati sulla relazione futura tra Regno Unito e Unione Europea. Prima del voto, un portavoce della Commissione europea aveva detto che all’Unione Europea sarebbe bastata l’approvazione del “Withdrawal Agreement” per far entrare in vigore l’accordo su Brexit.

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A nulla, dunque, è servito il sacrificio della May di offrire le sue dimissioni in cambio di un’approvazione in extremis del suo patto, escludendo, peraltro, dal fascicolo di voto la dichiarazione politica che accompagnava il testo respinto due volte dalla Camera. Ora, in sintesi, questo significa che il Regno Unito dovrà scegliere fra uscire senza alcun accordo il 12 aprile oppure chiedere un’ulteriore proroga prima di quella data.

Dure le prime reazioni politiche al terzo no in poche settimane. “Alla luce della bocciatura dell’accordo di divorzio da parte dei Comuni, ho deciso di convocare un vertice Ue il 10 aprile”, ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. In una nota, la Commissione europea ribadisce l’indisponibilità a trattare: “Lo scenario no-deal a partire dalla mezzanotte del 12 aprile è ora quello più probabile - scrivono da Bruxelles - Accordi settoriali e parziali non sono un’opzione praticabile. I benefici dell’accordo di recesso raggiunto lo scorso novembre, compreso il periodo transitorio non potranno applicarsi in alcun caso”.

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A questo punto, la possibilità di approvare l’accordo su Brexit negoziato da May è sempre più lontana: si potrebbe ora trovare un accordo dell’ultimo secondo, oppure arrivare allo scenario del “no deal”, cioè dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza accordo, considerato catastrofico da molti. Rimangono anche le possibilità di convocare nuove elezioni anticipate o un nuovo referendum su Brexit.

L’ennesima bocciatura dell’accordo sulla Brexit ha avuto, tra l’altro, un immediato effetto sul mercato valutario. La sterlina, infatti, ha accelerato al ribasso, con il cambio con il dollaro che è sceso sotto quota 1,30. Le probabilità che Londra lasci l’Ue senza un accordo il 12 aprile sono quindi aumentate, spiega un analista. Mentre l’indice borsistico principale di Londra, il Ftse, al momento è 100, in rialzo dello 0,56%.

Mary Divella

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