BUONA SCUOLA BIS: COSA CAMBIA?

La riforma, in fase di promulgazione, porterà una ventata d’aria fresca nel sistema scolastico

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Le proteste che vanno avanti dallo scorso febbraio non sono riuscite a fermare il cammino della legge 107/2015, meglio conosciuta come “Buona scuola bis”, naturale prosecuzione delle riforme approvate (e contestate) all’epoca del governo Renzi. Lo scorso giovedì, il presidente Gentiloni e il ministro dell’istruzione Fedeli hanno annunciato l’approvazione degli otto decreti da parte del Consiglio dei Ministri, dopo una discussione durata ben quattro mesi. “I provvedimenti approvati oggi in Consiglio dei Ministri sono il frutto di un lungo lavoro di consultazione in sede parlamentare. C’è stato un ampio confronto che è servito a migliorare e arricchire i testi. Si tratta di decreti che qualificano ulteriormente il sistema di Istruzione del nostro Paese” ha spiegato la Fedeli nel corso della conferenza stampa. “Questa riforma è una notevole iniezione di qualità nella nostra scuola - ha aggiunto il premier - il governo può rivendicare di aver completato nei tempi prefissati il lavoro sulla Buona scuola avviato due anni fa”.

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Cosa cambierà? Gli otto decreti riguardano da vicino quasi tutti i settori della scuola, dal reclutamento degli insegnanti fino allo svolgimento degli esami di maturità. Innanzitutto, saranno messi a punto dei mini-concorsi, costituiti da un solo esame orale, per permettere ai precari di seconda fascia di accedere alle cattedre libere; tuttavia, la precedenza andrà sempre alla prima fascia, secondo la graduatoria di merito. Per gli iscritti in terza fascia, sono previsti un esame scritto e uno orale. Ma il vero pezzo forte della riforma sono i concorsi a favore dei neolaureati, che si terranno ogni due anni (anziché tre) a partire dal 2018. Potranno accedervi tutti coloro che saranno in possesso di almeno 24 crediti psico-pedagogici e didattici; il superamento della prova aprirà la strada a un percorso di formazione retribuito della durata di tre anni, al termine del quale si potrà ottenere una cattedra. Il triennio sembra progettato per favorire un inserimento “soft” nel mondo della scuola: dopo il primo anno, dedicato alla specializzazione, si otterrà un diploma (il corrispondente della vecchia abilitazione); dal secondo anno si comincerà con le supplenze prima corte e infine lunghe, a partire dal terzo anno.

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Sempre nell’ambito del reclutamento, importanti cambiamenti riguarderanno anche i docenti di sostegno: dopo aver conseguito la laurea in Scienze della formazione primaria, infatti, sarà necessario frequentare un corso di 60 crediti sulla didattica dell’inclusione. Ai supplenti saranno concessi contratti pluriennali, al fine di garantire la continuità didattica, mentre per i docenti già assunti sarà possibile, anche se non obbligatorio, usufruire di una formazione più specifica e aggiornata sul tema della disabilità. L’assunzione del personale Ata in relazione al numero di alunni portatori di handicap sarà affidata ai singoli istituti, che potranno disporne liberamente a seconda delle esigenze; resta fisso a 20, invece, il numero massimo di alunni in classi che prevedono la presenza di un disabile.

Le ripercussioni della riforma sul percorso dei ragazzi si faranno sentire già dai primissimi anni di scuola: gli asili nido, sebbene ancora amministrati dai singoli Comuni, dovranno rispondere al controllo diretto del Ministero dell’Istruzione, laddove in passato erano sottoposti all’osservazione del Welfare, nell’ambito dei servizi alla persona. Novità assoluta sarà l’istituzione di Poli per l’infanzia riservati ai bambini di età inferiore ai 6 anni, finalizzati al sostegno della continuità e al potenziamento dei servizi offerti alle famiglie. Alla realizzazione di questi ultimi saranno dedicati appositi fondi Inail, mentre le contribuzioni richieste alle famiglie saranno limitate entro un tetto massimo.

Per i più grandi, le variazioni entreranno in vigore a partire dall’anno scolastico 2018-2019. Ai 6 indirizzi professionali se ne aggiungeranno altri 5, con particolare attenzione verso artigianato e Made in Italy, servizi per l’agricoltura, enogastronomia e turismo, oltre che verso le professioni di ambito sanitario e sociale. Il percorso sarà della durata di 5 anni, suddivisi in due fasi: il primo triennio sarà finalizzato al conseguimento di una qualifica, mentre il biennio finale porterà all’acquisizione di un diploma professionale tecnico, in grado di garantire l’accesso sia all’Università che agli Istituti tecnici superiori.

Un provvedimento più ampio, frutto della collaborazione con il Mibact (Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo), riguarda l’introduzione di progetti per lo sviluppo della creatività, con la realizzazione di percorsi a indirizzo musicale anche nelle scuole medie e la promozione delle esperienze Scuola-Lavoro nell’ambito della conservazione e produzione artistica.

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Dulcis in fundo, le modifiche circa le modalità d’esame, che costituiscono forse l’aspetto più noto e discusso della legge 107. Buone notizie per chi dovrà sostenere l’esame di terza media: il numero delle prove scritte scenderà da cinque a tre, escludendo la temutissima prova Invalsi, che sarà espletata nel corso dell’anno scolastico e non farà media con il voto finale. Ai tre scritti si affiancherà, come da tradizione, il colloquio orale. Più complessi e “rischiosi” i cambiamenti della Maturità, a partire dall’ammissione. Per accedere all’Esame di Stato, infatti, sarà necessario raggiungere la sufficienza in tutte le materie - anziché la semplice media del 6 - e aver superato le prove Invalsi, la cui valutazione entrerà a far parte del curriculum personale. In casi eccezionali potranno essere ammessi all’esame anche gli studenti con un’unica insufficienza, ma ciò andrà a influire negativamente sui crediti, il cui tetto massimo passerà da 25 a 40. Gli scritti saranno due invece di tre: abolito il quizzone, alias terza prova, resteranno il classico compito di italiano con traccia a scelta e la seconda prova. Quest’ultima, variabile a seconda dell’indirizzo, richiederà l’uso di competenze “trasversali”: ad esempio, le prove per i licei scientifici potrebbero comprendere matrici sia di matematica che di fisica, saggiando non solo le conoscenze in senso stretto, ma anche e soprattutto la capacità di metterle in campo nei diversi contesti della vita quotidiana. Anche il colloquio orale subirà un radicale rinnovamento: le tesine non dovranno più vertere su argomenti teorici, bensì “raccontare” l’esperienza Scuola-Lavoro vissuta da ciascun alunno.

Sarà la riforma “giusta” per dare nuova forza al mondo della scuola? Solo il tempo potrà dircelo. Sebbene le associazioni studentesche l’abbiano accolta con ostilità, la legge 107 potrebbe effettivamente dare una svolta a strutture organizzative ormai obsolete, giovando alla preparazione e al benessere dei ragazzi. L’abitudine, spesso, è una catena che impedisce di puntare a obiettivi più alti: abbandonarsi al cambiamento, per quanto possa essere rischioso, è l’unica strada in grado di condurre al successo.

Federica Marocchino

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