BULLISMO AL FEMMINILE, QUANDO A MOLESTARE E’ LEI

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Baby gang, bullismo, violenza minorile: nomi diversi, stessa fragilità. Ci troviamo di fronte a ragazzi che sembrano aver perso il contatto con le regole sociali e prima ancora con la regolazione emotiva.

Mariam Moustafa, la 18enne di origine egiziana cresciuta a Ostia e pestata a morte a Londra da un branco di bulle, sue coetanee, non è un caso isolato. La violenza delle baby-gang impazza anche nel nostro Paese. Due settimane fa, nel pieno centro di Palermo, due ragazze di 14 anni sono state aggredite a calci e pugni da un gruppo di compagne appartenenti alla banda rivale. Episodi di intolleranza gravissimi, ancora più incredibili se si pensa che le protagoniste sono ragazze di 14-18 anni.

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Ma come si manifesta il bullismo al femminile? Quello messo in atto dal “gentil sesso” è subdolo, perfido e tagliente sul piano psicologico. Si manifesta in diversi modi: minacce, derisioni continue, dispetti, spintoni. Una caratteristica particolare di questo fenomeno al femminile è che prende di mira e critica l’aspetto fisico, un argomento molto sentito dalle ragazze - specie in adolescenza -, le quali vengono prese in giro per il peso, l’altezza o il colore dei capelli. Le bulle si concentrano proprio sull’aspetto estetico della vittima per emarginarla e renderla insicura. E poiché a loro piace giocare facile, si tratta di una guerra impari: da una parte la vittima, dall’altra un gruppo coeso, che si diverte a prendere di mira l’anello più debole, o meglio, la ragazzina timida, introversa, che non è in grado di ribellarsi, oppure quella considerata bella che, potenzialmente, potrebbe rubare la scena alla bulla.

E’ importante, comunque, sfatare alcuni stereotipi che contraddistinguono il bullismo femminile: molti casi hanno come protagoniste ragazze con genitori istruiti o con una certa posizione sociale, e non appartenenti sempre a bassi ceti sociali. Non è neanche vero che abbiano per forza vissuto traumi o subito esperienze dolorose tra le pareti domestiche, perché il più delle volte sono ragazze cresciuta in una famiglia “normale”. Certo, è pur vero che spesso le radici del bullismo affondano nell’educazione ricevuta in famiglia. E’ facile che un atteggiamento aggressivo si sviluppi dove è mancata cura in tenera età o dove i rapporti in casa sono sempre stati gestiti con aggressività.

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Per quanto riguarda le possibili cause, si legano a dinamiche di dominanza all’interno di un gruppo, dove i ruoli sono organizzati in modo gerarchico: si tratta, pertanto, di un fenomeno sociale che serve allo scopo di emergere sul gruppo e dominarlo. La bulla-leader dà ordini e le sue seguaci minacciano, umiliano, picchiano la vittima, mentre qualcun altro filma tutto con lo smartphone. Infatti, tipico dei tempi moderni è il cyberbullismo: il video viene caricato in rete e il web rende praticamente universale l’umiliazione della vittima, che inizia a vivere nel terrore, a volte fino ad arrivare a gesti disperati, come il suicidio. E’ emerso da svariati studi che subire la violenza del bullismo, anche se con atti sporadici, può avere un forte impatto sull’equilibrio emotivo di una ragazza, che ne esce indebolita dal punto di vista dell’autostima.

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Da entrambi i punti di vista, sia come vittime che come bulle, sia come figli che come genitori, si rivela sempre molto utile un aiuto psicologico. Un percorso di psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale è sicuramente indicato in tutti quei casi in cui si rende indispensabile fronteggiare nel modo più corretto situazioni delicate e difficili. Sarebbe opportuno anche incanalare l’aggressività: se una bambina comincia ad adottare atteggiamenti prepotenti, è bene orientarla verso attività, come lo sport, che insegnano la disciplina. Si può, dunque, comprendere quanto sia grave il fenomeno del bullismo e quanto può incidere sulla vita delle giovani vittime. Mai sottovalutare il male che può fare la violenza psicologica. Il dolore che provoca è difficile da dimenticare.

Luana Campa

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