BRASILE, LULA SI CANDIDA ALLA PRESIDENZA

È arrivata l’ufficialità. Da affrontare la delicata questione degli Indios

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Lula, già Presidente verdeoro dal 2003 al 2011, non aveva ancora ufficializzato la sua candidatura, anche se dal marzo 2021, quando è stato prosciolto da tutte le accuse per l’inchiesta Lava Jato e quindi tornato rieleggibile, aveva sostanzialmente iniziato una lenta campagna elettorale. Già qualche giorno dopo la sentenza che gli ha ridato tutti i diritti politici, Lula era subito finito in cima ai sondaggi e preferenze di voto per l’elezione del prossimo 2 ottobre. Dopo mesi di interviste, interventi, comizi ed incontri sparsi per tutto il Paese, ora ufficialmente anche Lula da Silva è in corsa per il Palácio do Planalto. Come già pronosticato da molti sondaggi e ricerche, a duellare con l’ex presidente Lula ci sarà l’attuale Capo di Stato, Jair Bolsonaro. Ci sono vari terreni e tematiche di scontro tra i due, agli antipodi politici, ma quello che in questi ultimi giorni ha tenuto banco è la delicata questione indigena. Le popolazioni indigene brasiliane rappresentano lo 0,4% della popolazione del Paese, con 305 tribù, alle quali è stato riconosciuto il 13% del suolo brasiliano, ovvero 690 territori. Durante il quadriennio targato Bolsonaro, il governo ha tagliato in primo luogo molti fondi destinati a queste popolazioni, disboscato intere aree a favore delle lobby agrarie e per l’estrazione mineraria ed infine la controversa diatriba sul Marco Temporale e l’occupazione delle terre indigene.

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Questa ultima tematica ha creato non poche critiche all’esecutivo Bolsonaro, infatti le occupazioni delle terre indigene protette sono state legalizzate, permettendo ai minatori illegali di invadere le riserve distruggendo foreste e inquinando fiumi. Conseguentemente l’estrazione è cresciuta poiché i prezzi elevati dei minerali preziosi e il tacito sostegno del presidente in carica hanno innescato una corsa all’oro, portando malattie, violenza e violazioni dei diritti. Tutto questo ovviamente ha avuto durissime ripercussioni sulle popolazioni indigene e impatti devastati sulla foresta Amazzonica. Su questa tematica proprio Lula è intervenuto qualche giorno fa, promettendo agli indigeni che in caso di vittoria alle presidenziali fermerà l’estrazione illegale di materie prime nelle loro riserve e riconoscerà le loro rivendicazioni sulla terra. Al contrario Bolsonaro nel 2018 affermò di non voler riconoscere un solo centimetro di terra di riserva indigena, guadagnandosi così il supporto delle lobby agricole brasiliane e alleggerendo la sorveglianza ambientale. L’attuale Presidente non ha mai cambiato rotta o idea sul tema, proseguendo sulla sua strada.

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Oltre a ciò, sempre Lula, ha dichiarato che in caso di elezione eliminerà anche tutte quante le politiche su questo argomento messe in campo da Bolsonaro, etichettandolo come: ‘’fascista allineato con coloro che vogliono uccidere le nostre foreste". Queste dichiarazioni e promesse sono avvenute in occasione di una folta manifestazione di oltre 200 tribù indigene accampate a Brasilia, per protestare l’operato dell’esecutivo. Infine Lula ha anche aggiunto di voler creare un ministero degli Affari indigeni. I leader dei nativi Sudamericani invece hanno avanzato la richiesta all’ex Presidente di ricostruire l’agenzia governativa FUNAI (Fundação Nacional do Índio), che ha subito tagli ai fondi e al personale sotto Bolsonaro. L’argomento indigeno si preannuncia quindi un terreno fertile di scontro tra Lula e Bolsonaro. Attualmente al Congresso brasiliano solo Joenia Wapichana è rappresentate per le tribù. Verosimilmente alle prossime elezioni ci sarà sicuramente un aumento dei candidati indigeni per cercare di garantire una maggior presenza legislativa.

Riccardo Seghizzi

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