BOTTA E RISPOSTA TRA CINA E STATI UNITI

“Aereo spia nella no fly zone”. USA: “Volo consentito”

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Immaginate di concedervi una tranquilla passeggiata tra le vie di Pechino e di alzare lo sguardo al cielo. Probabilmente è sereno e ci sono poche nuvole. Nel mentre che le contate notate qualcosa che, nove volte su dieci, non dovrebbe essere lì a fendere le nubi. Un Jet U-2 da ricognizione, per la precisione. Inoltre il quadrante in cui vola è anche no fly zone, ovvero una regione interdetta a qualunque tipo di incursione aerea. Tutto un po’ troppo strano, no? Esattamente, ed è la stessa riflessione che deve aver fatto Wu Quian, portavoce del Ministro della Difesa cinese: “Il Jet U-2 da ricognizione ha volato senza permesso e ha seriamente interferito nelle normalità attività delle manovre, violando gravemente il codice di condotta sulla sicurezza bilaterale, per aria e mare, e le norme internazionali”.

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La caccia al colpevole non ha neanche fatto in tempo a partire che si è già conclusa: il jet non autorizzato parrebbe appartenere agli Stati Uniti. Al di là di qualunque tipo di illazione cui situazioni del genere prestano inevitabilmente il fianco, non sarebbe del tutto inverosimile identificare l’America come responsabile dei voli vietati. Quello appena registrato è solo l’ultimo evento di una lunga serie, una crescente escalation di tensione tra lo stato di Pechino e quello di Washington. “L’azione statunitense è un’ovvia provocazione e avrebbe potuto facilmente portare a errori di giudizio, se non a incidenti” continua Quian. La Cina, infatti, denuncia da tempo le attività di sorveglianza americane. Dall’altro lato, invece, arrivano lamentele di “intercettazioni non sicure da parte di aerei cinesi”. Dalle rispettive torri di controllo, sia dall’Oriente che dall’Occidente, non arrivano risposte. Il che fa sorgere legittimi dubbi sul fatto che tutti i voli che si sono susseguiti finora fossero effettivamente consentititi.

Dubbi alimentati dalle reiterate smentite giunte dagli accusati Stati Uniti, in una recente dichiarazione ufficiale: “Un volo U-2 è stato condotto nella regione dell’Indo-Pacifico ed era all’interno delle regole e dei regolamenti internazionali accettati che regolano i voli aerei – si legge – il personale della Pacific Air Forces continuerà a volare e ad operare ovunque il diretto internazionale lo consenta, al momento e al ritmo di nostra scelta”. Testo e musica dell’Esercito Americano. Esercito che deve tenere conto delle variazioni presenti su questo spartito dal sentore un po’ rapsodico: utilizzando le unità di misura di lunghezza a stelle e strisce, un aereo U-2 non può volare a oltre 70 mila piedi ed effettuare attività di ricognizione da lontano, anche se non entra necessariamente in una no fly zone. Prendendo in prestito la terminologia utilizzata dalle forze dell’ordine, era molto al di fuori della sua giurisdizione. Anche se avvalersi del beneficio del dubbio sarebbe la migliore delle opzioni.

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Quest’ultimo anello di una catena tesa, quella che collega Pechino a Washington, certifica il crollo delle relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti: galeotta fu l’intercettazione di un aereo spia statunitense da parte di un caccia cinese, datata aprile 2001. All’epoca lo scontro provocò la morte del pilota asiatico e cotrinse l’altro aereo ad effettuare un atterraggio di emergenza in una base sull’isola di Hainan, appartenente alla Cina meridionale. Da quel momento, come già detto, è stato crollo verticale dei rapporti: dal commercio ai diritti umani, passando per la questione del Taiwan. Sull’ultimo incidente diplomatico il governo del Dragone non ha individuato una zona specifica, ma sta concentrando le sue ricerche di prassi attorno al mare di Bohai. Dove, tra l’altro, sono in corso esercitazioni, in itinere anche nel Mar Giallo e nel Mar Cinese Meridionale. “La Cina chiede agli Stati Uniti di interrompere immediatamente questo tipo di comportamento provocatorio e di adottare misure concrete per salvaguardare la pace e la stabilità nella regione”. Parola del Ministero della Difesa.

Francesco Bulzis

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