BIRMANIA, AUNG SAN SUU KYI CONDANNATA AD ALTRI TRE ANNI DI DETENZIONE

Intanto l’esercito al potere semina terrore nel paese

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Ancora una condanna per Aung San Suu Kyi: un tribunale della giunta militare della Birmania l’ha dichiarata colpevole di frode elettorale, condannandola a tre anni di carcere e lavori forzati. Una pena che va a sommarsi ai 17 anni di reclusione che le sono già stati attribuiti per presunta corruzione, sedizione ed altri reati.

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Quando si parla di frode elettorale, secondo quanto riferito dal tribunale, si fa riferimento alle elezioni del 2020, quando il partito del premio Nobel per la pace 1991, la Lega nazionale per la democrazia (Lnd), ha letteralmente trionfato aggiudicandosi una buona fetta di preferenze. L’esercito ha dichiarato di aver riscontrato più di 11 milioni di irregolarità risalenti al novembre 2020. La comunità internazionale e gli osservatori esterni, tuttavia, hanno sempre confermato a gran voce l’equità e la totale libertà concesse ai cittadini in occasione delle operazioni di voto, come rare volte si era fatto fino ad allora.

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A giugno la leader birmana, giunta all’età di 77 anni, è stata trasferita in isolamento in una prigione della capitale, Naypyidaw. Di fatto il processo che la vede imputata va avanti da un anno, svolgendosi a porte chiuse, in carcere. Ai suoi legali viene impedito ogni contatto con la stampa e le organizzazioni internazionali. La giunta, che ha assicurato nuove elezioni per l’estate del 2023, ad agosto ha detto di essere pronta ad aprire negoziati con Suu Kyi una volta terminato il suo processo. Stando a quanto dichiarato dagli esponenti di una ong locale, l’esercito, ormai di fatto al potere, sarebbe artefice di una vera e propria carneficina, con quasi 2.100 vittime civili e oltre 15.000 arresti.

Leonardo Bianchi

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